Amarcord: Verona 96-97, la grande illusione

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Non tutte le ciambelle riescono col buco, dice il proverbio, e il calcio a tal proposito non fa eccezione. Prendete, per conferma, la stagione 1996-97 del Verona, partita con discrete ambizioni e finita, viceversa, per essere ricordata come una delle peggiori della storia scaligera.

La cavalcata del Verona nella serie B 1995-96 è pressoché trionfale: i veneti, partiti tra le favorite del torneo dopo tre campionati del tutto anonimi fra i cadetti, partono fortissimo e già al termine del girone d’andata si capisce che difficilmente falliranno la promozione. Alla fine dell’anno, infatti, i veronesi sono secondi dietro al Bologna e festeggiano il ritorno in serie A a Lucca il 26 maggio 1996 con ben tre giornate di anticipo sulla fine del campionato. Il presidente Alberto Mazzi gioisce e promette che quello dei gialloblu non sarà un ritorno anonimo nella massima serie, rinforzerà la squadra nel tentativo di tornare stabilmente a giocare in A come nei meravigliosi anni ottanta. La prima mossa della società nell’estate del 1996 è quella di cambiare allenatore: Attilio Perotti, il condottiero della promozione, viene sostituito da Luigi Cagni che è stato l’artefice del miracolo Piacenza, portato per la prima volta in serie A e salvato nell’ultima stagione, dimostrando di essere un tecnico preparato e capace, pronto a confrontarsi con una nuova realtà dopo il ciclo chiuso in Emilia. Il colpo del calciomercato è poi in attacco, dove arriva il centravanti padovano Filippo Maniero ad affiancare l’esperto De Vitis, capocannoniere della squadra l’anno prima con 13 gol ma un po’ stagionato.

Il Verona è insomma sì candidato alla lotta per non retrocedere, ma i pronostici lo indicano come una delle possibili sorprese stagionali, anche perché in squadra c’è un bel misto fra giovanotti di sicuro talento (Cammarata, Italiano, Siviglia, Vanoli) ed elementi esperti come il portiere Gregori, i difensori Baroni e Paganin, il centrocampista Bacci ed il già citato De Vitis. A loro si aggiungono i nuovi stranieri, il difensore croato Brajkovic ed il fantasista brasiliano Reinaldo. Alla prima giornata, domenica 8 settembre 1996, i gialloblu debuttano in campionato in casa del Milan campione d’Italia; l’impegno è proibitivo, ma forse proprio per questo la squadra di Cagni lo affronta con leggerezza e passa addirittura in vantaggio nel primo tempo grazie a un gol fortunoso di De Vitis che si ritrova la palla addosso dopo uno scontro fra difensori e portiere milanista. Sembra la grande sorpresa di giornata, il solito Verona che sgambetta il Milan come da tradizione, ma stavolta di fatale ci sarà solo il primo tempo per i rossoneri che nella ripresa segnano 4 gol (fra cui la celebre cavalcata di George Weah da porta a porta), ribaltando e vincendo la gara. Pazienza, pensa Cagni, perdere a San Siro ci può stare, ma il Verona ha dato comunque prova di carattere e bravura, il campionato è ancora lungo.

Ciò che a Verona ancora non sanno, però, è che il ko col Milan è solamente il primo di tre perché gli scaligeri perdono anche nel secondo turno in casa col Bologna e nel terzo a Firenze, mostrando parecchi limiti soprattutto in difesa. Il pubblico è deluso, la squadra è inchiodata sul fondo della classifica e Verona-Cagliari del 29 settembre sembra già un esame decisivo per la formazione veneta. La squadra di Cagni ci mette cuore, rimonta per due volte lo svantaggio dopo altrettanti orrori difensivi, chiude la sfida sul 2-2 e, quantomeno, ottiene il suo primo punto in campionato muovendo una classifica comunque deficitaria. La settimana successiva, poi, ecco un altro 2-2, stavolta a Reggio Emilia con pareggio acciuffato proprio in extremis. Di vittorie neanche l’ombra, di bel gioco neanche a parlarne, i tifosi sono già sul piede di guerra e criticano qualsiasi cosa, anche la maglia della squadra che presenta un tono di blu troppo scuro rispetto alla tradizione, quasi nero, ma che è lo stesso della stagione precedente e che nessuno aveva contestato, se non velatamente alla presentazione delle casacche. Ma, si sa, quando qualcosa va male si getta tutto nel calderone delle lamentele. Il 20 ottobre arriva la prima vittoria in campionato, ottenuta a sorpresa contro la Roma al Bentegodi, in una delle poche partite giocate bene dalla compagine veneta che grazie a due eurogol degli esterni Giunta e Orlandini riesce ad avere la meglio sui giallorossi per quella che, si augurano a Verona, possa essere la svolta della stagione.

Ma i risultati rimangono altalenanti e il Verona perde a Piacenza la settimana successiva, poi in casa contro l’Inter, quindi nel derby contro il Vicenza va avanti 2-0 e si lascia raggiungere dai biancorossi sul 2-2. L’8 dicembre i gialloblu giocano una gara gagliarda a Napoli ma perdono al 90′, una settimana dopo tentano il colpo grosso in casa della Juventus capolista andando in vantaggio per 2-0 (doppietta di Maniero) e finendo col perdere per 3-2; due sconfitte che hanno il sapore di brutti auspici per una squadra troppo fragile e anche sfortunata. Riposti nel cassetto i sogni di una classifica tranquilla, il Verona deve pensare a salvarsi, impresa che appare tutt’altro che semplice con un solo successo in 13 giornate e il penultimo posto davanti alla sola Reggiana. Nell’ultima partita prima della sosta natalizia, i veneti ospitano l’Udinese che sta disputando, al contrario, un ottimo torneo: è una gara però da vincere per il Verona, chiamato forse all’ultimo aggancio del treno salvezza nonostante al termine del campionato manchi ancora più di un girone. Verona-Udinese del 22 dicembre è una gara al cardiopalma, piena di errori ma tutto sommato piacevole da vedere, soprattutto per gli spettatori neutrali; segnano i friulani con Poggi dopo 20 minuti e per il Verona sembra l’ennesimo capitolo amaro, poi Maniero pareggia ad inizio ripresa, i veneti si gettano all’assalto e subiscono poco dopo l’1-2 di Stroppa. Contrariamente ad altre occasioni, però, stavolta la squadra di Cagni reagisce, pareggia con un rigore di Orlandini al 63′ e poi va a caccia di una vittoria che arriva proprio al 90′ grazie ad un gol in mischia di Maniero che fa esplodere il Bentegodi e regala ai veronesi un Natale di speranza.

Il Verona può insomma ancora salvarsi, ma occorre che inanelli una serie di almeno 3-4 risultati utili consecutivi e, soprattutto, che vinca più di una partita ogni due mesi. L’occasione propizia si presenta il 5 gennaio alla ripresa del campionato sul campo dell’Atalanta, ma si capisce subito che gli scaligeri dovranno soffrire; i padroni di casa attaccano, il Verona prova a difendersi e nel secondo tempo spera di portare a casa un discreto 0-0. Come accaduto a Napoli un mese prima, però, al 90′ i veneti subiscono la beffa e perdono un’altra partita sciagurata. Il pari interno contro la Lazio non è un granché, mentre la sconfitta di Parma nell’ultimo turno del girone d’andata era messa già in preventivo dalla truppa di Cagni. Il ritorno, però, incomincia come meglio non potrebbe: stavolta Verona torna ad essere davvero fatale per il Milan, travolto al Bentegodi 3-1 dagli scatenati gialloblu che forse per la prima volta in campionato giocano con serenità e mettono finalmente in pratica i dettami dell’allenatore; i rossoneri sono surclassati dal frizzante Verona che resta ancora lontano dalla salvezza, ma che sembra ora più consapevole dei propri mezzi. Servirebbe, soprattutto, continuità, ma sarà proprio questa mancanza a distruggere ogni speranza: una settimana dopo il trionfo contro il Milan, infatti, i giallobu vengono spazzati via a Bologna da un 6-1 tanto netto quanto inspiegabile a soli 7 giorni da una partita così bella come quella del Bentegodi.

Cagni non è a rischio esonero ma sembra sempre più demoralizzato, la squadra, escluso Maniero che segna con regolarità, è confusionaria in campo e mentalmente fragile, i risultati arrivano col contagocce e le speranze di salvezza si assottigliano sempre più. Il 2-1 ottenuto contro la Fiorentina, tuttavia, lascia ancora aperta qualche porta alla truppa scaligera, anche perché agguantato con le unghie e con i denti e grazie ad un gol al 90′ che trasforma Cagliari-Verona del turno successivo in un autentico spareggio per chi può anche cullare sogni di permanenza in serie A. La sfida del 23 febbraio 1997 al Sant’Elia può realmente essere lo spartiacque della stagione e rilanciare definitivamente i veneti nella lotta salvezza, anche perché neanche il Cagliari se la passa tanto bene e non appare psicologicamente solidissimo. I giornali inquadrano la partita come la sfida della paura, prevedendo uno squallido pareggio, ma in campo le due squadre si daranno battaglia a suon di gol e di capovolgimenti di fronte e di risultato. Il Verona segna dopo 20 minuti ma viene puntualmente rimontato poco dopo, poi non accade nulla fino all’ultimo quarto d’ora quando prima Muzzi porta avanti il Cagliari, poi Tovalieri sigla il 3-1 all’85’ e De Vitis il 3-2 un minuto più tardi; i veronesi ci provano fino all’ultimo, ma escono sconfitti e dicono virtualmente addio alla serie A. Cagni è sconsolato, la salvezza ormai un miraggio.

La mazzata decisiva al Verona la infligge la Reggiana, ultima e con più di un piede in serie B, che agisce come un dannato che vuol portare con sé all’inferno qualcun altro. E’ il 2 marzo, al Bentegodi non c’è molto pubblico, ma chi è presente sa che pure un pareggio vorrebbe dire serie B quasi certa e allora tutti provano ad aiutare la squadra che, però, non sa aiutarsi neanche da sola. La Reggiana gioca meglio, è libera di testa e le gambe girano più di quelle di un Verona timoroso e spaventato che si ritrova sotto di un gol dopo neanche 10 minuti; l’unico a battersi e a lottare è Maniero che sigla l’1-1 alla mezz’ora e suona la carica, ma i compagni non lo seguono e la Reggiana dilaga: al 79′ i granata sono in vantaggio per 4-1, alla fine ancora Maniero troverà il gol del 2-4 ma la sostanza è la stessa, il Verona perde ed è ormai retrocesso. In città, nei bar e sui media locali, si analizzano già i perché di una retrocessione così evidente, certificata già ad inizio marzo e dopo un campionato assai deludente; c’è chi se la prende con la società, chi col tecnico, chi coi calciatori, chi vorrebbe fare piazza pulita di tutto e tutti. Dopo il ko con la Reggiana, il Verona inizia paradossalmente a giocare meglio, forse perché ormai rassegnato alla serie B, forse perché tanto peggio di così non si potrebbe comunque fare; i veneti perdono con onore 4-3 contro la Roma e 2-1 a San Siro contro l’Inter, battono 2-0 in casa sia il Perugia che il Napoli, pareggiano 0-0 a Vicenza e a Genova con la Sampdoria. Qualcuno spera ancora, ma la retrocessione è dietro l’angolo e viene certificata dalle sconfitte contro Juventus, Udinese e Lazio, mentre l’ultima partita del disgraziato campionato 96-97 è del 1 giugno ed è persa 2-1 al Bentegodi contro il Parma che con la vittoria sul Verona ufficializza la sua prima (ed unica) partecipazione alla Coppa dei Campioni.

Il Verona retrocede così fra gli sbadigli di un pubblico che aveva smesso di crederci (e pure di arrabbiarsi) da un pezzo, nonostante le premesse (e le promesse) di un’annata assai diversa da quella che è poi stata. Cagni non ha ripetuto quanto di buono mostrato a Piacenza, il gruppo è stato forse sopravvalutato e non rinforzato né in estate e né in autunno nel mercato di riparazione; la paura ha fatto poi il resto, coi numeri ad inchiodare i gialloblu: penultimo posto in classifica, 27 punti (10 in meno dalla zona salvezza), appena 6 vittorie e ben 19 sconfitte. Non tutte le ciambelle riescono col buco, si diceva all’inizio, ma a Verona quell’anno di dolce non hanno sentito neanche l’odore.

di Marco Milan

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