Amarcord: Felice Natalino, cuore di ragazzo

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A volte le vite calcistiche dei giocatori si interrompono sul nascere, o per mancanza di talento, o per incostanza dell’atleta o magari per qualche infortunio balordo che interviene fra capo e collo e non permette al calciatore di sbocciare. I motivi che hanno costretto Felice Natalino ad un prematuro addio, invece, sono ben altri e rendono la sua storia quasi unica.

Felice Natalino nasce a Lamezia Terme il 24 marzo 1992 e si afferma sin da ragazzino come grande promessa del calcio. Altezza, fisico e doti tecniche innate, nonché la serietà di chi si attiene alle regole (alimentari e comportamentali) per arrivare al traguardo sognato, ovvero sfondare nel calcio dei grandi. Natalino entra ben presto a far parte del settore giovanile del Crotone che lo coccola come un figlio e ne riconosce doti e talento, al punto che il suo nome inizia a circolare e finisce sul taccuino di diversi osservatori di altri club italiani che, spesso sotto mentite spoglie, vanno a seguire qualche partita per trovare conferme alle voci che hanno sentito. Non è raro che accada tutto ciò, ma le relazioni al termine delle gare sono entusiastiche: Natalino ha davvero tutti i numeri per una carriera coi fiocchi, è un difensore completo, ha fisico, intelligenza ed una dote assai poco comune, cioè riesce a ricoprire tutti e quattro i ruoli della difesa, essendo bravo con entrambi i piedi e possedendo la capacità di riciclarsi da terzino a stopper senza alcuna fatica e senza, soprattutto, che il rendimento scenda di livello.

Sono in particolare gli osservatori dell’Inter a rendersi conto delle doti di Natalino, o comunque il club milanese è quello che maggiormente si attiva per strapparlo al Crotone e, nel 2008, ci riesce inserendolo e tesserandolo a 16 anni, con la totale convinzione di allevare un possibile campioncino in casa. La cifra dell’acquisto, del resto, la dice lunga su quanto la società interista creda in Natalino, pagato 1,2 milioni di euro in compartecipazione con il Genoa, per un affare che finisce in un attimo sulle cronache sportive di tutti i giornali perché somme simili per un sedicenne non se ne sborsano tutti i giorni. Il ragazzo ricambia la fiducia diventando un perno della Primavera e continuando la sua scalata anche in Nazionale dove, dopo aver giocato con la selezione under 16, si afferma anche con l’under 17 giocando i mondiali di categoria del 2009 ed ottenendo un anno dopo la promozione in under 18 e poi in under 19. Una scalata vertiginosa e rapidissima per quello che viene considerato a tutti gli effetti uno dei futuri pilastri dell’Inter e della nazionale italiana.

Nell’estate del 2010 all’Inter c’è un’euforia incredibile dopo la stratosferica annata precedente che ha visto i nerazzurri vincere Coppa dei Campioni, scudetto e Coppa Italia, prima ed unica squadra italiana a riuscire in tale impresa. L’artefice principale dei successi, José Mourinho, è però andato ad allenare il Real Madrid e a Milano la famiglia Moratti ha portato Rafa Benitez, chiamato alla difficilissima riconferma alla guida di un gruppo orfano del suo mentore e psicologicamente scarico dopo la botta di adrenalina dell’irripetibile annata 2009-2010. Il tecnico spagnolo andrà incontro a diverse difficoltà, soprattutto perché lo spogliatoio gli sembra ostile ed è chiaro anche al di fuori che l’amalgama creato da Mourinho si sia dissolto con l’addio del portoghese. Benitez prova a coinvolgere tutti, giovani compresi, parla coi responsabili del settore giovanile e si fa indicare quelli che potrebbero essere gli elementi più bravi e più pronti per una convocazione in prima squadra; neanche a dirlo, il primo a finire in ritiro con i grandi è naturalmente Felice Natalino che, nome nomen, è al settimo cielo. Ma quella che sembra una chiamata pro forma diventa invece un ingaggio vero e proprio perché Benitez resta incantanto dalla bravura di questo ragazzo che pare un veterano, che è rispettoso dei giganti con cui si allena ma che in campo sa dettare tempi e ritmi.

Il 28 novembre 2010, a 18 anni e 8 mesi, Natalino fa il suo esordio in serie A subentrando alla fine del primo tempo a Santon nella gara che l’Inter vince per 5-2 contro il Parma. Benitez si fida di lui, è un allenatore intelligente e sa riconoscere il valore di un calciatore, a prescindere dall’età; complici infortuni e squalifiche, l’allenatore nerazzurro schiera Natalino titolare il 3 dicembre in Lazio-Inter. La partita è sfortunata per la squadra lombarda, sconfitta per 3-1, ma il diciottenne non è assolutamente da buttare, anzi, dopo un avvio stentato in cui si fa saltare come un birillo dall’argentino Zarate, il giovane difensore si scrolla di dosso tensione ed emozione, ma ad inizio ripresa si lascia sfuggire ancora Zarate che gli gira attorno e lo beffa in velocità andando a realizzare il gol del 2-0. Peccati di inesperienza, anche perché subito dopo Natalino respinge con grinta una botta di Floccari a colpo sicuro; a fine partita, ovviamente, vengono sottolineati gli errori del ragazzo, ma è opinione comune che, al di là, dell’immaturità a certi livelli, le qualità del calciatore interista siano indubbie. E ne è convinto anche Benitez che, appena quattro giorni più tardi, lo schiera all’inizio del secondo tempo al posto di capitan Zanetti nella sfida di Coppa dei Campioni persa dall’Inter a Brema e permettendogli così di esordire anche in Europa, anche se col groppo in gola perché soltanto 24 ore prima ha perso tragicamente lo zio, investito ed ucciso assieme ad altri 8 ciclisti da un ubriaco.

L’addio di Benitez e l’arrivo in panchina del brasiliano Leonardo a fine dicembre coincide con una parziale ripresa dell’Inter che chiuderà il campionato al secondo posto dietro al Milan, ma chiude le porte a Natalino che da gennaio a maggio non vedrà più il campo da vicino. Nell’estate del 2011 il club milanese lo cede in prestito secco al Verona in serie B, ma un pastrocchio di natura burocratica lo costringe alla tribuna sino a gennaio; secondo regolamento, infatti, un calciatore inserito nella lista under 23 e in prestito secco non può giocare in campionato sino alla riapertura invernale delle liste. Così Natalino osserva i suoi compagni dalla tribuna e gioca solamente in Coppa Italia nella partita che i veneti vincono 2-0 a Parma, poi a gennaio torna a casa a Crotone, sempre in prestito e sempre in serie B, esordendo l’11 febbraio 2012 in Crotone-Grosseto 2-2, poi accade quello che nessuno si aspetta e che porrà definitivamente fine alla sua carriera. I medici del CONI, infatti, dopo una più attenta visione di alcuni esami effettuati in estate, notano alcune anomalie e, in attesa di esami più approfonditi, fermano Natalino almeno sino a giugno. Sono mesi di incertezza e frustrazione, per lui, per la famiglia e anche per l’Inter che su quel giovanotto aveva tanto insistito, sia in termini economici che umani e che lo aveva definitivamente riscattato dalla comproprietà col Genoa.

Passa un anno esatto e la vita di Natalino viene sconvolta ancora, stavolta da una crisi cardiaca che lo obbliga al ricovero d’urgenza, trasportato da Crotone in aereo all’ospedale San Raffaele di Milano dove viene immediatamente operato. L’intervento riesce e al calciatore viene diagnosticata una forte aritmia cardiaca che lo esclude dall’attività agonistica dall’Inter come da protocollo. Ai nerazzurri sembra di rivivere le stesse angosce provate nel 1997 con l’attaccante nigeriano Kanu e nel 2002 con il centrocampista senegalese Fadiga, entrambi bloccati dopo controlli medici per anomalie al cuore ed entrambi eternamente grati al club interista, unico ad accorgersi di quei problemi congeniti che avrebbero potuto causare conseguenze gravissime sotto sforzo, come purtroppo accaduto a vari atleti. In Italia, poi, è ancora fresca e dolorosa la morte in campo di Pier Mario Morosini durante Pescara-Livorno di serie B, nonché i problemi di Antonio Cassano, fermato nel novembre 2011 dopo Roma-Milan per situazioni non lontane da quella di Natalino. I mesi passano e di Felice Natalino si ricordano in pochi, del resto il calcio va avanti, le polemiche da tifo sono all’ordine del giorno, c’è almeno una partita ogni 24 ore e anche i media si dimenticano della storia di quel ragazzo sfortunato, tanto bravo ma ora costretto ad aspettare per sapere se e quando potrà tornare in campo.

Il 30 ottobre 2013, tramite il suo profilo Twitter, Natalino annuncia il suo ritiro definitivo dal calcio giocato, nonostante avrebbe potuto anche tornare a giocare con un nulla osta agonistico. Ma i controlli da lui effettuati privatamente lo inducono a smettere e ad evitare anche quel minimo rischio che lo sforzo calcistico avrebbe potuto procurargli. L’Inter, nonostante la delusione, decide di rimanere vicina all’ex ragazzo prodigio che intanto ottiene una borsa di studio in marketing sporting e nel 2015 viene convocato dai dirigenti interisti che lo fanno entrare nello staff del settore giovanile in qualità di osservatore. Una carriera breve, brevissima, con appena 5 presenze totali ed il ritiro a 21 anni, età in cui molti dei suoi colleghi ancora non hanno debuttato in serie A. Inutile pensare al tipo di carriera o ai successi a cui era predestinato, inutile pensare a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato: Felice Natalino ha scelto la vita, ha scelto di non sforzare quel cuore un po’ matto, anche a scapito di una vita forse ricca di soddisfazioni.

Soltanto in seguito, dopo aver iniziato ad aiutare il papà nella scuola calcio di famiglia dove qualche ragazzino conosce la sua storia e dove più di uno gli chiede: “Ma veramente hai giocato con Eto’o e Milito?“, Felice Natalino ha dichiarato di soffrire di cardiomiopatia aritmogena, vale a dire la stessa patologia che ha condotto alla morte il già citato Morosini. Natalino ha preso una decisione difficile, prudente ed assennata, ha rinunciato alla gloria per continuare a vivere, ha scelto, sembra proprio il caso di dirlo, con il cuore.

di Marco Milan

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