Amarcord: Sebastiàn Rambert, l’argentino dell’Inter più forte di Zanetti

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“Ho consigliato alla Juventus di prenderlo, ma non mi hanno ascoltato o forse non ci sono riusciti. Peccato per loro.” Parole e musica di Omar Sivori, uno che di attaccanti se ne intendeva, un’investitura che avrebbe dovuto far mangiare alla dirigenza juventina anche i gomiti nell’estate del 1995 per un calciatore che invece in Italia di tracce ne ha lasciate ben poche.

Quando Sivori dichiara questo di Sebastiàn Rambert, giovane attaccante argentino classe 1974, il calciatore è già in viaggio per Milano da Buenos Aires, acquistato dall’Inter per poco più di 4 miliardi di lire. In patria lo hanno soprannominato aeroplanino, appellativo che in Italia affibbieranno poco dopo a Vincenzo Montella che, come l’argentino, esultava dopo i gol mimando con le braccia il volo di un aereo, gesto che il centravanti campano in serie A effettuerà quasi 150 volte, quello sudamericano zero. Eppure, se è vero che anche Omar Sivori ne decanta le qualità, Rambert pur con un curriculum ancora acerbo, risulta effettivamente un attaccante assai promettente: alto 1 metro e 80, magro ed agile, ha esordito nell’Independiente ad appena 17 anni ed in 52 presenze ha realizzato 14 reti. In Argentina (dove ha pure già debuttato e segnato in nazionale) ne parlano bene e in Italia, che per tradizione è un’ottima destinazione per i connazionali di Rambert che hanno sempre reso benissimo, lo seguono la Juventus (sulla già citata indicazione di Sivori) ed il Parma, oltre all’Inter che nel febbraio del 1995 ha cambiato proprietario con Massimo Moratti subentrato ad Ernesto Pellegrini.

Il nuovo presidente nerazzurro punta in grande, è stufo dell’egemonia del Milan (3 scudetti consecutivi fra il 1992 ed il 1994) e del nuovo ciclo aperto dalla Juventus che proprio quando Moratti si insedia come numero uno interista ritrova il titolo italiano 9 anni dopo l’ultima volta. La nuova Inter vuole inserirsi al vertice della serie A, scalzando Juventus, Milan e pure quel Parma che da quasi 5 anni fa la voce grossa dopo aver vivacchiato per decenni fra serie B e serie C. Proprio Sebastiàn Rambert deve essere, nelle intenzioni di Moratti, il colpo da soffiare a Juventus e Parma, facendo capire che chiunque d’ora in poi dovrà fare i conti con l’Inter. L’argentino, dopo una difficile ma concreta trattativa, passa ufficialmente dall’Independiente ai nerazzurri per 4,2 miliardi di lire, è l’agosto del 1995 ed il nuovo attaccante interista si imbarca sul volo Buenos Aires-Milano assieme ad un connazionale, assai meno conosciuto e reclamizzato di lui, Javier Zanetti. Sono argentini i primi acquisti di Massimo Moratti da presidente dell’Inter e all’aeroporto ci sono circa cento tifosi ad accogliere i nuovi arrivi, soprattutto quel Rambert che dovrà (dovrebbe) riportare i nerazzurri a lottare per lo scudetto grazie al suo talento e, soprattutto, ai suoi gol.

Può sembrare comico l’accostamento e le aspettative nei suoi confronti rispetto a Javier Zanetti, ma forse chi ora sta sghignazzando non sa che nel 1995 il futuro capitano nerazzurro è una sorta di oggetto misterioso: in patria si chiedono ancora se sia un terzino o un mediano e, al di là di corsa e resistenza, gli vengono riconosciute poche altre doti; in più, mentre Rambert appare più calciatore, alla moda, i capelli a caschetto che all’epoca erano assai frequenti nei ragazzi, la fama del bomber argentino, Zanetti è timido, silenzioso, i capelli corti con la riga da un lato, una riservatezza che solo negli anni verrà compresa come serietà e cultura del lavoro. Insomma, la stella è Rambert, il comprimario è Zanetti, l’uno proviene dall’Independiente, l’altro dal Banfield che lo cede ai nerazzurri per una somma anch’essa vicina ai 5 miliardi. Moratti ha confermato in panchina Ottavio Bianchi, forse per non alterare gli equilibri dello spogliatoio, forse per dare continuità al lavoro, di certo il nuovo presidente non ama particolarmente il tecnico che ci metterà poco a far cambiare idea al presidente sulla conferma, sancendo una separazione che in molti annunciavano già in estate.

Prima dell’avvio della stagione, intanto, su Rambert cominciano a suonare campanelli d’allarme preoccupanti: gli inviati nel ritiro estivo interista, infatti, affermano che il ragazzo è troppo chiuso, è timido, sembra avere un carattere che non lo sta aiutando ad inserirsi nello spogliatoio nerazzurro, oltre al fatto che in allenamento risulta ancora molto indietro rispetto ai compagni e nelle partitelle di gol ne fa pochi, così come pure nelle amichevoli. Desta miglior impressione, viceversa, Zanetti, incensato pure da Diego Armando Maradona che dichiara: “Il vero colpaccio l’Inter l’ha fatto con Zanetti, un autentico fenomeno, altro che Rambert”. Forse Moratti suda freddo a sentire le parole dell’ex fuoriclasse del Napoli, forse sorride pensando di averci visto comunque giusto, sta di fatto che l’Inter esordisce in campionato il 27 agosto a San Siro, batte il Vicenza 1-0 con rete su punizione di Roberto Carlos, perde nella seconda giornata 2-1 a Parma, mette già in discussione Ottavio Bianchi, ma soprattutto di Rambert in campo non c’è neanche l’ombra. Col Vicenza in attacco giocano Ganz e Delvecchio, col Parma Ganz e Fontolan, col Piacenza alla terza giornata (0-0 a San Siro, fischi a non finire) accanto a Ganz Bianchi schiera Benito Carbone. E Rambert? Non va neanche in panchina, il tecnico sembra proprio non prenderlo in considerazione.

Gli interrogativi, a dirla tutta, sono più per una squadra che non riesce ad ingranare, ma qualcuno una domandina su quell’attaccante finora mai impiegato e sul quale le aspettative erano abbastanza alte, incomincia pure a farsela. Anche perché Rambert non gioca neanche nella trasferta di Venezia, primo turno di Coppa Italia, segno che l’allenatore non si fida di un attaccante che evidentemente è impossibile da mandare in campo perfino in casa di una media formazione di serie B. L’esordio, finalmente, arriva nel primo turno di Coppa Uefa dove l’Inter affronta gli svizzeri del Lugano, un confronto all’apparenza semplice per i nerazzurri e che segnerà invece le sorti di Bianchi, di buona parte della stagione interista e dello stesso Rambert, spedito in campo ed assolutamente inconcludente. Nell’andata a Lugano, la gara finisce 1-1, risultato che in teoria avvantaggia l’Inter che si presenta nel ritorno di San Siro con a disposizione vittoria e semplice 0-0 per passare il turno; la partita è noiosa, il Lugano sterile in attacco quasi come la compagine interista, incapace di blindare una qualificazione che sfugge clamorosamente al minuto 86 quando il centrocampista cileno Carrasco, in gol pure all’andata, beffa Pagliuca e consegna agli elvetici il clamoroso passaggio del turno.

E’ una beffa atroce per l’Inter, Moratti ribolle di rabbia e dopo l’eliminazione dalla Coppa Uefa che fa seguito pure al ko in campionato a Napoli (2-1) opta per l’esonero di Bianchi, con Luis Suarez in panchina per due partite prima dell’avvento dell’inglese Roy Hodgson. Il 24 ottobre l’Inter gioca il secondo turno di Coppa Italia in casa del Fiorenzuola, formazione di serie C, ed è l’occasione giusta per rivedere Rambert all’opera, perché quei 4,2 miliardi di lire stanno ancora lì a gridare vendetta e perché prima di affermare che sia stato denaro buttato val la pena provarci ancora. La nuova Inter di Hodgson fatica pure col Fiorenzuola, vince solamente 2-1 trovando il gol vittoria a mezz’ora dalla fine grazie al difensore Gianluca Festa. Rambert vaga per il campo, quasi assente, totalmente avulso dal gioco della squadra, praticamente mai pericoloso in avanti. Il Fiorenzuola sarà pure una formazione ben organizzata, nulla da dire, è una delle squadre più forti del suo girone e il suo l’accesso alla serie B a giugno le verrà negato solamente nella finale playoff persa dopo i calci di rigore contro la Pistoiese, ma pur sempre di serie C si parla.

La bocciatura per Sebastiàn Rambert è pressoché unanime, tanto Hodgson quanto Moratti devono gettare la spugna e riconoscere l’inefficacia totale di un acquisto che si rivela un fallimento. Il giovane argentino va ad aggiungersi alla lunga lista dei bidoni stranieri approdati in serie A dalla riapertura delle frontiere del 1980, nel derby contro il Milan del 29 ottobre in panchina va addirittura il giovanissimo Fabio Cinetti, poi nella sessione autunnale del calciomercato, Rambert viene ceduto in Spagna al Real Saragozza segnando all’esordio nel 5-3 della sua nuova squadra contro il Valladolid e collezionando 20 presenze e 5 reti in cinque mesi, prima di tornare in Argentina al Boca Juniors (che lo paga grossomodo la stessa cifra sborsata dall’Inter all’Independiente) e poi ai rivali del River Plate: una quindicina di gol in tutto e nulla di trascendentale, così come il ritorno a casa all’Independiente nel 2000, condito da nessun gol e dal passaggio in Grecia all’Iraklis (una rete appena), preludio dell’epilogo della sua carriera, chiusa nel 2003 in patria all’Arsenal di Sarandì dove dopo appena 3 presenze decide di dire basta.

Una carriera poco prolifica per un talento annunciato e mai sbocciato. Capita nel calcio, capiterà ancora e Sebastiàn Rambert è solo una delle tante promesse non mantenute. In Italia era arrivato con discrete aspettative, non ha mai esordito in serie A, forse non gli è stato dato neanche il tempo sufficiente, forse è arrivato nel momento e nella squadra sbagliata, chissà. Certo è che oggi, a decenni di distanza, a far sorridere è ancora l’accostamento con Javier Zanetti che all’epoca sembrava l’accompagnatore del fuoriclasse e che ha invece staccato il connazionale di appena 615 presenze con la maglia dell’Inter. E poi non è vero che gli ultimi saranno i primi.

di Marco Milan

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