1 maggio 1994: 25 anni da un terribile fine settimana, l’addio di Senna e Ratzenberger
di Marco Milan
1 maggio 1994 – 1 maggio 2019. Sono passati 25 anni da quel fine settimana maledetto che sotto il sole di Imola strappò la vita a Roland Ratzenberger e al tre volte campione del mondo Ayrton Senna. Furono le ultime vittime in pista della Formula 1 prima dello sfortunato incidente di Jules Bianchi nel 2014, che da allora si rimboccò le maniche e rese finalmente sicuro uno sport che fino a quel momento seminava morti come concime.
Che quel gran premio di Imola sarebbe stato assai funesto lo si capì fin dalle prime prove libere del venerdì, allorché la Jordan di Rubens Barrichello decollò improvvisamente sui cordoli della variante bassa del circuito sanmarinese, provocando un urto terrificante che causò gravi lesioni al giovane pilota brasiliano. Barrichello rischiò seriamente la vita, salvatagli dal tempestivo intervento dei medici che lo trasportarono immediatamente in ospedale dove, il giorno stesso, fu salutato dal connazionale Ayrton Senna, ancora ignaro del tragico destino che lo avrebbe colpito di lì a 48 ore.
Durante le qualifiche del sabato, il Gran Premio di Imola 1994 assunse definitivamente i contorni del dramma quando il pilota austriaco Roland Ratzenberger, guidando la piccola Simtek, perse il controllo della vettura a causa della rottura dell’alettone anteriore ed andò a schiantarsi a più di 300 km/h alla curva Gilles Villeneuve. I sobbalzi della Simtek ed il capo del pilota che si reclina appoggiandosi drammaticamente da un lato senza più muoversi, furono immagini incancellabili che commossero il mondo intero. Ratzenberger, 34 anni da compiere, morì senza neanche rendersi conto di cosa gli stesse accadendo. Fu un pomeriggio terrificante per il mondo della Formula 1 che, tuttavia, non si fermò ad interrogarsi sui pericoli di un tracciato assurdo, circondato da muretti in cemento, sfiorati da vetture che procedevano a velocità elevatissime che, calcolando il rapporto velocità-peso-potenza, si tramutavano in veri e propri missili e vere e proprie scatole di morte per chi ne era alla guida.
Domenica 1 maggio 1994, ore 14. Scatta il gran premio di Imola ed Ayrton Senna parte in pole position al volante della sua Williams Renault. All’interno della monoposto, il brasiliano tiene ripiegata una bandiera austriaca che intende sventolare in caso di vittoria finale per omaggiare Roland Ratzenberger, scomparso il giorno prima. Al settimo giro, subito dopo il rientro ai box della Safety Car, entrata dopo un contatto fra Letho e Lamy, Senna non riesce più a tenere in pista la Williams, imbocca la curva del Tamburello a tutta velocità ma senza controllare la macchina; il tentativo di frenare è vano, in quanto il piantone dello sterzo, modificato nella notte dai meccanici per volere dello stesso pilota brasiliano, ha ceduto e si è spezzato. Senna si schianta contro il muro, distruggendo la vettura; nel terribile impatto, il piantone della sospensione anteriore si infila nel casco di Ayrton provocando una ferita alla testa che gli risulterà fatale con la perdita di oltre 3 litri di sangue. I soccorsi sono immediati e concitati, Senna viene portato in elicottero all’ospedale maggiore di Bologna dove spirerà prima di sera. Sull’asfalto resta una vistosa chiazza di sangue, lo stesso che impregnerà la bandiera austriaca che Senna avrebbe voluto sventolare al traguardo e che invece rimarrà adagiata sul sedile della Williams a far da requiem ad un fine settimana maledetto. Senna muore a 34 anni e con 3 titoli mondiali all’attivo (1988, 1990 e 1991), diventando icona immortale di uno sport che da quel 1 maggio 1994 diverrà improvvisamente sicuro, tornando sui propri passi, sostituendo muri e cemento con pneumatici e reticolati, ma soprattutto introducendo il sindacato piloti, presieduto da Michael Schumacher che proprio in quell’anno si avviava alla conquista del primo dei suoi sette campionati del mondo.
I sacrifici di Ratzenberger e Senna, così come i rischi vissuti da Rubens Barrichello, hanno aperto gli occhi alla Formula 1 che da quel momento ha migliorato ogni condizione possibile per non mettere a repentaglio la vita dei suoi ragazzi, ma basta tutto ciò come consolazione? No, nessuna vita umana può avere un prezzo.
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