AlmaLaurea, quale il profilo e la condizione occupazionale dei laureati?

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Secondo il rapporto 2018 più laureati in corso, maggiori le chance occupazionali per chi svolge tirocini, esperienze all’estero o lavora durante gli studi

Sono due i rapporti AlmaLaurea 2018 di cui passeremo in rassegna alcuni dati principali e riguardano l’uno il Profilo dei laureati e l’altro la Condizione occupazionale. Nella prima indagine il Consorzio Interuniversitario ha coinvolto oltre 276 mila laureati nel 2017, mentre nel secondo rapporto sono stati analizzati oltre 630 mila laureati di primo e secondo livello degli anni 2016, 2014 e 2012 contattati a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo di studio.

Il Rapporto sul Profilo dei laureati

I laureati del 2017 hanno in media 26 anni, un anno in meno rispetto al 2007. Per la prima volta più della metà si laurea in corso, mentre resta pressoché invariato negli ultimi tempi il voto medio di laurea, ovvero 102,7 su 110. Quasi sei su dieci sono donne e quasi il 30% ha almeno un genitore in possesso di un titolo universitario, così come ha almeno un genitore laureato il 36,1% di chi ha compiuto migrazioni di lungo raggio. La mobilità territoriale per motivi di studio è quasi sempre dal Sud Italia verso il Centro-Nord. Analogamente la quasi totalità dei laureati provenienti dall’estero sceglie un ateneo del Centro-Nord.
AlmaLaurea mostra che le chance occupazionali ad un anno dalla fine degli studi aumentano se si fa un’esperienza di studio all’estero con programmi europei (+14%) o svolgendo un tirocinio curriculare (+20,6%) o se si è lavorato occasionalmente durante gli studi (+53%). L’11,1% dei laureati del 2017 ha svolto esperienze di studio all’estero riconosciute dal corso di studi, mentre dieci anni prima erano poco meno dell’8%. L’Erasmus detiene il primato dei programmi dell’Unione Europea. Tant’è che i laureati presi in esame dal Rapporto vantano apprezzabili competenze linguistiche, in particolare una conoscenza “almeno buona” dell’inglese scritto.
Oltre alla storica mobilità lungo la direttrice Sud – Nord si è inserita da qualche tempo la migrazione verso l’Europa e gli altri Paesi extra-europei, mete a cui ambisce un crescente numero di neolaureati. Poco meno della metà si dichiara disponibile a lavorare in un altro Stato europeo, mentre tre su dieci sono pronti persino a cambiare continente.
Quanto a tirocini curriculari e stage riconosciuti dal corso di studi sono esperienze svolte da quasi sei laureati su dieci e su cui quasi il 70% ha espresso un’opinione decisamente positiva. Aver compiuto un tirocinio e aver trascorso un periodo di studio all’estero, a parità di condizioni, influenzano positivamente la probabilità di ottenere un voto elevato alla laurea.

Il Rapporto sulla Condizione Occupazionale dei laureati

Stando a quanto riportato dal Consorzio Interuniversitario a un anno dalla laurea il tasso di occupazione, che include anche quanti sono impegnati in attività di formazione retribuita, è del 71,1% per i laureati di primo livello che dopo il conseguimento del titolo hanno scelto di non proseguire gli studi universitari e del 73,9% per i magistrali biennali. Nell’ultimo anno il tasso occupazionale è aumentato di quasi tre punti per i laureati di primo livello e di 3,1 punti per i magistrali biennali. È un segnale senz’altro positivo, ma che non è ancora in grado di colmare la contrazione avvenuta tra il 2008 e il 2013.
A cinque anni dalla laurea il tasso di occupazione che, ripetiamo, coinvolge anche quanti risultano impegnati in attività di formazione retribuita, sale all’87,8% per i laureati di primo livello e all’87,3% tra i magistrali biennali. Valori in aumento rispetto al 2015 che, come si afferma nell’indagine, intervengono dopo anni di significativa contrazione del tasso occupazionale, diminuito tra il 2012 e il 2015 di 5 punti percentuali per i laureati di primo livello e di quasi 6 punti per i magistrali biennali. Nel medesimo arco di tempo il tasso di disoccupazione è aumentato di 3,1 punti per i primi e di 3,8 punti per i secondi.
Quanto alle tipologie contrattuali si rileva un calo rispetto all’anno scorso tanto per l’attività autonoma (liberi professionisti, lavoratori in proprio, imprenditori…) quanto per i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, che interessano il 23,5% dei laureati di primo livello e quasi il 27% dei laureati magistrali biennali. Di contro, aumentano i contratti non standard, in particolare alle dipendenze a tempo determinato, che raggiungono quota 38,1% tra i laureati di primo livello e 34,3% tra i magistrali biennali.

A un anno dalla laurea la retribuzione netta mensile è in media di 1.107 euro per i laureati di primo livello e di 1.153 euro per i magistrali biennali.
A cinque anni dalla laurea lavora all’estero il 6,6% dei laureati magistrali biennali di cittadinanza italiana. Di questi, l’83,3% lavora in Europa: il 20,6% nel Regno Unito, il 12,9% in Svizzera e l’11,7 in Germania. Seguono le Americhe (quasi l’8%), l’Asia (5,2%), Africa e Oceania, rispettivamente l’1,4% e il 2%. Il 45,9% dei laureati ha dichiarato di essersi trasferito all’estero per mancanza di adeguate opportunità lavorative in Italia, mentre il 24,1% si è trasferito per aver ricevuto un’offerta di lavoro da parte di un’azienda che ha sede all’estero. Rientrare in Italia? È uno scenario molto improbabile per quasi quattro laureati su dieci, per lo meno nell’arco dei prossimi cinque anni. Solo il 15,2% ritiene l’ipotesi molto probabile.

(di Laura Guadalupi)

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