Amarcord: Svezia ’92, gli Europei dimenticati

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Come sarà probabilmente per i mondiali di Russia 2018, anche i campionati europei del 1992 hanno avuto poco risalto in Italia per la mancata qualificazione della nazionale azzurra alla fase finale, lasciando passare la manifestazione in sordina senza che sostanzialmente se ne riservi un ricordo vivo. Non solo la vittoria incredibile della Danimarca, ripescata dell’ultimo momento, ma anche tanti altri spunti in un torneo abbandonato dalla memoria degli appassionati.

Dopo gli Europei di Germania del 1988, vinti dall’Olanda di Gullit e Van Basten, e dopo i mondiali italiani del 1990, è la Svezia ad ospitare Euro ’92, nona edizione del torneo continentale per nazionali, l’ultima che si disputa con sole 8 partecipanti che raddoppieranno diventando 16 a partire dal 1996. La Svezia sfrutta al massimo l’occasione di ospitare gli Europei, consapevole che con i pochi stadi a disposizione sarebbe stata quella l’ultima opportunità di organizzare una manifestazione di rilievo, garantendosi anche la qualificazione di diritto come paese ospitante. Logico che in un torneo con sole 8 partecipanti e 7 posti a disposizione, le qualificazioni mietano diverse vittime: la più illustre è l’Italia che arriva seconda nel proprio girone a 3 punti dall’Unione Sovietica che stacca il pass per un Europeo che non disputerà mai, dato che dopo la caduta dell’U.R.S.S. il 26 dicembre 1991, a partecipare sarà la provvisioria Comunità degli Stati Indipendenti, formata da ciò che rimane del nucleo sovietico e con l’esclusione di quei paesi ormai già indipendenti. Fa clamore anche l’esclusione della Spagna, terza nel raggruppamento che qualifica la Francia, così come restano fuori Belgio e Portogallo, nazionali dotate di buon talento; la Jugoslavia vince il proprio girone di qualificazione, ma viene estromessa d’ufficio per la guerra dei Balcani che devasterà il paese, disgregandolo poi in diversi stati. Al posto degli slavi viene così ripescata la Danimarca, seconda in quel raggruppamento, e richiamata quando i calciatori erano già sul punto di andarsene in vacanza.

Il regolamento del torneo è semplicissimo: due gironi all’italiana formati da 4 squadre, le prime due dei gironi si qualificano per le semifinali. Tutto in pochi giorni, tutto compresso e tutto anche discretamente affascinante, nonostante la qualità generale della manifestazione non sia altissima, con Olanda e Germania favoritissime della vigilia, così come l’Inghilterra, semifinalista agli ultimi mondiali. Il 10 giugno inizia a Stoccolma Euro ’92 coi padroni di casa della Svezia opposti alla Francia guidata da Michel Platini in panchina e dal futuro milanista Jean Pierre Papin in campo; la gara è intensa, ma non bellissima, gli scandinavi vanno in vantaggio col difensore Eriksson nel primo tempo e vengono raggiunti proprio da Papin a mezz’ora dalla fine. Dello stesso girone A fanno parte anche Danimarca ed Inghilterra che pareggiano 0-0 il loro scontro, facendo pensare un po’ a tutti che francesi ed inglesi non faticheranno poi così tanto ad ottenere il passaggio in semifinale; ma proprio le due favorite pareggiano 0-0 fra di loro nella seconda giornata, mentre la Svezia piega 1-0 la Danimarca con rete del parmense Brolin, quindi batte 2-1 nell’ultimo turno in rimonta l’Inghilterra, estromettendola clamorosamente al primo turno; a sorpresa va fuori pure la Francia, battuta sempre per 2-1 dai danesi con rete dell’attaccante Elstrup a una manciata di minuti dal termine. Un girone sorprendente che qualifica le due nazionali scandinave a spese delle più blasonate Inghilterra e Francia; impressionano soprattutto i danesi, poco spettacolari ma concreti, guidati da un portiere forte e carismatico come Peter Schmeichel e da un gruppo ben assortito.

Nel girone B, invece, le sorprese sono poche: Olanda e Germania sono le grandi favorite, sembra che Scozia e Comunità degli Stati Indipendenti possano opporre poca resistenza, anche se entrambe provano a mettere i bastoni fra le ruote alle due potenze. L’Olanda vince 1-0 contro gli scozzesi, decide Dennis Bergkamp, all’epoca il talento più in ascesa dei Paesi Bassi, mentre la Germania fatica tantissimo contro gli ex sovietici, avanti 1-0 fino al 90′ quando una magistrale punizione del romanista Thomas Hassler riequilibra il risultato. Altre due reti “italiane” di Riedle ed Effenberg permettono ai tedeschi di superare 2-0 la Scozia, con l’Olanda che viene bloccata sul pareggio dagli Stati Indipendenti; olandesi che arriveranno primi nel raggruppamento grazie al 3-1 sui tedeschi, mentre la gara di consolazione fra Scozia e C.S.I. va ai britannici che vinceranno 3-0. Olanda-Germania appare peraltro la finale più scontata e plausibile, con le due scandinave Danimarca e Svezia sul punto di cedere il passo ai due migliori avversari. Non tutti, però, hanno fatto i conti con due nazionali arcigne, dotate di pochi ma buoni talenti e soprattutto attrezzatissime tatticamente, coi due commissari tecnici bravi ad inculcare in modo maniacale rigidi dettami che hanno già permesso la qualificazione alle semifinali contro avversari ben più attrezzati. La Svezia sta costruendo lo squadrone che arriverà terzo ad Usa ’94, mentre la Danimarca vive del talento del più giovane dei fratelli Laudrup, Brian, e della freschezza di calciatori al massimo della forma fisica e mentale come l’ala Jensen o il mediano Henrik Larsen che ha disputato l’ultima stagione in Italia e in serie B, al Pisa. Struggente è poi la storia legata al centrocampista Kim Vilfort che ogni giorno fa la spola fra Svezia e Danimarca per correre al capezzale della figlioletta malata di leucemia.

Il 21 giugno a Stoccolma va in scena la prima semifinale che mette di fronte la Svezia padrona di casa e la Germania campione del mondo in carica. La partia è frizzante, i tedeschi vanno sul 2-0 grazie ai gol di Hassler e Riedle, la Svezia torna in partita con Brolin, ma viene ricacciata indietro ancora da Riedle che all’89’ piazza il colpo del 3-1 rendendo vano l’estremo tentativo svedese che porta al 3-2 di Kennet Andersson e all’ultimo disperato tentativo di allungare la gara fino ai supplementari, impresa che però non riesce e Germania in finale come da pronostico. Ventiquattr’ore dopo a Goteborg si sfidano Olanda e Danimarca, tutto lascia presupporre che gli orange andranno a far compagnia ai tedeschi difendendo quella coppa vinta 4 anni prima proprio in Germania, ma sin dalle prime battute si intuisce che i danesi sono più in forma e con una libertà psicologica invidiabile; nessuno se li aspettava agli europei, ci sono arrivati da ripescati ed ora si ritrovano in semifinale: qualsiasi cosa accada, saranno comunque loro i vincitori, motivo per il quale Laudrup e compagni giocano sereni e senza pressioni, si difendono e ripartono compatti, l’Olanda è in grandissima difficoltà e dopo 6 minuti va sotto per mano del pisano Larsen; Bergkamp pareggia, ma sempre nel primo tempo la Danimarca si porta sul 2-1 ancora con Larsen che con 3 reti diventa capocannoniere del torneo assieme proprio a Bergkamp, a Riedle e a Brolin, tutti calciatori che hanno militato o militeranno nel campionato italiano. L’Olanda si getta a capofitto in avanti nel tentativo di agguantare il secondo pareggio, ma la difesa danese si oppone all’atomico attacco degli arancioni, Gullit e Van Basten si trovano alla meraviglia come sono abituati a fare nel Milan, ma la palla non vuole entrare. Al 70′, poi, lo stadio resta gelato per il durissimo contatto fra lo stesso Van Basten ed il difensore Andersen: i due calciatori si scontrano nel tentativo di raggiungere il pallone, il ginocchio del centravanti milanista impatta con quello del calciatore scandinavo che ha la peggio. Le immagini sono da film dell’orrore: l’osso del ginocchio di Andersen si è rotto, è schizzato in alto ed è uscito all’altezza della coscia, il difensore si tiene la gamba fra le mani urlando, poi nel trasporto in barella sviene. L’Olanda pareggia a 4 minuti dal termine con Frank Rijkaard, poi Gullit e Bryan Roy (futuro attaccante del Foggia) hanno sui piedi la palla del 3-2 ma sbagliano davanti a Schmeichel e la gara finisce ai calci di rigore; l’errore sarà uno soltanto ma pesantissimo: sbaglia Marco Van Basten, impnotizzato dal portiere danese, tutti gli altri faranno centro e la Danimarca festeggerà il clamoroso passaggio in semifinale dopo l’ultimo tiro del difensore Christofte.

E’ la caduta degli dei, scrivono i giornali di tutta Europa, è la caduta di un’Olanda imbrigliata nelle maglie danesi ed incapace di avere la meglio di una nazionale alla sua portata, nonostante i grandi campioni a disposizione. La Danimarca è clamorosamente in finale, una nazionale di buon livello ma non certo attrezzata per simili traguardi e che sfiderà i campioni del mondo in carica della Germania, i cinici tedeschi che, come da proverbio inglese, sono quelli che alla fine vincono sempre. Germania-Danimarca appare finale dal pronostico sbilanciatissimo: va bene la favola, va bene che sono ripescati dell’ultimo momento, va bene la stoica semifinale con gli olandesi, ma ora la nazionale scandinava sembra destinata a fare da comprimaria al successo tedesco. E’ il 26 giugno 1992 quando allo stadio Ullevi di Goteborg scendono in campo la Germania in maglia bianca e pantaloncini neri, e la Danimarca con casacca rossa e calzoncini bianchi; sono le 20:15 ma in Svezia splende il sole come se fosse mattina, già questo potrebbe fungere da presagio particolare per l’andamento di una partita che sembra avere un esito troppo scontato, come se dietro l’angolo ci fosse una delle soprese più incredibili della storia del calcio. Quasi 40.000 spettatori assistono alla finale, i tifosi danesi sono tanti, del resto la vicinanza con la Svezia è davvero irrisoria e poi c’è la leggenda da raccontare e la storia da scrivere, perchè un’occasione così forse non capiterà un’altra volta.

Danimarca e Germania sono due squadre sornione, nessuna sembra volersi scoprire più di tanto nelle battute iniziali, aspettano e studiano l’avversario, cercando di intuirne i lati più deboli dove potersi infilare. Ma i tedeschi denotano fin da subito una pressione eccessiva, sanno che tutti si aspettano una loro vittoria ed una vittoria pure larga: sono i campioni del mondo e di fronte hanno un rivale che a quegli Europei sta partecipando da infiltrato, come quelli che vengono chiamati a giocare a calcetto all’ultimo minuto solo perchè qualcuno non è più potuto venire. Al 18′, poi, accade il primo colpo di scena: Jensen lascia partire una bordata dal limite dell’area che piega la resistenza di Ilgner e la Danimarca va in vantaggio; ora sì che per la Germania si fa più dura, perchè i danesi sono tosti e risoluti in difesa, si arroccano all’indietro e stanarli diventa un’impresa. Ci prova Klinsmann, ci prova Riedle, ci prova Hassler con i suoi calci piazzati, ma niente da fare, la retroguardia della Danimarca resiste e Schmeichel sventa da campione le occasioni create dalla formazione di Vogts. Poi, al 78′, Vilfort, il papà innamorato, il papà triste, tornato solo il giorno prima in Svezia dopo l’ennesima visita alla sua bambina che sta sempre peggio, vince un rimpallo al limite dell’area e appena si ritrova la palla sul sinistro lascia partire una conclusione debole ma angolatissima che bacia il palo e si infila in rete. E’ l’incredibile 2-0, è il clamoroso epilogo di una finale che laurea la Danimarca campione d’Europa e lascia la Germania con un palmo di naso.

La festa danese è composta  ma esaltante perchè sono gli stessi calciatori a non credere a quell’impresa. Ridono, si guardano in faccia e si parlano, probabilmente qualcuno si dirà: “Tutto sommato si potevano sacrificare le vacanze per questo miracolo, no?”. Il commissario tecnico Richard Moller Nielsen diventa l’eroe nazionale, insieme a quei giocatori che hanno reso possibile l’inimmaginabile. La gioia di Kim Vilfort sarà la più contenuta, l’autore del 2-0 che ha steso la Germania pensa alla figlioletta in un letto di ospedale, la piccola Line è sempre più debole, gioisce per il trionfo del papà che tornerà immediatamente in Danimarca per assisterla fino alla fine, fino al suo ultimo respiro poche settimane dopo la finale di Goteborg. Euro ’92 va così in archivio nella maniera più inaspettata, col successo di una nazionale che non vi avrebbe neanche dovuto partecipare e col rammarico di paesi come Italia e Spagna che la fase finale se la sono vista dal divano di casa. Forse è per questo che in Italia, Svezia ’92 è probabilmente il campionato europeo del quale si ha un ricordo meno vivo, un’attenzione meno marcata verso una manifestazione che ha comunque regalato momenti affascinanti e storie avvincenti. Gli Europei italiani del 1992 si sono fermati al palo di Ruggiero Rizzitelli a Mosca durante la qualificazioni, eppure quell’ultimo torneo a 8 squadre, troppo breve, a tratti incompleto, tanti spunti li ha comunque donati. Un ricordo che ancora oggi, probabilmente, val la pena di far riaffiorare.

di Marco Milan

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