Calcio: la scomparsa di Aldo Biscardi proprio nell’anno della sua moviola in campo

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Se n’è andato in silenzio nell’alba forse più fredda di questo inizio di autunno. Aldo Biscardi avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 26 novembre e da qualche settimana era ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma dove si è spento nella mattinata di domenica, serenamente, pensando forse a quella battaglia che tanto ha combattutto e che quest’anno è riuscito a considerare vinta, quella moviola in campo diventata il suo cavallo di battaglia per quasi 15 anni.

Aldo Biscardi nasce a Larino, provincia di Campobasso, il 26 novembre 1930, consegue la laurea in Giurisprudenza, poi sfruttata per poter diventare giornalista, la sua grande passione. Iscritto all’ordine dal 1952, Biscardi lavora per Paese Sera, quindi è inviato per le manifestazioni sportive e segue Olimpiadi e Mondiali di Calcio a partire dal 1958. Il passaggio alla televisione (diventerà anche vicedirettore del Tg3) è la sua immensa intuizione, oltre che la svolta della sua carriera: autoironico ed innovativo, calca ai limiti del grottesco la sua calata molisana, accentuando una pronuncia che lo renderà celebre e che lo porterà persino ad interpretare uno spot televisivo in cui consegue la specialistica in lingua inglese, ringraziando il rettore con uno storpiato “Thank You”, tramutato nel biscardese “Denghiu”. Nel 1980 ha l’idea che rivoluzionerà la televisione sportiva italiana, dando vita al primo approfondimento calcistico, il primo talk show del pallone, Il Processo del Lunedì, la trasmissione che dapprima cura e che poi, a partire dal 1983, conduce in prima persona; la Rai ha alcune iniziali remore, una tribuna politica prestata al calcio quanto potrà funzionare? Funziona e funziona alla grande: Biscardi non si prende realmente sul serio, analizza i fatti della domenica calcistica il lunedì sera, li sviscera assieme ad ospiti di vedute opposte che si accapigliano verbalmente, ognuno per imporre la propria idea rispetto a quelle degli altri. Aldo Biscardi fa il moderatore, ma in realtà istiga gli ospiti a battibeccare ancora più forte (epico il suo “Non parlate più di 3-4 per volta”); è questo il leitmotiv del programma, anche se negli anni la trasmissione assumerà contorni più profondi, in studio saranno presenti autorevoli giornalisti, ex calciatori e pure qualche atleta in attività.

Nel 1993 Il Processo del Lunedì si sposta su Tele +, la prima tv a pagamento in Italia, cambiando nome in Il Processo di Biscardi e andando in onda comunque in chiaro, visibile a tutti. La musica, però, non cambia affatto e nulla muterà neanche nel 1996 quando Biscardi porta il suo processo su TeleMonteCarlo, anzi, gli ascolti aumentano, gli italiani hanno ormai il loro appuntamento fisso il lunedì sera. Il programma subisce anche diverse critiche, c’è chi lo attacca per i toni troppo polemici, chi per una relativa serietà, ma Aldo Biscardi prosegue incurante di tutto, fedele al detto “Non è importante come se ne parli, purchè se ne parli”. La grande amicizia con Maurizio Mosca porta il conduttore molisano ad assegnare al simpatico giornalista la rubrica sul calciomercato, le cosiddette bombe di Mosca. Tra il serio e il faceto, i due lanciano probabili ed improbabili scoop di mercato, con Mosca che assicura l’assoluta certezza degli affari declamati e Biscardi che storpia i nomi dei calciatori e ribadisce urlando le notizie appena date dal collega. Nel 2006 Aldo Biscardi subisce un processo vero, quando scoppia lo scandalo di Calciopoli e vengono rese note alcune intercettazioni telefoniche con l’allora direttore generale della Juventus Luciano Moggi che avrebbe suggerito a Biscardi cosa dire e cosa non dire in trasmissione, alterando addirittura gli episodi mostrati alla moviola, anzi, al moviolone, come amava definirla il conduttore. Biscardi esce dallo scandalo senza conseguenze penali, ma l’ordine dei giornalisti lo sospende per diversi mesi, suscitando rabbia e delusione in lui che il 30 ottobre 2006 decide di non rinnovare l’iscrizione all’ordine stesso, finendo col definirsi un semplice giornalista di televisione. A lui interessa solamente portare avanti il suo talk show, diventato nel frattempo uno dei programmi tv più longevi (nel 2016, ultimo anno della trasmissione, avrà raggiunto i 36 anni di età) e rimasto uno dei più seguiti.

Dall’inizio degli anni duemila, Biscardi aveva iniziato la sua battaglia per introdurre nel calcio la moviola in campo, idea ribadita con veemenza in ogni puntata e portata all’estremo nelle settimane in cui la serie A si era resa protagonista (o vittima) di episodi arbitrali controversi che, secondo la linea del Processo di Biscardi, la moviola avrebbe facilmente e definitivamente risolto restituendo giustizia allo sport. Una battaglia lunga circa 15 anni quella di Biscardi che, ormai invecchiato ma sempre arzillo e combattivo, vede il suo compimento nel 2017 con l’ufficializzazione del VAR, introdotto a partire dal campionato 2017-2018 e che permette agli arbitri di rivedere al video le azioni più dubbie e decidere se confermare o meno la loro prima impressione, in fondo proprio ciò che Il Processo chiedeva da tempo. Aldo Biscardi, in uno dei suoi ultimi interventi, ha definito il VAR “un inno alla democazia e una sua personale vittoria”. Se n’è andato da vincitore, Aldo Biscardi, col sorriso sulle labbra e con la serie A finalmente supportata dalla tecnologia, la serie A finalmente con la moviola in campo…pardon, con la moviola in gambo.

di Marco Milan

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