Russiagate: Trump sotto inchiesta. Anzi no.

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Russiagate. Continua lo scandalo delle presunte ingerenze russe durante le ultime presidenziali. Trump ammette in un tweet di essere sotto inchiesta per ostacolo alla giustizia. Ma il suo legale lo smentisce.

Nell’ambito dell’inchiesta sulle interferenze russe nella campagna elettorale (Russiagate), Donald Trump ha ammesso di essere sotto inchiesta per ostacolo alla giustizia, medesimo reato del quale venne accusato Richard Nixon nel 1972.

Con il solito tweet, Trump ha attaccato il procuratore speciale per il Russiagate (e predecessore di James Comey, direttore dell’FBI licenziato da Trump lo scorso 9 maggio) Robert Mueller: “Sono indagato per aver licenziato il direttore dell’FBI dall’uomo che mi ha detto di licenziare il direttore dell’FBI”.

In realtà, il tweet potrebbe riferirsi anche al vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein, responsabile delle indagini sul Russiagate.

Solo qualche giorno prima, Trump aveva rispedito al mittente le accuse: “Siete testimoni della più grande caccia alle streghe individuale nella storia politica americana, condotta da persone molto cattive e confuse“.

Tuttavia Jay Sekulow, uno dei legali ingaggiati da Donald Trump per difenderlo nelle indagini sul Russiagate ha smentito Trump ribattendo che l’ex tycoon non è indagato. Sekulow ha spiegato che il tweet del 16 giugno, con il quale Trump ammetteva per la prima volta di essere indagato, era una risposta all’articolo del Washington Post che citava fonti anonime secondo le quali il procuratore speciale Robert Mueller stava indagando sul presidente per ostruzione di giustizia.

Resta il fatto che né Sekulow né il presidente hanno ricevuto alcuna notifica dal procuratore speciale.

Nell’inchiesta del Russiagate è indagato anche il genero e consigliere Jared Kushner mentre il vicepresidente Mike Pence ha ingaggiato un avvocato per assisterlo e rappresentarlo nell’ambito delle indagini.

Il capitolo 18, sezione 1503 del codice americano, definisce il reato di ostruzione alla giustizia come “ogni lettera o comunicazione che influenzi, alteri, distrugga, nasconda, falsifichi, contrasti o impedisca la legittima amministrazione di qualsiasi questione che riguardi la giustizia o si renda complice in tal senso“. Nel 1972 Richard Nixon fu accusato di ostruzione alla giustizia nel caso Watergate. Non si arrivò all’impeachment perché, quando la Camera decise di rinviarlo al Senato, lui si dimise.

Secondo indiscrezioni, Trump avrebbe ostacolato la giustizia facendo pressioni sull’ex capo dell’Fbi, James Comey, perché insabbiasse le indagini sul generale Flynn (l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, dimessosi dopo che il Washington Post aveva rivelato che aveva mentito sui rapporti intrattenuti con il Governo russo).

I rischi per Trump sono minimi. Come chiarito dalla Corte suprema, il presidente gode di un’ampia immunità funzionale legata alla sua doppia carica di capo dello Stato e di capo dell’esecutivo. Bisognerebbe aspettare la fine del mandato per avviare il procedimento.

L’unico caso in cui si può parlare di revoca del mandato, è l’impeachment.

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