Amarcord: Empoli e Porto, le avventure di Delneri mai cominciate

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Delneri Empoli e PortoUn amore finito ancor prima di cominciare. Possibile? Nella vita può capitare, nel calcio molto meno, perchè nel calcio esistono i contratti, i progetti, il lavoro, i soldi. C’è però un caso, anzi, un doppio caso, che ha sconfessato regole e certezze, e, curiosamente, è un caso che riguarda lo stesso personaggio, lo stesso allenatore: Luigi Delneri, sedotto ed abbandonato nel giro di pochissime settimane per due volte in soli 6 anni.

Luigi Delneri, friulano di Aquileia classe 1950, ex discreto calciatore di Foggia, Udinese e Sampdoria, divenuto allenatore di successo in serie C dalla fine degli anni ottanta: Pro Gorizia, Teramo, Ravenna, Novara, Nocerina, quindi l’approdo alla Ternana nel 1996 quando la compagine umbra milita in C2 dopo un fallimento e la ripartenza dai dilettanti. Delneri si ambienta alla perfezione a Terni ed installa un connubio vincente con città e squadra: la Ternana vince la C2 1996-97 e, l’anno dopo, ottiene il ritorno in serie B dopo un avvincente duello con il Cosenza (promosso direttamente) e la promozione centrata attraverso i playoff e dopo la finale di Ancona vinta contro la Nocerina. Un trionfo assoluto, Delneri è amato a Terni che di lui apprezza tutto, apprezza l’uomo semplice e l’allenatore preparato, il tecnico meticoloso e quella parlata bizzarra con la r moscia e le frasi non sempre comprensibili al primo colpo. La serie B è un’opportunità sia per gli umbri che per Delneri su cui però nell’estate del 1998 cresce l’interesse di altre formazioni cadette, ma soprattutto dell’Empoli che milita in serie A dove ha raggiunto la salvezza ma ha perso il tecnico Luciano Spalletti che, dopo aver condotto i toscani dalla C1 alla serie A e poi alla permanenza in massima serie, ha ritenuto concluso il suo ciclo empolese accasandosi alla Sampdoria.

Da sempre incline a lanciare i giovani (sia in campo che in panchina), la dirigenza dell’Empoli inizia un fitto pressing su Luigi Delneri, quel tecnico emergente che ha portato la Ternana dalla C2 alla B e che è ora ad un bivio: proseguire a Terni in un clima che lo difenderebbe anche in caso di difficoltà, o saltare un passaggio e volare in serie A nel tentativo di salvare l’Empoli dalla retrocessione per la seconda volta consecutiva, impresa mai riuscita a nessuno nella storia della piccola compagine toscana? Alla fine prevale l’ambizione, forse perchè il richiamo della serie A è fortissimo e i treni importanti potrebbero non passare un’altra volta. Delneri si chiede: e se fallisco a Terni, poi che succede? Nel calcio si fa in fretta a dimenticare, a considerare un fessacchiotto qualsiasi chi fino al giorno prima era l’idolo di tutti. Delneri lascia così la Ternana ed accetta l’offerta dell’Empoli, passando direttamente dalla serie C alla A; è una scommessa, ma è una scommessa che affascina l’Italia perchè, a conti fatti, l’allenatore friulano non lo conosce nessuno a parte gli appassionati di serie C. L’Empoli parte per il ritiro, orfano di Carmine Esposito (il milgior bomber della squadra, passato alla Fiorentina), ma soprattutto di quello Spalletti che ha lasciato un segno indelebile in quella cittadina piccola ma piena di passione; è un elemento che in molti sottovalutano, ma che nella calda estate in montagna, fra un carico di lavoro e l’altro, inizia a farsi largo nel gruppo azzurro: Delneri ha metodi diversi rispetto a Spalletti, è normale, non tutti gli allenatori possono essere uguali, ma i calciatori empolesi non riescono a digerire il cambiamento e ben presto le frizioni col nuovo allenatore si fanno più intense. I senatori della squadra (i difensori Baldini e Bianconi, il centrocampista Martusciello) iniziano a parlare con direttore sportivo e presidente perchè la situazione è pesantissima. Le liti fra Delneri e lo spogliatoio non sono furenti, ma non c’è sintonia: il tecnico, accolto con calore e curiosità, viene centrifugato e sbattuto fuori dai suoi stessi calciatori, mai così compatti nel chiedere il clamoroso ribaltone che arriva puntuale il 18 agosto 1998, a meno di un mese dall’inizio del campionato.

L’Empoli, per bocca del presidente Fabrizio Corsi, solleva Luigi Delneri dall’incarico di allenatore della prima squadra dopo appena un mese di ritiro: “Dispiace prendere simili decisioni – spiega il patron toscano – ma meglio cambiare ora che dopo. Pensavamo che Delneri fosse la persona giusta per guidare la nostra squadra, ma ci sono state troppe diversità di vedute, non solamente tattiche, anzi, smentisco categoricamente che sia stato lo spogliatoio a chiedere l’esonero del tecnico, è stato un problema di filosofia, noi abbiamo la nostra, Delneri la sua, e purtroppo non coincidono”. Più polemica le replica dell’allenatore: “Se ad Empoli si aspettavano il clone di Spalletti si sono sbagliati – dice – io sono Delneri e ragiono e lavoro come tale, non posso fare diversamente e non posso ripercorrere le orme di qualcun altro”. Il 3-4-3 adottato da Spalletti e richiesto dai calciatori, cozza contro il 4-4-2 che sarà il marchio di fabbrica inconfondibile della carriera di Delneri allenatore; le strade dell’Empoli e di Luigi Delneri si separano così prestissimo, la serie A non conosce il metodo di lavoro dell’ex tecnico della Ternana che proprio da Terni riparte quando a metà stagione la società umbra esonera Cuccureddu e richiama il vecchio ed amato allenatore che non riesce nemmeno a finire il campionato, cacciato a sua volta e sostituito da Vincenzo Guerini che conduce alla salvezza i rossoverdi. Due esoneri in pochi mesi, è quasi un record per Delneri, ancora scottato dall’esperienza di Empoli e da un’avventura breve e traumatica.

Nell’estate del 2000 la carriera di Delneri ha la svolta decisiva: lo ingaggia il Chievo, una realtà piccolissima ma già affermata in serie B, con cui il tecnico friulano si sposa alla perfezione; il suo 4-4-2 stavolta è accettato e compreso, il Chievo inizia un’inarrestabile marcia che lo porta dritto alla prima storica promozione in serie A, poi addirittura a veleggiare in testa al campionato davanti alle milanesi, alla Juventus e alla Roma campione d’Italia in carica, finendo la stagione con una clamorosa qualificazione in Coppa Uefa. Il Chievo è la più grande rivelazione del calcio italiano dopo il Parma di inizio anni novanta, un piccolo borgo alle porte di Verona che con poche migliaia di spettatori al seguito fa la voce grossa fra i mostri sacri del pallone di serie A; merito di un allenatore finalmente affermato e al quale nessuno rinfaccia più quell’esonero di Empoli, maturato prima ancora di tagliare il nastro dell’inizio del campionato. L’avventura di Delneri al Chievo si chiude nell’estate del 2004 dopo quattro stagioni trionfali, la promozione in serie A, la Coppa Uefa e due salvezze traquille; ora Delneri è un allenatore importante, richiestissimo in Italia e all’estero, ora in molti si sono accorti di lui, apprezzando quei metodi di lavoro che ad Empoli erano risultati invece indigesti. Delneri sembra ad un passo dalla panchina della Juventus che ha esaurito a sua volta il ciclo del Lippi bis; i contatti fra il tecnico friulano ed i bianconeri sono fitti e frequenti, il testa a testa con Cesare Prandelli (reduce da ottime annate a Verona e Parma) e Didier Deschamps (fresco di finale di Coppa campioni persa alla guida del Monaco) sembra una sfida a duello, destinata a risolversi in volata. Ma la Juventus, probabilmente utilizzando i tre allenatori come copertura, accoglie fra le polemiche Fabio Capello che lascia Roma e la Roma nella notte dopo aver giurato e spergiurato che a Torino non sarebbe mai andato; una bella delusione per Delneri che avrà però modo di cancellare in fretta i turbamenti juventini.

Dal Portogallo, infatti, ecco la chiamata che nessuno si aspetta: il Porto neocampione d’Europa lascia andare il suo allenatore, l’emergente Josè Mourinho, che in due anni ha vinto due scudetti, la Coppa Uefa e soprattutto la Coppa dei Campioni, portata a casa dopo il 3-0 in finale con il Monaco. Mourinho ha da tempo un accordo con il Chelsea, il Porto vira così sul tecnico italiano, quell’allenatore che in pochi anni ha portato un club sconosciuto come il Chievo a diventare una delle squadre più apprezzate della serie A, inoltre è una persona preparata e seria, i lusitani imtravedono in lui il profilo giusto per proseguire il lavoro di Mourinho. Ma se l’eredità di Spalletti ad Empoli era stata pesante, nulla può essere paragonato alle vedove di Mourinho ad Oporto: l’allenatore di Setubal ha inculcato nella mente dei propri calciatori una visione del calcio improntata sul sacrificio, sulla lotta, sulla battaglia contro tutto e tutti, ma soprattutto ha valorizzato squadra e patrimonio tecnico, ha vinto in Portogallo ma soprattutto in Europa, una Coppa Uefa ed una Coppa Campioni una di seguito all’altra, due titoli continentali in due anni, solo il Milan di Ancelotti ha fatto meglio con Coppa Campioni e Supercoppa Europea, vinta peraltro proprio a spese del Porto. Ma Delneri non ha paura, ha la maturità giusta per gestire una simile situazione, inoltre ha ambizione, quella chiamata può essere la più importante della sua carriera, possono aprirsi le porte della consacrazione definitiva anche a livello europeo.

Ma Oporto non è la provincia veronese, il Porto è la Juventus di Portogallo, altro che Chievo; al Porto o si vince o si fallisce, al Porto campione d’Europa non si può chiedere di fare la comparsa. E poi c’è lo spogliatoio, ci sono calciatori internazionali affermati, nazionali, con personalità e carisma da vendere, Delneri è forse paradossalmente il meno conosciuto del gruppo, almeno a livello continentale. In più, l’estate del 2004 è devastante per il Portogallo che ospita gli Europei da nazionale favorita e li perde clamorosamente nella finale di Lisbona contro la Grecia; una mazzata terrificante per diversi calciatori lusitani che si presentano nei rispettivi ritiri in ritardo dopo la manifestazione continentale e col morale sotto i tacchi. Al raduno del Porto, Delneri trova uno spogliatoio in crisi dopo l’addio di Mourinho e la sconfitta della nazionale portoghese agli Europei, due ferite freschissime e troppo recenti per essere metabolizzate rapidamente. Ma Delneri ci mette del suo e non entra in empatia col gruppo: come ad Empoli, l’allenatore friulano si incaponisce col 4-4-2 senza ascoltare i calciatori che non riescono subito a seguirlo; i senatori della squadra provano a convincere il tecnico a rivedere i suoi piani e lo stesso tenta di fare il presidente Pinto da Costa, soprattutto perchè il 4-4-2 penalizza due calciatori su cui il Porto ha scommesso forte: uno è l’attaccante Carlos Alberto, 19 anni appena, autore del primo gol dei lusitani nella finale di Coppa Campioni col Monaco, l’altro è l’estroso diciottenne brasiliano Diego, proveniente dal Santos e che di mestiere fa il fantasista, un ruolo che nel 4-4-2 non è contemplato. Pinto da Costa convoca Delneri e non utilizza giri di parole: “Mister, lei è l’allenatore della squadra e può far giocare i ragazzi come vuole, ma si ricordi che Carlos Alberto e Diego sono il presente e il futuro di questo club, abbiamo investito su di loro e devono affermarsi, non possiamo permetterci di lasciarli fuori solo perchè il modulo tattico li penalizza. Ne trovi uno che ne esalti le qualità”.

Delneri non solo si impunta sul 4-4-2 e su quell’imposizione societaria che non accetta, ma addirittura risponde che a lui Carlos Alberto non piace e che se la dirigenza vuole metterlo sul mercato lui come tecnico non si opporrà. Nel ritiro del Porto scoppia l’inferno, i senatori della squadra, proprio come 6 anni prima ad Empoli, si rivoltano contro quell’allenatore troppo integralista, non ne condividono nè il metodo di lavoro e nè l’approccio umano; il presidente portoghese è irritato, in più Delneri viene accusato di troppe assenze dal campo di allenamento: una volta un ritardo del volo aereo che dall’Italia lo avrebbe ricondotto in Portogallo, una volta l’ex allenatore del Chievo abusa dei permessi a propria disposizione. Troppi buchi negli allenamenti, un tecnico poco presente, una squadra in rivolta contro di lui ed una società scontenta dell’operato dell’allenatore: elementi che portano alla drastica decisione di esonerare Delneri prima dell’avvio del campionato, il 7 agosto 2004, per evidenti divergenze; l’allenatore friulano rivive lo smacco di 6 anni prima, si dice amareggiato per la soluzione e se ne va in vacanza a riflettere.

Curiosamente, proprio come nel 1998, la stagione finirà peggio e con un altro esonero perchè Delneri ad ottobre viene chiamato dalla Roma in sostituzione di Rudi Voller, ma sollevato dall’incarico a marzo dopo tre sconfitte consecutive ed una precaria situazione di classifica. Un dejavù probabilmente unico nella storia degli allenatori, così come unica è la doppia esperienza di Luigi Delneri, allenatore apprezzato nella sua carriera, ma incappato in due avventure terminate ancor prima dell’inizio, a dimostrazione che nel calcio certi amori non solo finiscono, ma di giri immensi ne fanno pure pochi.

di Marco Milan

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