Politica diversamente abile

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo l’editoriale del filosofo Giuseppe Carcea

Un aspetto, certamente inaggirabile  della politica negli ultimi tempi, nell’era della Globalizzazione, della Web-economy e della Finanza- capitalismo riguarda la sua condizione di diversa abilità. Percepita dalla gente comune come insufficiente e malata, la politica  è oggetto di sfiducia, indifferenza  e derisione. Gli stessi politici sono considerati come degli inguaribili corrotti, dediti a un affarismo indirizzato a massimizzare il profitto personale attraverso una rete clientelare  sempre più  assorbita nel compito di trasformare la Cosa Pubblica in agenzia disbrigo affari privati.

L’affaire politique è considerato  come l’inutile peso di un organismo  condannato a rimanere  precario  o  che,  in ogni caso, deve essere curato. Diverse sono le ricette, per alcuni la soluzione consiste  nell’agorà telematica  in stile Democrazia diretta, come è per il M5S, preconizzata con largo anticipo da Stefano Rodotà. Per altri sarebbe auspicabile un ritorno a forme autoritarie di potere, e tutto ciò accade nell’indifferenza e nella disaffezione di un’altra considerevole parte di cittadini, i quali disperano che si possa fare qualcosa. Un diffuso, quanto problematico sentimento del tempo porta i cittadini a chiudersi in sé stessi o all’opposto  a cercare soluzioni taumaturgiche, magiche, sperando in qualcosa di nuovo che ribalti la situazione in cui ci troviamo. Speranze messianiche che, con un  colpo di mano, si illudono di  guarire “Lazzaro” e rimetterlo di nuovo in vita. E’ a questo punto che pensiamo sia utile riflettere sul  concetto di diversa abilità politica come a una risorsa, possiamo fare un esempio per meglio comprendere cosa intendiamo  dire:  siamo convinti che il migliore spettacolo che la politica possa offrire  sia quello delle larghe intese, dell’aperto confronto tra sensibilità, idee e visioni differenti che non rinunciano, tuttavia, alla propria specificità. Mettendo a frutto le proprie abilità, le quali sono sempre diverse da quelle degli altri, i partiti dovrebbero cercare di convergere, per il  bene comune,  a completare la propria cronica insufficienza nella gestione della Cosa Pubblica.

Assistiamo, soprattutto nell’ambito della Sinistra politica, a una chiusura ideologica verso la comprensione, non solo delle posizioni delle altri partiti, che vengono considerati avversari, quanto – cosa ancora più grave –  verso le esigenze dei cittadini, ossia dello spettacolo veramente inquietate che la realtà del mondo economico, lavorativo e sociale offre, ormai da tempo. La Sinistra PD è intenta a ritualizzare le pratiche esorcistiche per scongiurare l’insediamento di “ un uomo solo al potere”, mentre, costantemente, anzi  permanentemente si sforza di tenere sotto controllo i processi decisionali che devono guidare il giusto orientamento  sulle questioni più urgenti per il nostro Paese e per l’Europa, cercando di comprendere, previo continue analisi,” cosa sia propriamente di Sinistra”, quali siano i bisogni dei cittadini, ecc. Questioni cartesiane, si potrebbe dire o psicoanalitiche, ha detto Carofiglio, intervistato da Lilli Gruber a “Otto e Mezzo”.

E intanto gli altri cosa fanno? Pare che siano alle prese  con il calcolo delle mosse strategiche più idonee a conquistare il potere. Insomma la questione politica è un cosmo esploso in cui ognuno pensa a se stesso e a come irrompere nella scena del potere, magari senza un programma condiviso neanche all’interno dello stesso partito e finendo per privilegiare intese strategiche.

Come si può constatare, la questione politica è incapace di superare il proprio narcisismo, disdegnando il decisionismo di un uomo solo al potere e giustificando quello del partito al comando. Spendendo fiumi di parole in accoglienza della causa degli immigrati, dei diversi, degli esclusi e, allo stesso tempo, rigettando a priori le idee di chi pensa diversamente, di chi non è schierato sotto la stessa egida, infischiandosene dei problemi del Paese reale. Uno spettacolo triste, segnato da una marcata impotenza  della classe politica  di schierarsi per la Cosa Pubblica, di negoziare  tra punti di vista diversi alla ricerca di ciò che si ha in comune, magari una certa idea di giustizia sociale, questione che non è di proprietà esclusiva né della Destra, né della Sinistra.

La crisi dello Stato e della Politica nel mondo globalizzato segna la fine delle singole ideologie a tutto vantaggio dell’unica ideologia liberista. La rete unificata di traffici economici via Web, la diffusa precarizzazione del lavoro, la fantasmatica presenza delle multinazionali, in ultimo, il tentativo di ricondurre e comprendere il dissenso e la formazione del consenso all’interno di un clima, semplicemente umorale, evidentemente modificabile con un maggiore incremento salariale (?) e con la scelta di stili di vita improntati al confort personale, tutto ciò  rappresenta  l’odierna realtà .

Ed è proprio riflettendo sulla libertà, i diritti, il lavoro,  mantenendo  la rotta  sulle questioni sostantive, non eludendo,  con ciò,   la possibilità di intese trasversali tra partiti, che la Politica diversamente abile può essere più efficace  del vecchio modo di praticarla. E chissà che,  rimanendo in attesa di includere nella discussione la possibilità di pensare a nuove regole per il mondo economico, a un razionale utilizzo delle risorse, al valore che la Globalizzazione deve avere per gli occidentali,  si possa ancora sperare di superare la grave crisi in cui viviamo. Non abbiamo nulla da perdere  visto che,  come ci dice Diego Fusaro a spadroneggiare, per il momento è  l’ideologia del pensiero unico, ossia una “Weltanschauung”, un’unica visione del Mondo controllata dal mercato liberista e dall’anarcocapitalismo.

(di Giuseppe Carcea)

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21 thoughts on “Politica diversamente abile

  1. Una accurata descrizione delle ragioni politiche che hanno portato all’attuale stallo. La classe politica italiana potrà mai collaborare all’ottenimento di risultati condivisi e nel reale ed esclusivo interesse nazionale? Ho paura che la stessa cultura liberista, adottata come unica alternativa da tutta la politica occidentale, non renda possibile ciò ma piuttosto sia il principale combustibile (nonché prodotto di combustione) dei fenomeni di corruzione, concussione e interesse personale in generale che avvelena la nostra politica e ne impedisce un funzionamento più sano.

    1. Eccellente considerazione del devastante scenario offerto dalla Politica che non si allea e né tanto meno molla la presa. Quindi la domanda è: se indietro non si può tornare , ai singoli partiti e alla pretesa esclusività dei loro programmi, allora, quale futuro se il fallimento dell’ individualismo è surrogato dal narcisismo e dall’ onnipotenza del singolo partito? Ottima considerazione Br 1.

  2. La diversa abilità è una sfida al pensiero Politically correct, ai percorsi a senso unico delle ideologie. La domanda, in ogni caso è questa: potranno mai collaborare i partiti tra di loro al fine di raggiungere intese che invece sono precluse dalla tendenza di ognuno ad affermare il proprio punto di vista? E inoltre, possiamo pensare che la ricerca di intesa sia la strada giusta per migliorare lo status quo? E il dissenso che fine ha fatto?

    1. Il consenso e il dissenso sono ormai entrati nella realtà del nostro tempo come semplici effetti, di cosa? Dell’ universo che li produce in forma edulcorata. In poche parole a che serve dissentire, rifiutare lo status quo, quando basta semplicemente scegliere uno stile di vita più soddisfacente? ,Svestire l’ ethos, l’ abito e anche l’ abitudine per diventare più leggeri e disponibili al consumo….ecco che il dissenso coincide con il consenso per vcui si potrebbe, hegelianamente dire che tutto ciò che è razionale e reale e viceversa.

  3. Il consenso e il dissenso nell’ epoca della Globalizzazione è nelle mani del potere di pochi. A loro la facoltà di scegliere per noi quali modellli perfino di passatempo dobbiamo condividere….alienazione pura. Come uscirne?

  4. L’editoriale in questione solleva un problema urgente, quello della formazione del consenso e dell’espressione del dissenso in un’epoca che trasforma entrambi in attività di ricerca nella direzione di stili di vita che si vogliono sempre allineate all’idea di confort che la società via via elabora. Della serie: “se non sei soddisfatto cambia stile di vita”.

    1. Appunto, se non sei soddisfatto cambia stile di vita, ma non dimenticare di fare scelte conformi alle ultime tendenze, una tra queste la velocità nella soddisfazione delle esigenze che il mercato e l’industria culturale hanno confezionato per noi. Alta cosa è la formazione del consenso e le eventuali manifestazioni di dissenso, per operare in questa direzione bisogna che la “macchina” del proprio immaginario sia libera da ingerenze. Infatti, la libertà nel mostro tempo no è più libertà di espressione ma di immaginazione. Non è un caso che le nuove forme di potere non danno importanza all’opinione, che, come dice Fusaro, è svalutata dalla crisi del realismo che doveva sostenere l’esistenza della verità, quanto , dalla colonizzazione dell’immaginario.

    1. Non sono sicuro quanto sia realistica l’ ipotesi di risolvere comunicativamente le incomprensioni, almeno, lo è sicuramente in via di principio, anche se le resistenze che emergono dai vari tentativi è sicuramente complessa. In gioco ci sono gli ordini simbolici, le immagini, e poi , solo in seguito la possibilità di trattare il dato cognitivo. Sia chiaro, il dato cognitivo espleta la sua forza in termini di congruenza concettuale, anche se queste operazioni sono il prodotto di una razionalità formale. Insomma la risposta risiede nel lavoro che ognuno di noi ha imbastito sull’ ordito della propria coscienza.

  5. La Società si trasforma, cambia e con essa le pratiche di persuasione di massa. Quali alternative? C’è bisogno di più eticità o ci dobbiamo considerare adulti e quindi guidati solo dall’etica pubblica?

    1. Potrebbe essere il contrario, ormai il dissenso viene assimilato alla medicalizzazione , al disturbo psicologico e trattato con le categorie della bio- politica. Il tentativo di neutralizzarlo è parte attiva della società del consumo…Ciò che resta, alla fine è il riciclaggio delle coscienze, le quali emendate dal disagio ritornano a produrre nel sistema economico.

  6. Insomma, la questione del consenso e del dissenso, può essere che siamo divenuti burattini nelle mani di un burattinaio….cosa fare?

    1. No massimo, non siamo nella gabbia d’ acciaio, quest’ ultima è unametafora del potere. Il dissenso non e impedito e surrogato.

  7. Politica diversamente abile non significa necessariamente insufficiente. Anzi è un modo diverso dal solito di concepire nuovi spazi di progettualita’. …forse i politici si adatta la prima accezione.

    1. la politica è sotto scacco , lo dimostra la riflessione di Speranza & Co. sul “Chi siamo, dove va la Sinistra” ecc., riflessioni che fanno pensare che la Politica ha perso di vista il proprio referente>: il mondo economico,sociale, istituzionale, rimanendo chiusa in una deriva memorialistica in cui cerca di comprendere quale fosse la propria identità e quali fossero le decisioni più importanti da prendere. Se poi i dissidenti di Sinistra dovessero fare spazio a una idea di futuro, in cui l’azione politica ritorni a prendere il prendere il posto delle riflessioni psicoanalitiche …chissà……

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