Amarcord: Pontedera-Italia, quando una squadra di serie C sconfisse la Nazionale

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Diciamoci la verità: le amichevoli della Nazionale non sono certo il momento più atteso dagli appassionati di calcio in Italia. Spesso noiose e prive interesse, molte volte di intralcio fra campionato e coppe, calciatori più attenti a non farsi male che a giocare con impegno la gara. Figurarsi, poi, gli stage a Coverciano e le partitelle, le sgambate, con rappresentative nazionali minori o formazioni di basse categorie e\o dilettantistiche, giocate di pomeriggio e in mezzo alla settimana, neanche trasmesse dalla tv. Pontedera-Italia del 6 aprile 1994, però, ha riscritto per sempre la storia degli impegni infrasettimanali della Nazionale, entrando di diritto nella leggenda.

La preparazione dell’Italia per i mondiali americani del 1994 è più complicata del previsto, nonostante in panchina sieda Arrigo Sacchi, considerato il profeta del calcio moderno, e nonostante in squadra ci sia quasi tutto il Milan degli Invincibili che da più di cinque anni domina in Italia e in Europa: la linea difensiva meno battuta del continente con Tassotti (o Panucci), Costacurta, Baresi e Maldini, e in aggiunta un portiere saracinesca come Pagliuca. A centrocampo Albertini, Dino Baggio, Antonio Conte, Nicola Berti, in attacco il super bomber Giuseppe Signori (capocannoniere del campionato da due anni consecutivi con la Lazio) e soprattutto Roberto Baggio, Pallone d’Oro in carica e unanimemente considerato il miglior calciatore del pianeta. Eppure qualcosa non va: Sacchi non riesce ad inculcare ai calciatori quegli schemi che avevano reso grande il suo Milan, la formazione cambia spesso e il risultato è che la Nazionale gioca male, peggio rispetto a quella di Azeglio Vicini, defenestrato dalla Federazione nell’autunno del 1991 dopo aver mancato la qualificazione agli Europei di Svezia del 1992. Tuttavia, l’Italia raggiunge Usa ’94 vincendo il proprio girone e conquistando l’artimetica certezza di partecipare ai mondiali dopo il successo per 1-0 a San Siro contro il Portogallo (rete di Dino Baggio nel finale), altra gara contestata da tifosi  e stampa, con critiche feroci al gioco di Sacchi.

Il commissario tecnico di Fusignano, però, chiude le orecchie e le fa chiudere ai propri calciatori: mancano posi mesi alla partenza per gli Stati Uniti ed occorre arrivarci pronti fisicamente, tatticamente e mentalmente. L’Italia è sulla carta una delle favorite alla vittoria finale, mancano nazionali importanti come Francia ed Inghilterra, e gli azzurri hanno l’obbligo di risultare fra i protagonisti della manifestazione. Per riuscirci, Sacchi e la Federazione organizzano una serie di amichevoli di preparazione, dalle quali l’ex tecnico di Parma e Milan dovrà trarre le indicazioni decisive per scegliere i 23 calciatori da portare in America. Oltre alle amichevoli, l’Italia ha in programma alcune partitelle con formazioni di serie C e D, da giocare a Coverciano (sede del ritiro) durante gli stage. Una di queste si disputa mercoledì 6 aprile 1994, giorno in cui l’Italia sfida il Pontedera per espressa richiesta dello stesso Sacchi, compagine toscana dell’omonimo comune in provincia di Pisa che tanto bene si sta comportando nel girone B della serie C2 dove sta contenendo al Gualdo il primato in classifica. La formazione pisana è allenata dal rampante tecnico Francesco D’Arrigo, annovera fra le sue fila l’esperto portiere Giulio Drago (trascorsi in serie A con Empoli e Bari) e conta in attacco su Alfredo Aglietti, uno dei cannonieri più prolifici della serie C. D’Arrigo è un tecnico pragmatico, la sua squadra è ben organizzata, corre molto e copre tutti gli spazi giocando con un sacchiano 4-4-2 e, pur non disponendo di eccezionali risorse economiche da parte della società, si sta giocando la promozione in C1 sopravanzando compagini più blasonate come ad esempio i poco amati conterranei del Livorno.

Coverciano (FI), 6 aprile 1994: un giorno prima è morto Kurt Cobain, leader dei Nirvana, ma nessuno lo sa ancora e il suo corpo verrà ritrovato solo l’8 aprile; ciò nonostante, l’amichevole infrasettimanale fra Pontedera ed Italia non riempie certo le prime pagine dei giornali, neanche di quelli sportivi. Le due formazioni scendono in campo di pomeriggio alle ore 16, la nazionale di Sacchi in maglia bianca e calzoncini azzurri, il Pontedera nel suo consueto completo granata. L’arbitro della gara è Pierluigi Collina, il fischietto più importante d’Italia; in molti ritengono che una partita simile non abbia valore per l’Italia e che sia poco più di un allenamento, mentre per gli uomini di D’Arrigo può essere la vetrina più importante della loro carriera: sfidare Maldini, Baggio e compagnia bella, prendersi qualche articolo di giornale e qualche servizio in televisione, magari sulla Rai e non solo all’interno dei telegiornali sportivi delle reti locali toscane. Ma quel giorno diventa storico, forse nemmeno gli stessi calciatori del Pontedera ne sono consapevoli, se qualcuno glielo dicesse nemmeno ci crederebbero; D’Arrigo carica i suoi prima della gara: non vuole figuracce, tanto per cominciare, e vuole capire il grado di maturità dei calciatori granata, perchè il risultato contro la nazionale di Sacchi non conta, ciò che è importante è crescere come autostima e autorevolezza tattica per giocarsi fino in fondo le carte in campionato e centrare la promozione.

La partita inizia e l’Italia parte col freno a mano tirato. A leggere le formazioni vien quasi da sorridere: gli azzurri si dispongono in campo con Marchegiani, Panucci, Maldini, Albertini, Costacurta, Baresi, Donadoni, Conte, Signori, Roberto Baggio e Stroppa. Il Pontedera risponde con Drago, Vezzosi, Paradiso, Rocchini, Allori, Cecchi, Rossi, Moschetti, Cecchini, Pane ed Aglietti. Dopo 19 minuti accade l’imponderabile: la nazionale di Sacchi gioca con sufficienza e Marchegiani viene infilato con un pallonetto dall’ala Matteo Rossi, 1-0 per il Pontedera. I giornalisti che assistono alla gara si guardano fra di loro sbigottiti, anche se non si aspettano certo di vedere, tre soli minuti più tardi, il raddoppio dei toscani con Aglietti: 2-0. Ora siamo ai confini della realtà: Sacchi è paonazzo, i calciatori della nazionale iniziano a scuotersi, la sveglia è suonata, ma a quel punto il Pontedera ci crede, pronto a scrivere la storia per sempre. I toscani aumentano la grinta, raddoppiano energie ed attenzione e chiudono il folle primo tempo in vantaggio per 2-0. Nell’intervallo Sacchi si fa sentire, opera svariati cambi fra cui l’inserimento di Daniele Massaro al posto del deludente Signori; Massaro è un attaccante ultratrentenne che sta vivendo la sua stagione di gloria al Milan e, dopo anni da attaccante di scorta, è il capocannoniere della squadra di Capello, sarà decisivo per la conquista dei rossoneri di scudetto e Coppa dei Campioni.

La punta milanista dà agli azzurri quella scossa mancata nel corso di tutto il primo tempo: corre, lotta, si sbatte ed incita i compagni, costringendo anche il Pontedera alla ritirata. E’ lo stesso Massaro, in meno di cinque minuti dall’inizio della ripresa, ad accorciare le distanze con la rete del 2-1 che riapre la gara, riaccende le speranze azzurre e genera un po’ di tensione ad un Pontedera attento, coriaceo ma che inizia ad andare in difficoltà. L’Italia è ora arrembante, certo far peggio di prima sarebbe impossibile, ma la formazione di Sacchi ha evidentemente cambiato faccia e marcia: Massaro stampa sulla traversa la palla del 2-2, poi Drago ferma in uscita Casiraghi (subentrato a Baggio) e controlla che un colpo di testa di Panucci finisca effettivamente sul fondo. Il Pontedera stringe i denti, all’Italia subentra la frenesia, i calciatori azzurri sentono il peso di una sconfitta epocale, di una figuraccia grossolana e storica, non riescono più a rendersi pericolosi; anche l’arbitro Collina avverte il pericolo che l’intero movimento calcistico italiano sta rischiando, assegna ben 10 minuti di recupero dando più possibilità agli azzurri, ma non serve a niente perchè il Pontedera porta a termine la gara e vince clamorosamente la partita: 2-1, i calciatori granata non sanno se abbracciarsi o meno, non sanno se chiedere le maglie ai campioni della nazionale o andarsene negli spogliatoi a guardarsi negli occhi, magari a prendersi a sberle a vicenda per capire se tutto questo non sia un sogno. All’uscita, ecco decine di giornalisti che mettono sotto il naso dei toscani microfoni e taccuini: è la prima volta nella storia che l’Italia perde contro una squadra di serie C, Aglietti e compagni si accorgono di averla combinata grossa. A Pontedera, appena si sparge la notizia e a dispetto del giorno lavorativo, la gente scende in piazza, impazzita ed incredula, sventola sciarpe e suona i clacson delle automobili.

Le conseguenze sono a dir poco eclatanti: La Gazzetta dello Sport di giovedì 7 aprile 1994 titola “Ai mondiali il Pontedera”, poi completa l’edizione con articoli ed approfondimenti che colpiscono violentemente l’animo degli italiani. Arrigo Sacchi finisce sul banco degli imputati, la Nazionale perde credibilità in vista dei mondiali, all’estero qualcuno se la ride. In pochi rendono merito alla squadra di D’Arrigo, è chiaro che la sconfitta degli azzurri faccia più clamore, eppure gli uomini in maglia granata hano disputato una gara perfetta, dimostrazione estrema di organizzazione tattica, di temperamento e di volontà, al cospetto dei campionissimi della serie A, pronti a far le valigie per l’America. La ripresa del campionato, delle coppe e dell’intero panorama sportivo italiano fa calare i riflettori sull’incredibile esito di Pontedera-Italia, anche le polemiche si spengono pian piano e la Nazionale riuscirà a preparare al meglio la spedizione statunitense, tanto da giungere fino alla sfortunatissima finale di Pasadena, persa ai calci di rigore contro il Brasile. Il Pontedera, a maggio del 1994, festeggerà il primo storico approdo in serie C1 giungendo secondo alle spalle del Gualdo e precedendo di ben 4 lunghezze il Livorno, favoritissimo per la promozione ad inizio campionato. Evento epocale anche quello, dunque, ma la storia di quel leggendario 6 aprile 1994 è entrata e resterà sempre nel mito, un’impresa probabilmente irripetibile e forse per questo ancor più preziosa.

di Marco Milan

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