Strage di Viareggio: 7 anni a Moretti, Elia e Soprano
Sentenza di primo grado per la strage ferroviaria di Viareggio in cui persero la vita 32 persone: sette anni a Moretti, ex Ad di Ferrovie dello Stato e RFI. La rabbia delle famiglie delle vittime: “Ricorreremo in appello”
32 morti, una strada completamente rasa al suolo e una città straziata dal dolore. A quasi otto anni da quel terribile 29 giugno in cui un treno per il trasporto del GPL si ribaltò esplodendo a pochi minuti dalla mezzanotte, Viareggio non ha dimenticato e i familiari delle vittime, così come la città intera, continuano a chiedere giustizia e verità per i propri morti. Martedì 31 gennaio, è arrivata la prima sentenza relativa al processo aperto dalla procura di Lucca su quella che rappresenta una delle pagine più amare della storia recente del nostro Paese.
Ma cosa hanno stabilito i giudici? La corte ha condannato gli ex Ad di Rete Ferroviaria Italiana, Mauro Moretti e Michele Mario Elia, e l’ex amministratore delegato di Trenitalia, Vincenzo Soprano, a sette anni di carcere, meno della metà di quelli richiesti dalla pubblica accusa. In particolare, per quanto riguarda la posizione di Moretti, l’attuale amministratore delegato di Finmeccanica è stato dichiarato colpevole per le sue responsabilità come manager di RFI, ruolo che ha ricoperto fino al 2006. Assolto con formula piena il gruppo Ferrovie dello Stato.
Il pronunciamento della corte di primo grado, tanto atteso quanto difficile, ha mandato su tutte le furie i familiari delle vittime, che hanno gridato allo scandalo e si sono detti pronti a intraprendere il duro percorso dell’appello. Gli avvocati di Moretti e degli altri condannati si sono espressi in modo molto duro contro la decisione, definendola addirittura una sentenza populista. Queste dichiarazioni hanno suscitato una ferma reazione da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ha parlato di delegittimazione dei giudici, messa in atto dai difensori dell’ex manager di FS.
Nel corso degli ultimi otto anni, i familiari di coloro che hanno perso la vita in quella tragica notte di inizio estate hanno compiuto ogni genere di sforzo, per evitare che quanto accaduto a Viareggio diventasse una delle tante stragi dimenticate, uno dei tanti fatti di cronaca senza risposta che affollano la storia del nostro Paese. Sembra che i giudici con questa sentenza, sebbene abbiano riconosciuto una responsabilità da parte dei manager, non abbiano avuto il coraggio di andare fino in fondo, condannando le aziende a pagare per le loro scelte dissennate, o quantomeno discutibili, in materia di sicurezza.
Adesso i tempi stringono. La sentenza di primo grado verrà quasi sicuramente impugnata dai familiari delle vittime, ma il processo rischia di cadere in prescrizione, rendendo inutili tutti gli sforzi fatti finora dagli inquirenti e dalla procura e facendo crollare le speranze di un’intera città di chiudere una vicenda tanto drammatica. Molte delle famiglie delle vittime hanno chiesto agli imputati, Moretti in testa, di rinunciare alla prescrizione in modo da portare avanti il processo fino all’ultimo grado di giudizio.
Probabilmente i tre manager condannati in primo grado decideranno di non fare ricorso contro il pronunciamento del tribunale di Lucca, lasciando che i tempi della prescrizione facciano il loro corso. Per quanto riguarda Moretti, la cui posizione è la più criticata dall’opinione pubblica anche per le dichiarazioni pesanti da lui rilasciate in merito alla strage, in molti ritengono opportuno che lasci la guida di Finmeccanica, fin quando non verranno del tutto chiarite le sue responsabilità nella strage di Viareggio. Tuttavia questa richiesta sembra destinata a cadere nel vuoto, visto che il Cda di Leonardo-Finmeccanica ha riconfermato piena fiducia al manager.
Quel che resta dopo questa prima sentenza è il dolore delle famiglie delle vittime, le immagini terribili del fuoco che stronca la vita di 32 persone e distrugge per sempre quella di molte altre che, in quella terribile notte del 29 giugno del 2009, hanno perso i propri cari e hanno visto la propria città bruciare.
(di Christopher Rovetti)