Obama otto anni dopo: un bilancio in chiaroscuro

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Prendendo a pretesto il conferimento delle ultime medaglie per la libertà e a pochi giorni dalla fine del mandato, è tempo per fare qualche bilancio della presidenza Obama e di quelli che sono stati otto anni complessi dal punto di vista economico, politico e sociale

Barack ObamaSono passati 8 anni da quando Barack Hussein Obama arrivò alla Casa Bianca come 44° presidente degli Stati Uniti d’America. Primo e attualmente unico afroamericano a raggiungere questo traguardo, Obama ha rappresentato fin dai primi giorni del suo primo mandato, un argomento di dibattito per tutti gli analisti politici, per la stampa e per la gente comune. Questo perché sulla sua presidenza avevano scommesso in tanti e in molti gli avevano addirittura fatto credito ancor prima di iniziare. È stato il caso dell’Accademia di Norvegia, che nel 2009, a meno di un anno dalle elezioni, aveva insignito al neo presidente americano del Premio Nobel per la Pace, per i suoi sforzi straordinari volti a rafforzare la diplomazia e la cooperazione fra i popoli.

A pochi giorni dalla fine della sua presidenza, Obama ha conferito le ultime medaglie della libertà, che possono essere un valido termometro per una piccola analisi su quelli che sono stati gli anni trascorsi dall’ex senatore dell’Illinois alla guida degli Stati Uniti. Grandi nomi del cinema e star della televisione, esponenti del panorama musicale e sportivo, filantropi e accademici: questi i profili di coloro che sono stati scelti dal presidente americano come simboli e difensori della libertà. Fra i nomi di maggior rilievo, oltre ad alcuni rappresentanti della comunità afroamericana come Diana Ross e Michael Jordan, spiccano quelli di attori del calibro di Robert Redford e Robert De Niro e grandi nomi provenienti dal mondo dell’imprenditoria come Bill Gates, ormai impegnato a tempo pieno nel sociale e nella beneficenza. Di certo, uno dei nomi più altisonanti è quello della grande conduttrice televisiva Ellen Degeneres, da sempre simbolo della comunità gay americana.

Tanti dunque i temi collegabili in modo più o meno diretto a queste ultime nomine, il cui valore va ben oltre quello della mera attribuzione di un titolo dal nome evocativo. Dai diritti per le coppie omosessuali ai più recenti episodi di razzismo che sono tornati a infiammare la provincia americana, senza dimenticare la tanto discussa riforma sanitaria, c’è stato questo e molto altro nella politica interna del presidente afroamericano. Alcuni successi, primo fra tutti il pronunciamento della corte suprema sulle unioni gay, che Obama celebrò con il famoso hashtag #lovewins, ma anche tanti nulla di fatto, come la riforma sanitaria, che nei piani del presidente avrebbe dovuto garantire a tutti un livello minimo di assistenza medica, ma che in concreto non ha sortito tutti gli effetti sperati. E poi seri problemi sociali quali, esempio, quelli legati al riacutizzarsi delle tensioni razziali, proprio mentre nello studio ovale sedeva il primo presidente di colore della storia americana.

Altrettanto altalenanti sono stati i risultati sul piano internazionale. Durante la campagna elettorale del 2008, Obama aveva promesso il ritiro in tempi brevi dall’Iraq e dall’Afghanistan due propositi che hanno tardato più del previsto a essere rispettati. Peraltro, la fine, vera o presunta, dell’impegno americano nei due Paesi non ha certo aiutato a calmare gli animi nella tormentata area mediorientale né, più in generale nel bacino del Mediterraneo. Libia, Siria, ma anche l’Egitto restano questioni irrisolte che dovrà affrontare il suo successore. Certo Obama ha riportato anche alcune vittorie quali il ripristino delle relazioni con Cuba e l’eliminazione di Osama Bin Laden, ma sono in molti a credere che queste siano poco più che vittorie di Pirro, se paragonate ai dossier che il 44° presidente a stelle e strisce lascia del tutto irrisolti. Dalle relazioni con Mosca alla questione TTPI con l’Europa, senza dimenticare i numerosi casi di fughe di informazioni sensibili di cui gli Stati Uniti sono stati vittima, sono state tutte spine nel fianco che l’amministrazione Obama non ha saputo togliere.

Dunque una presidenza piena di luci e ombre che nei prossimi anni sarà passata al setaccio da storici e analisti politici che cercheranno, ognuno a suo modo, di dare un’interpretazione organica, strutturata e veritiera dell’operato del primo presidente di colore USA. Forse, il Nobel per l’incoraggiamento, conferito a scatola chiusa, è stato un fardello un po’ eccessivo anche per lo scafato presidente Obama. In ogni modo, lui e la sua famiglia, Michelle in testa, hanno rappresentato un esempio elevatissimo sotto molti punti di vista, sia per gli americani sia per tanti cittadini stranieri. Tempi duri dunque per Donald Trump, che dovrà mantenere un’immagine fra il perfetto e l’ineccepibile, per non far rimpiangere il caro vecchio, ma nemmeno troppo, Barack Hussein Obama.

(di Christopher Rovetti)

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