Amarcord: l’anno magico dell’Udinese di Zaccheroni

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Udine: una delle città italiane più storiche del sano calcio di provincia, una delle più nobili, ma anche una di quelle considerate più fredde e non solo per questioni climatiche. Si dice che il pubblico friulano sia poco appassionato, poco rovente, che i tifosi vadano allo stadio per puro divertimento, riscaldati da un buon grappino pre gara, ma senza quel furore che hanno altre tifoserie. E di ciò, sempre secondo le credenze popolari, risente anche la squadra in campo, a volte distratta e deconcentrata; andatelo però a raccontare ad Alberto Zaccheroni e alla sua Udinese che nel 1998 ha messo in riga quasi tutte le grandi della serie A, andate da loro e chiedete se davvero lo stadio Friuli in quell’anno di grazia fosse così spento.

Nell’estate del 1997 a Udine c’è fermento perchè la squadra bianconera ha appena concluso al quinto posto il campionato di serie A guadagnandosi uno storico accesso alla Coppa Uefa. In panchina c’è Alberto Zaccheroni, in rosa un misto fra calciatori esperti e giovani (spesso stranieri) che per la prima volta si affacciano al grande calcio ma che risultano pronti e preparati per non sfigurare, anzi, addirittura per stupire. Da tale nidiata, la società friulana ha già scovato il centravanti tedesco Oliver Bierhoff, il veloce attaccante brasiliano Marcio Amoroso e il prorompente terzino danese Thomas Helveg. Ad essi si aggiungono il talentuoso fantasista Tomas Locatelli (proveniente dal vivaio del Milan), il tornante danese Martin Jorgensen e l’ordinato regista belga Walem, rinforzi che dovranno puntellare il già compatto organico di Zaccheroni, tecnico pragmatico che non disdegna lo spettacolo: l’allenatore romagnolo dal carattere riservato ed un po’ chiuso, schiera la sua squadra col 3-4-3, il tridente avanzato è composto da Amoroso e Poggi sugli esterni, e da Bierhoff punta centrale. A Udine tutti sanno che l’annata 1997-98 sarà speciale per l’Udinese, la voglia di affermarsi ancora di più in serie A dopo anni di sali e scendi con la B, ma anche l’affascinante palcoscenico europeo che i bianconeri vogliono onorare con coraggio, senza passare per comparsa o squadra materasso della competizione.

Il 31 agosto 1997 parte il campionato e allo stadio Friuli, nonostante il caldo torrido, arriva un’inaspettata doccia gelata: la frizzante Fiorentina di Malesani passa per 3-2 con tripletta di Batistuta, all’Udinese non bastano i gol di Amoroso e Poggi, poichè le veloci ripartenze dei viola mettono a nudo qualche carenza difensiva della compagine di Zaccheroni che non si dice preoccupato al termine della gara, anche perchè, complice la sosta per gli impegni delle nazionali, avrà due settimane di tempo per aggiustare ciò che all’esordio non è andato per il verso giusto. Sabato 13 settembre, alla ripresa del campionato, l’Udinese va a Lecce in casa dei neopromossi pugliesi: stadio pieno, caldo estivo, euforia della piazza giallorossa, tornata in serie A dopo una doppia retrocessione che ha portato la squadra in serie C. Ci sono tutti gli ingredienti per mettere in difficoltà i friulani, ma Zaccheroni ha lavorato benissimo durante la pausa, i suoi calciatori non hanno paura e dopo meno di un minuto sono già in vantaggio con un siluro di Bachini; le scorie lasciate dalla partita contro la Fiorentina sono scomparse e l’Udinese viaggia a ritmi elevatissimi contro un Lecce che fatica a capirci qualcosa; ad inizio ripresa arriva il 2-0 di Locatelli, poi segnano i pugliesi ma il risultato non cambia più. Zaccheroni è soddisfatto, ma vuole ancora di più dai suoi uomini, non gli è piaciuto prendere gol due minuti dopo aver raddoppiato, restituendo entusiasmo ad un avversario messo già ko. Anche perchè dopo tre giorni c’è l’esordio in Coppa Uefa e là nessuno ti aspetta, in Europa o sei dentro o sei fuori, non sono ammessi errori; a Lodz, il 16 settembre, l’Udinese esordisce in una competizione continentale e paga l’emozione del debutto: i polacchi del Widzew Lodz vincono 1-0 ed ipotecano la qualificazione. Pazienza, pensano a Udine, c’è ancora la gara di ritorno da giocare e c’è tutto il campionato davanti.

Alla terza giornata, l’Udinese batte il Milan 2-1 in una gara rocambolesca che i rossoneri aprono dopo pochi minuti con Kluivert e regalano poi ai bianconeri, vittoriosi 2-1 grazie ai primi gol in campionato di Oliver Bierhoff. Non saranno gli ultimi. Dopo il pesante 0-4 incassato a Parma, il 30 settembre l’Udinese ospita il Widzew Lodz per il ritorno del primo turno di Coppa Uefa: lo stadio è pieno e festante, la squadra è convinta di poter ribaltare il passivo dell’andata, i polacchi sono una buona squadra ma niente di eccezionale. La gara inizia come meglio non potrebbe: dopo 7 minuti i bianconeri sono già sul 2-0, reti di Bierhoff e Poggi; un pizzico di sofferenza finale non fa avvicinare i polacchi alla porta difesa da Turci, anzi, al 90′ arriva anche il sigillo di Locatelli che con un colpo di tacco sontuoso firma il 3-0 e certifica il passaggio del turno ai sedicesimi di finale. Piace questa Udinese che per un mese si concentra solo sul campionato dove ancora non trova la perfetta quadratura del cerchio: la formazione di Zaccheroni, infatti, alterna ottime prestazioni come il 3-2 alla Sampdoria, ad altre meno esaltanti come il 2-2 contro il neopromosso Empoli. In più, il sorteggio europeo ha selezionato per l’Udinese l’Ajax nel turno successivo di Coppa Uefa: la sfida è affascinante ma proibitiva, gli olandesi sono una squadra blasonata e con enorme esperienza europea. L’andata nella nuovissima Amsterdam Arena termina 1-0 per un Ajax sufficiente, l’Udinese contiene il passivo e si accontenta di una sconfitta onorevole che non pregiudica il ritorno dove i bianconeri potranno crederci come fatto già contro il Widzew Lodz, pur tenendo conto della diversa caratura degli avversari. Sabato 1 novembre 1997, alla vigilia della sfida di ritorno con l’Ajax, l’Udinese va a Torino contro la Juventus che insegue l’Inter capolista; la gara si mette male per lo squadrone di Lippi, colpito dal gol di Locatelli dopo un quarto d’ora. Ma non basta perchè i friulani, per l’occasione in maglia arancione, mettono in crisi la Juve e siglano il 2-0 con una zampata di Bierhoff: ma l’azione diventerà uno dei simboli del campionato 1997-98, impregnato di veleni, sospetti e liti fra Juventus ed Inter; Bierhoff supera Peruzzi in uscita, Ciro Ferrara prova a ricacciare la palla fuori dalla porta in scivolata, ma colpisce la sfera quando essa ha già ampiamente oltrepassato la linea bianca. La dinamica è evidente pure ad occhio nudo, tutto lo stadio se ne accorge, ad eccezione della terna arbitrale che incredibilmente giudica regolare il recupero di Ferrara e non assegna il gol all’Udinese. La Juve, scampato il pericolo, si riorganizza e trova 4 reti che capovolgono la partita. Ma la gara è falsata dall’episodio che l’Udinese non gradisce e non accetta: poteva essere il 2-0, il colpo del ko, si è trasformato invece in una diabolica beffa; il presidente Pozzo recrimina a fine partita: “E’ una vergogna”, tuona in sala stampa. Zaccheroni, invece, preferisce concentrarsi su Udinese-Ajax che si giocherà tre giorni più tardi.

E’ la sera del 4 novembre 1997 quando Udinese e Ajax scendono in campo allo stadio Friuli per giocarsi l’accesso agli ottavi di finale di Coppa Uefa: per i bianconeri è forse la partita più importante della storia, c’è un traguardo ambizioso da raggiungere e di fronte un avversario forte con 4 Coppe dei Campioni all’attivo, altro che ottavi di Coppa Uefa. Ma l’Udinese non ha paura: è convinta dei propri mezzi e mette in campo pure la rabbia del post Juve. Al 25′ segna Poggi, al 32′ raddoppia Bierhoff e stavolta nessuno ci vede male, tutt’altro, allo stadio Friuli ci vedono tutti benissimo e l’Udinese è uno spettacolo; l’Ajax è annichilito di fronte alla sprezzante ed organizzata compagine friulana che ha pure più volte l’occasione di triplicare il vantaggio. Nel secondo tempo, però, l’Udinese commette l’errore di abbassarsi troppo e l’Ajax, da squadra più esperta, inizia ad annusare nell’aria l’opportunità di mettere una pezza ad una partita nata male e portarsi a casa la qualificazione; non basta infatti una resistenza ordinata da parte dei bianconeri, perchè a dieci minuti scarsi dal termine, il georgiano Arveladze spegne i sogni friulani realizzando il 2-1 che elimina un’orgogliosa e tenace Udinese. L’applauso dei tifosi a fine partita è doloroso ma sentito, la formazione di Zaccheroni ha onorato eccome l’impegno europeo, anzi, ha sfiorato la grande impresa contro una delle squadre più nobili del panorama mondiale, andando a casa solo per la regola dei gol segnati in trasferta. Ma ora c’è da pensare al campionato, perchè se la Coppa Uefa è andata via, esiste la possibilità di riconquistarla piazzandosi fra le prime 5-6 della serie A, proprio come fatto nella stagione precedente.

L’eliminazione dall’Europa restituisce al campionato un’Udinese trasformata: più cattiva, più sicura di sè, più determinata. I friulani diventano la sorpresa del torneo, ma sarebbe anche riduttivo definirla così, perchè gli uomini di Zaccheroni non hanno nulla da invidiare alle grandi italiane, anzi, fanno meglio del Milan che arranca a metà classifica, meglio della Sampdoria, meglio della Roma, meglio anche della milionaria Lazio di Cragnotti ed Eriksson, battuta pure all’Olimpico 2-1 in una delle quattro vittorie consecutive di un’Udinese inarrestabile che batte pure Piacenza e Bologna in casa e stravince a Brescia per 4-0. Bierhoff inizia a segnare con continuità impressionante, spesso a colpi di doppietta, neanche fosse un cacciatore professionista. Fra novembre e febbraio i friulani non perdono mai, collezionano una serie di dieci risultati utili consecutivi fra cui spiccano l’1-0 inflitto all’Inter capolista (gol di Bierhoff al 90′) e il 2-1 di Roma contro i giallorossi nella prima gara del 1998, firmato ancora da due gol di Oliver Bierhoff che si sta giocando la vetta della classifica dei marcatori addirittura con Ronaldo. Il ko di Firenze il 1 febbraio non ferma i friulani che una settimana dopo si rifanno con gli interessi travolgendo 6-0 il Lecce e confermando di essere in piena corsa per l’Europa.

L’Udinese gioca ormai a memoria, ha una difesa ed un centrocampo perfettamente collaudati pur con qualche rete di troppo incassata, oltre ad un attacco che segna a raffica con Bierhoff in stato di grazia e Poggi ed Amoroso a fare i co protagonisti del tedesco in un tridente che molti invidiano alla compagine bianconera. Il 3-0 in casa della Sampdoria certifica la forza dell’Udinese che inizia a respirare aria di altissima classifica e l’8 marzo 1998 ospita la Juventus, nel frattempo nuova capolista del campionato, per tentare addirittura la scalata al primato. Zaccheroni predica calma, ma in molti sono convinti che la sua squadra possa tentare il miracolo riuscito al Verona nel 1985 con Osvaldo Bagnoli in panchina, un tecnico che per certi versi assomiglia all’allenatore dell’Udinese. Udinese-Juventus si presenta come gara complicatissima per la squadra di Lippi che fatica a giocare e si sente aggredita da un avversario che giusto un anno prima si era preso il lusso di sbancare il Delle Alpi di Torino con un clamoroso 3-0. Al minuto 76, poi, lo stadio Friuli esplode allorquando Bachini porta in vantaggio l’Udinese con una beffarda traiettoria che inganna tutti: 1-0, il sogno prende corpo; peccato che all’89’ una zampata di Alessandro Del Piero riporti tutto in parità senza però scalfire di una virgola le ambizioni di una squadra, quella di Zaccheroni, ormai convinta di poter contrastare chiunque in serie A. Le due successive vittorie contro Piacenza e Brescia, infatti, portano l’Udinese a giocarsi la sfida casalinga contro la Lazio al massimo della forma; ma in forma sono pure i romani che dopo un inizio stentanto stanno risalendo la classifica e puntano ad inserirsi nella lotta scudetto fra Juventus ed Inter. Udinese-Lazio sa di spareggio: chi vince resta aggrappato alle prime due, chi perde dice addio al sogno. Vince la Lazio, 2-0, ma paradossalmente sarà una vittoria di Pirro perchè da lì in poi i biancocelesti si spengono (specie dopo lo 0-1 nello scontro diretto dell’Olimpico contro la Juve) e i friulani tornano alla carica con ancora più voglia, nonostante il ko di Bologna della settimana successiva che apre una mini crisi in casa bianconera.

Niente di tutto questo, perchè l’Udinese ricarica le batterie e si prepara allo sprint finale: la vittoria per 2-0 sul Bari restituisce tranquillità al gruppo di Zaccheroni, la sconfitta di San Siro contro l’Inter era messa in preventivo già alla vigilia calcolando la posta in palio dei nerazzurri, ma i friulani sono inarrestabili nelle ultime quattro giornate: prima cade la Roma al Friuli 4-2 (altra doppietta di Bierhoff), poi l’Udinese vince 3-1 in casa del già retrocesso Napoli e il tedesco piazza altri due colpi, infine la vittoria che certifica il clamoroso terzo posto del gruppo di Zaccheroni, l’1-0 inflitto all’Atalanta con rete del difensore Calori al 95′, e la passerella finale di Vicenza con un 3-1 utile soprattutto a Bierhoff che con l’ennesima doppietta si laurea capocannoniere del campionato con 27 reti, meglio di Ronaldo che si ferma a 25, meglio di Batistuta e Roberto Baggio, meglio di tutti.

L’Udinese chiude il campionato al terzo posto con 64 punti, solo 10 in meno della Juventus campione d’Italia, solo 5 in meno dell’Inter di Simoni e Ronaldo, terzo miglior attacco del torneo alla pari dei nerazzurri e col re dei bomber, la dimostrazione che anche in una provincia tranquilla come Udine si possa fare calcio ad alti livelli, scovando potenziali campioni ed allevandoli in un’oasi serena come quella bianconera. Tutta Italia si accorge dell’Udinese: nell’estate del 1998 il Milan dà il benservito a Fabio Capello e regala alla corte di Berlusconi proprio Alberto Zaccheroni che in dote porta anche Bierhoff ed Helveg. L’ex trio udinese porterà i rossoneri alla conquista dello scudetto 1998-99 in cui la sapienza tattica di Zaccheroni, i cross di Helveg e i 19 gol di Bierhoff saranno decisivi per il titolo del Milan che in fondo diventa la perfetta chiusura del cerchio della magica annata dell’Udinese 1997-98, dando la sensazione a molti friulani di avere non pochi meriti nel tricolore milanista.

di Marco Milan

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