Amarcord: doppia retrocessione e doppia promozione, l’inusuale altalena del Lecce anni novanta

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Un sali-scendi rapido e continuo, momenti di euforia e altri di depressione che si alternano con inimmaginabile frequenza: strano ma vero, la metà degli anni novanta a Lecce ha racchiuso emozioni diametralmente opposte fra di loro in poco più di quattro anni, facendo conoscere ai tifosi giallorossi l’inferno e il paradiso del calcio in un particolare giro sulle montagne russe, unico nel suo genere.

E’ il giugno del 1993 quando il Lecce guidato da Bruno Bolchi festeggia il ritorno in serie A dopo due anni e al termine di una cavalcata favolosa pur con un organico che ai nastri di partenza non godeva dei favori del pronostico. La stagione 1993-94 si presenta complicata per un Lecce che, complice qualche problema di salute dello storico presidente Jurlano, non può spendere moltissimi soldi sul mercato e prova a rinforzare la squadra con qualche operazione mirata, qualche giovane di prospettiva e qualche calciatore maturo in cerca di rilancio dopo anni bui; in panchina non c’è più Bolchi, passato al Cesena in serie B, ma Nedo Sonetti, altra vecchia volpe, a cui viene affidato il difficile compito di salvare un Lecce che parte come peggio non potrebbe: nelle prime cinque giornate di campionato, infatti, i salentini collezionano altrettante sconfitte, dall’esordio casalingo col Milan del 31 agosto, passando per i ko contro Parma, Foggia, Sampdoria e Piacenza, tutte gare in cui la squadra di Sonetti non sfigura come gioco ed impegno, ma palesa limiti tecnici e caratteriali impressionanti. In Lecce-Foggia di mercoledì 8 settembre, i tifosi leccesi si accorgono delle enormi falle della società giallorossa in sede di calciomercato: il centravanti brasiliano Luis Carlos Toffoli, detto Gaucho, infatti, è una delle scommesse della dirigenza salentina, presentato alla stampa come attaccante da 400 gol in carriera e reduce dalla vittoria nel campionato carioca col glorioso Flamengo, Toffoli vaga per il campo senza incidere, anzi, nel momento decisivo incide al contrario; quando l’arbitro dell’incontro assegna un calcio di rigore al Lecce, il Gaucho si appropria del pallone, sicuro di fare gol: l’attaccante con la maglia numero 9 prende una rincorsa strana, lenta, fa un paio di finte e poi calcia in modo lento e prevedibile, il tiro è talmente centrale che Francesco Mancini, compianto portiere del Foggia di Zeman, fa in tempo a tornare a centroporta e bloccare quello che è a tutti gli effetti un passaggio. Il Foggia vincerà 2-0 e il Lecce resterà a zero punti, inchiodato all’ultimo posto della classifica, mentre Toffoli giocherà altri 4 spezzoni di partita prima di essere rispedito in Brasile, divenendo uno degli emblemi del bidone straniero sbarcato in Italia, ricordato con simpatia dai tifosi leccesi nonostante la disastrosa esperienza nel Salento. Luis Carlos Toffoli morirà poi nel marzo del 2016 a causa di un cancro alla prostata.

Il campionato 1993-94 del Lecce, intanto, prosegue come peggio non potrebbe: il primo punto arriva a sorpresa nel sesto turno con l’1-1 contro la Juventus di Trapattoni, mentre la prima vittoria giunge solo alla decima giornata, il 31 ottobre 1993 contro l’Atalanta ed è ad oggi una vittoria storica perchè grazie al 5-1 sui bergamaschi è il successo con maggior scarto della storia leccese in serie A. Una sola settimana e quella che poteva essere la svolta si trasforma nel capolinea per Nedo Sonetti, esonerato dopo il 2-1 rimediato a Cremona dalla sua squadra che dopo neanche tre mesi di serie A capisce che salvarsi sarà impossibile; il Lecce lotta e si impegna, ma i limiti sono evidenti. In panchina arriva Rino Marchesi, mentre la rosa viene rinforzata dagli acquisti dello sconosciuto centrocampista tedesco Gumprecht e dell’altrettanto ignoto attaccante ghanese Ayew; la squadra si regge su un buon portiere come Gatta, sul difensore centrale goleador Ceramicola che batte anche rigori e punizioni, e sull’esperto attaccante Baldieri, l’unico a metterla dentro ogni tanto. Ma non basta, il Lecce chiude il girone d’andata all’ultimo posto e con un solo successo all’attivo, la quasi certezza di non salvarsi nemmeno con un miracolo. Il girone di ritorno inizia col prestigioso 0-0 in casa del Milan di Capello che si sta avviando a vincere il terzo scudetto consecutivo, una partita in cui il Lecce sfiora addirittura la clamorosa vittoria se solo il ruvido mediano Gazzani aggiustasse la mira quasi al 90′ quando un suo colpo di testa da pochi passi finisce a lato. Ma è un fuoco di paglia, perchè Marchesi, tecnico ormai a fine carriera e con poche motivazioni, non riesce ad invertire una rotta ormai definita: il Lecce chiuderà il campionato con soli 11 punti e appena tre vittorie, due contro l’Atalanta e una contro l’Udinese. Una retrocessione annunciata ed arrivata mestamente, col pubblico più rassegnato che arrabbiato e con tracolli epocali come il 5-1 subìto in casa della Juventus, il 5-0 di Foggia e i 4-2 casalinghi patiti contro Cremonese e Reggiana.

A fine campionato, la dirigenza prova a riorganizzarsi e cambia moltissimo, a cominciare dalla panchina dove Marchesi si congeda per far posto a Luciano Spinosi. La squadra ha parecchi giovani in rosa, oltre a qualche vecchietto come Pasquale Bruno, come il confermato Baldieri o come il centravanti Bonaldi, ex cannoniere di Modena e Venezia, esperto della categoria cadetta. Il Lecce sa che tornare in serie A sarà difficile, ma neanche immagina a che tipo di campionato andrà incontro: nelle prime 13 giornate i giallorossi non vincono mai e perdono 6 volte, compreso il clamoroso 1-7 casalingo contro il Palermo il 23 ottobre. Al termine dell’11.ma giornata dopo il 3-1 incassato a Perugia, Spinosi viene licenziato e al suo posto arriva Reja con cui i giallorossi ottengono la prima vittoria in campionato grazie all’1-0 sull’Ascoli, una settimana dopo l’ottimo 0-0 ottenuto in casa della capolista Piacenza. Il nuovo allenatore sembra portare maggior vigore al Lecce, ma il ritrovato temperamento dei salentini dura poco: nelle succesive sei partite, infatti, i pugliesi rimediano quattro sconfitte contro Vicenza, Como, Pescara ed Acireale, mentre il successo sul Verona e il pareggio col Venezia non evitano a Reja l’esonero che viene certificato al termine di Acireale-Lecce 2-0 del 29 gennaio 1995: i salentini sono ultimi in classifica alla prima giornata del girone di ritorno e il distacco dalla zona salvezza è abissale, i tifosi sono inferociti con la società e con i calciatori, la caduta in serie C dopo vent’anni sembra inevitabile. Al posto di Reja viene chiamato Piero Lenzi, allenatore con brevi esperienze in serie B, testimonianza di una scelta atta a risparmiare qualche soldo assumendo un tecnico che con dignità sappia accompagnare la squadra ad un’onesta retrocessione, la seconda consecutiva. Il nuovo allenatore parte col piede sbagliato ed il Lecce incappa in cinque sconfitte di fila che tagliano definitivamente le gambe ad ogni residua speranza di salvezza; i pugliesi retrocedono alla fine del campionato 1994-95, chiuso all’ultimo posto e con altre sole due vittorie all’attivo. E’ la seconda caduta rovinosa in sole due stagioni, la situazione è complicata in una città calda ed appassionata come Lecce, ma come da proverbio, una volta toccato il fondo si può soltanto riemergere.

Alla presidenza del Lecce arriva Mario Moroni che promette al pubblico l’immediato ritorno fra i cadetti: “Il Lecce e la serie C non hanno nulla a che spartire fra di loro”, afferma Moroni nel giorno della presentazione del nuovo allenatore, Giampiero Ventura. La rosa viene rinforzata a dovere, in attacco soprattutto, dove il Lecce forma una coppia gol invidiabile composta da Francesco Palmieri e Cosimo Francioso, ma anche in difesa, a partire dall’esperto portiere Fabrizio Lorieri, arrivato dalla serie A dove ha giocato con Torino, Ascoli e Roma. L’esordio nel campionato di serie C1 1995-96, girone B, è a Nola e il Lecce non va oltre lo 0-0; qualcuno inizia a pensare all’ennesima stagione storta per i salentini, anche perchè nelle prime cinque giornate il Lecce perde due volte, una in casa della Juve Stabia ed una a Castel di Sangro. Ma, non appena Ventura registra la difesa e l’impostazione tattica della squadra, i giallorossi iniziano a volare: assunto il comando della classifica, infatti, i pugliesi innestano una marcia insostenibile per gli avversari ed iniziano a viaggiare ad un ritmo poderoso; il 5-1 di Chieti o il doppio 3-0 inflitto al Via Del Mare a Trapani e Savoia, sono la testimonianza che la risalita in serie B è alla portata di un Lecce che nel girone di ritorno amministrerà il vantaggio e festeggerà la matematica promozione domenica 19 maggio 1996 dopo l’1-1 casalingo contro l’Acireale in uno stadio tornato finalmente pieno e festante. I 21 gol di Cosimo Francioso e l’intesa con Palmieri (autore di 9 reti) rendono la compagine salentina la migliore del girone, Ventura è confermato in serie B così come il blocco di calciatori che hanno conquistato la promozione.

Serie B 1996-97: sin da subito si capisce che il Lecce, nonostante sia neopromosso, può giocarsi addirittura la serie A. I salentini partono a mille con 5 vittorie nelle prime 5 giornate: sotto i colpi dei giallorossi cadono Reggina, Padova, Foggia, Venezia ed Empoli, poi, dopo il ko in casa del Genoa, ecco altri due successi contro Chievo e Cremonese, il pareggio nel derby col Bari, e la gara che apre gli occhi a tutti sulle reali ambizioni e sulle potenzialità della formazione di Ventura: a Palermo, i giallorossi vanno sotto 2-0 e sembrano svagati, inconcludenti; nella ripresa, però, bastano pochi minuti per capovolgere tutto e vincere 3-2 una partita rocambolesca che sancisce la fuga dei salentini in testa alla classifica. Francioso e Palmieri segnano tanto anche in serie B e le due sconfitte ad inizio 1997 a Castel di Sangro e a Torino non scalfiscono le certezze di un gruppo che ora vuole fortemente la serie A e quel doppio salto di categoria che cancelli, almeno in parte, la doppia caduta degli anni precedenti. Dopo qualche tentennamento nella parte iniziale del girone di ritorno che regala al Brescia la vetta della classifica, il Lecce riprende la sua marcia, il 29 marzo 1997 alla 27.ma giornata, i pugliesi vincono 2-1 contro il fanalino di coda Cremonese e certificano una promozione resa matematica nell’ultimo turno stagionale. Il 15 giugno 1997, infatti, una marea giallorossa invade Cesena per la festa leccese, concretizzata dopo il 3-0 in Romagna che riporta il Lecce in serie A dopo tre anni di fallimenti; 63 punti, secondo posto in classifica, promozione da matricola, la squadra di Ventura è la grande rivelazione del torneo, il pubblico si riprende con gli interessi il doppio magone degli anni precedenti con le due retrocessioni riscattate da un altrettanto doppio rapido salto mortale al contrario. Francioso segna 15 reti, Palmieri 14, sono loro, assieme a Lorieri e al tecnico Ventura, i grandi protagonisti della promozione leccese.

Ma dalle montagne russe il Lecce non scende ancora: la serie A, infatti, dura solamente una stagione perchè il campionato 1997-98 è un nuovo tracollo per i giallorossi. Giampiero Ventura è passato al Cagliari in serie B dove otterrà un’altra promozione, Francioso è stato ceduto al Ravenna, il solo Palmieri in attacco non può salvare i giallorossi, guidati ora in panchina da Cesare Prandelli. Il Lecce parte malissimo e perde un’altra volta le prime 5 partite di campionato, staccandosi dallo zero alla sesta giornata grazie al clamoroso 2-1 a San Siro in casa del Milan, firmato dai gol dello jugoslavo Govedarica e dal rigore di Casale. Nelle successive tre giornate, poi, arrivano altri due successi, entrambi in casa e entrambi per 2-0, ottenuti contro Brescia e Napoli ed inframezzati dal pesante 5-0 incassato a Firenze. Saranno le ultime gioie fino a marzo, quando in panchina siede ormai Nedo Sonetti (tornato a Lecce dopo quasi quattro anni) dopo l’esonero di Prandelli ed il breve interregno di Perani; il Lecce vince 4-2 a Napoli dopo aver gagliardamente pareggiato il sentito derby di Bari, rimontando l’iniziale 2-2 dei biancorossi. Ma la retrocessione è inevitabile nonostante il guizzo d’orgoglio finale e i successi contro Vicenza e Lazio; penultimo posto in classifica e ritorno immediato in serie B. Insomma, a Lecce non ci si annoia mai, e il campionato 1998-99 diventa l’ultimo dell’altalena iniziata nel 1993: in panchina resta Sonetti, mentre Palmieri passa alla Sampdoria, il nuovo Lecce è una squadra pragmatica, retta dalla sapiente regia di Giuseppe Giannini e da un’organizzazione tattica eccellente; non c’è un bomber da 20 gol stagionali, c’è il tornante Casale che ne segnerà 9, l’attaccante svizzero Sesa che ne farà 7 così come il centravanti Margiotta. In porta il confermatissimo Fabrizio Lorieri, una garanzia di continuità, un leader carismatico che in pochi possono vantare nel campionato cadetto.

Il Lecce parte con due vittorie consecutive contro Reggina e Genoa, poi si ferma per un mese dove colleziona due sconfitte e due pareggi, prima di vincere 4 delle successive 6 gare tornando fra le prime della classifica. Pur senza incantare, i giallorossi stazionano regolarmente in zona promozione, anche se acciuffare il salto di categoria non è semplice, gli avversari sono numerosi ed agguerriti, il Lecce perde contro Treviso, Torino e Verona, ovvero tre delle rivali per la serie A, ma fa la voce grossa contro le piccole non steccando gare all’apparenza insidiose come quelle contro Reggiana, Lucchese e Ternana, vinte di misura ma utili a rinforzare la posizione di classifica degli uomini di Sonetti. A quattro giornate dalla fine del campionato, il Lecce pareggia in casa contro l’Atalanta respingendo l’assalto in classifica dei lombardi che proprio con quello 0-0 in Puglia diranno addio alle speranze di serie A, quindi arriva il successo per 2-1 a Ravenna, tre punti fondamentali per la promozione dei giallorossi che, dopo il brivido del ko casalingo contro il Pescara, altra diretta concorrente per la A, giungono alla partita decisiva a Verona contro il Chievo il 13 giugno 1999; il Bentegodi viene assalito ed invaso da oltre diecimila tifosi leccesi, accorsi in Veneto per raggiungere vittoria e serie A. Il Lecce esegue alla lettera il compito, vince 2-1 contro il demotivato avversario e riacciuffa quella serie A persa un anno prima. Per il settimo anno consecutivo i salentini chiudono la stagione con una promozione o con una retrocessione, un record assoluto, una girandola di emozioni per i sostenitori giallorossi, ormai abituati alle palpitazioni cardiache.

Le montagne russe finiscono qui: il Lecce resterà in serie A per tre campionati di fila grazie alla guida dell’emergente allenatore Alberto Cavasin, lasciando il ricordo di anni vissuti pericolosamente fra cadute cocenti e risalite entusiasmanti, un doppio crollo dalla A alla C ed un immediato ritorno con percorso al contrario, senza il tempo di capire cosa avesse funzionato e cosa no. Il Lecce di metà anni novanta, la squadra che forse meno di tutte ha annoiato in Italia, per buona pace degli appassionati leccesi, costretti a convivere con stati d’animo opposti la giostra schizofrenica della squadra giallorossa.

di Marco Milan

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