Amarcord: Anselmo Robbiati, una vita da gregario

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C’è il premio Panchina d’Oro in Italia, assegnato al miglior allenatore e votato da tutti i tecnici italiani ogni anno. Se esistesse anche il premio Panchinaro d’Oro, forse Anselmo Robbiati da Lecco ne avrebbe vinti 5 o 6 di seguito, giocandosi il successo con Daniele Massaro del Milan e, successivamente, con Alvaro Recoba dell’Inter. Una carriera, quella di Robbiati, ricca di talento ma anche di un posto da titolare mai avuto.

Anselmo Robbiati nasce a Lecco il 1 gennaio 1970 e calcisticamente cresce nelle giovanili del Monza con cui esordisce in serie C1 nella stagione 1987-88, a soli 17 anni mettendo in fila anche 10 presenze nell’anno che riporta i brianzoli in serie B con annessa vittoria nella Coppa Italia di categoria. Robbiati è confermato anche per la stagione successiva, è un attaccante rapido e talentuoso, tutto mancino, capace di sopperire ad un fisico non eccezionale con una tecnica sopraffina. Il Monza gioca in serie B sia il campionato 1988-89 che il successivo, poi retrocede in C1 dopo lo spareggio con il Messina, ma Robbiati si distingue crescendo lentamente all’ombra dei titolari, pur giocando pochino. E’ nella stagione 1990-91, quella del ritorno in C del Monza, che il talentuoso attaccante lombardo sboccia realizzando 3 reti in campionato e contribuendo ad un’altra vittoria biancorossa nella Coppa Italia di serie C. Ormai Robbiati è pronto per essere un simbolo e la stagione 1991-92 deve essere quella del rilancio per il Monza, quella della consacrazione per lui: la squadra brianzola vince il campionato e torna in serie B, Robbiati gioca 25 partite e segna anche 6 reti attirando su di sè le attenzioni di molte società, anche di serie A. E’ un attaccante che non passa inosservato, ha un talento purissimo in quel sinistro da cui fa scaturire conclusioni liftate e assist su punizione o su calcio d’angolo, manna dal cielo per gli attaccanti monzesi. Al termine del campionato 1992-93, concluso con la salvezza della squadra e 10 reti messe a segno da Robbiati, il Monza cede alle avances della Fiorentina che nel frattempo è scelleratamente retrocessa in serie B e vuole risalire immediatamente affidandosi anche a qualche giovane promessa per programmare un fulgido futuro una volta riconquistata la serie A.

La cavalcata della Fiorentina 1993-94 guidata da Claudio Ranieri è spaventosa, i viola dominano in lungo e in largo, lasciando solamente qualche punto per strada senza mai mettere in discussione una promozione annunciata e regolarmente conquistata. In attacco ci sono niente meno che Batistuta e Baiano, ma il piccolo Robbiati si fa largo nella prima linea viola mettendo insieme 31 apparizioni e 6 reti, un bottino di tutto rispetto per una riserva di 23 anni. Ancora non sa, il giovane Anselmo, che quel ruolo gli resterà appiccicato per tutta la carriera, senza un vero perchè. Nell’estate del 1994 la Fiorentina non cambia molto, a parte l’arrivo del difensore brasiliano Marcio Santos (che renderà meno delle aspettative) e del fantasista portoghese Manuel Rui Costa che diventerà uno degli idoli incontrastati della storia fiorentina. Robbiati parte in seconda fila, sa che dovrà sgomitare per trovare spazio fra i mostri sacri dell’attacco gigliato, eppure Ranieri ha fiducia nelle qualità di questo ragazzo che alla prima stagione in serie A colleziona 15 presenze senza segnare; un apprendistato per quel salto definitivo che Robbiati vuole compiere e che potrebbe arrivare nella stagione 1995-96, una delle più redditizie della storia recente della Fiorentina: la squadra è ben assemblata, Ranieri la guida sapientemente e i calciatori seguono il tecnico a memoria; i viola si attaccano al Milan capolista, Robbiati realizza la sua prima rete in serie A il 29 ottobre 1995 nel successo casalingo per 3-2 contro il Bari, quindi vive il suo momento di maggiore gloria subito prima di Natale, il 23 dicembre, quando all’Artemio Franchi c’è lo scontro diretto Fiorentina-Milan: i rossoneri di Capello vanno in vantaggio al 10′ con il liberiano Weah, ma solamente due minuti più tardi la Fiorentina pareggia proprio con Robbiati, titolare nella gara più importante dell’anno e abile e furbo a sfruttare un batti e ribatti nella difesa milanista. La gara terminerà 2-2, il Milan rimarrà in testa alla classifica, ma la Fiorentina non mollerà che in marzo, restando aggrappata a quel sogno scudetto che Robbiati contribuerà a mantenere vivo con 6 reti in campionato e quella prestazione di Roma del 7 gennaio 1996 durante Roma-Fiorentina: piove a dirotto nella capitale quel giorno, ma sulla Fiorentina grandina; la Roma è in vantaggio per 2-0, ha segnato due volte Balbo, il Milan sta travolgendo la Sampdoria 3-0 a San Siro, per i viola è notte fonda. All’improvviso però sale in cattedra Anselmo Robbiati che fra il 60′ e il 70′ rialza quasi da solo la Fiorentina: prima realizza la rete del 2-1, poi offre un perfetto assist a Batistuta che firma il 2-2 e la rimonta viola che mantiene accese le speranze della squadra toscana di uscire indenne dall’Olimpico. In molti iniziano a chiedersi come mai quel ragazzetto così estroso e decisivo quando entra in campo non sia titolare più spesso; Ranieri glissa, dice che Robbiati non regge novanta minuti interi ed è devastante quando entra a gara in corso, magari anche solo per uno scampolo di partita. Sarà, ma la sensazione generale è che l’ex attaccante del Monza meriterebbe più spazio, soprattutto perchè quando gioca, Robbiati è davvero decisivo e anche nella gara casalinga contro la Sampdoria acciuffa la rete del definitivo 2-2 con i viola ancora sotto per 2-0. La stagione sarà ottima per la Fiorentina che arriverà terza in campionato e vincerà la Coppa Italia nella doppia finale contro l’Atalanta, Robbiati festeggia così il suo primo trofeo in serie A, bissato con la vittoria dei gigliati nella Supercoppa Italiana in agosto strappata a San Siro al Milan.

Per la stagione 1996-97, la Fiorentina vuole migliorare il terzo posto dell’anno precedente, ripetersi in Coppa Italia e ben figurare in Coppa delle Coppe; Robbiati, invece, oltre agli obiettivi di squadra ha anche quello di ritagliarsi più spazio nella squadra viola, giocare più di quegli scampoli di partita che gli concede Ranieri. E’ la stagione migliore per il talento lecchese, nonostante la Fiorentina si classifichi solamente nona in campionato ed esca quasi subito dalla Coppa Italia per mano del Bologna dopo il primo turno superato col Cosenza grazie anche ad un gol di Robbiati che in serie A inizia a trovare quello spazio richiesto, anche se non si può considerare titolare fisso; alla prima rete in campionato siglata alla terza giornata nel 2-0 viola contro il Verona, ne fanno seguito altre 10, alcune delle quali determinanti: il 10 ottobre 1996, ad esempio, Robbiati giustizia ancora il Milan segnando il gol vittoria a cinque minuti dalla fine, ma soprattutto è decisivo il 23 febbraio 1997 al Franchi contro la capolista Juventus nella sfida più sentita dai tifosi viola: al 15′ Del Piero porta avanti la squadra di Lippi che pare amministrare agevolmente il vantaggio, ma nella ripresa Ranieri spedisce in campo Robbiati che proprio al 90′ ha il guizzo vincente per rimettere in parità la gara e far esplodere lo stadio coi sostenitori gigliati impazziti per la beffa rifilata agli odiati rivali juventini e innamorati di quel ragazzo che fa sempre il gregario senza lamentarsi mai, risultando pure importantissimo per le sorti della squadra di Ranieri. Ma Fiorentina-Juve non sarà l’unica perla di Robbiati in quell’anno, perchè solo due settimane più tardi a Firenze arriva il Bologna nel classico derby dell’Appennino: col risultato fermo sul 2-2 Robbiati a dieci minuti dal termine infila il gol della vittoria viola generando ancora il tripudio sugli spalti del Franchi. E non basta, perchè il 4 maggio a Perugia succede di tutto: al 90′ l’arbitro concede un rigore agli umbri che sono in piena lotta per la salvezza; Pizzi segna dal dischetto, ma solo un minuto dopo Robbiati segna ancora e rimette in parità la gara, un gol che peserà tantissimo nella retrocessione del Perugia in serie B. Ma non ci sono solo gli 11 gol in campionato, perchè Robbiati è decisivo anche in Europa nella Coppa delle Coppe che per la Fiorentina si interrompe in semifinale contro il Barcellona di Ronaldo; negli ottavi di finale, infatti, i viola giocano contro lo Sparta Praga vincendo in casa l’andata per 2-1. Nel ritorno in Repubblica Ceca, però, la gara si mette male per la squadra di Ranieri che va sotto 1-0 ed è virtualmente eliminata; ci penserà ancora Robbiati a togliere le castagne dal fuoco realizzando la rete dell’1-1 che vale la qualificazione dei toscani ai quarti di finale della competizione.

E’ l’uomo della provvidenza fiorentina, come Massaro nel Milan, per lui la stagione 1997-98 dovrà essere quella della consacrazione definitiva, invece da qui inizierà il suo declino. La Fiorentina cambia allenatore, arriva Alberto Malesani, ma il destino di Robbiati non cambia, anzi, il nuovo tecnico lo fa scavalcare nelle gerarchie anche da un altro talento mancino, Domenico Morfeo, prelevato dall’Atalanta. Per Robbiati lo spazio si riduce ancor di più, l’attaccante lombardo gioca solo 25 spezzoni di partita segnando 3 reti, nessuna delle quali decisive, ma andando ancora in gol contro la Juventus al Franchi, una rete fra le più belle della sua carriera, un sinistro a giro dal limite dell’area che giustizia ancora i bianconeri, messi ko 3-0 dai viola il 22 febbraio 1998, un anno dopo esatto l’altro gol di Robbiati ai torinesi. E’ ormai Morfeo l’arma in più della Fiorentina, l’uomo che parte dalla panchina, mentre Robbiati è l’ultima scelta in attacco, anche nella stagione 1998-99 quando Malesani è passato al Parma e a Firenze arriva Giovanni Trapattoni che in attacco fa giocare Rui Costa, Batistuta ed Edmundo, mentre in panchina scalpitano Carmine Esposito, Morfeo e Robbiati. La Fiorentina resta al comando della classifica per l’intero girone d’andata, i tifosi tornano a sognare lo scudetto, Robbiati fa la muffa in panchina anche dopo la cessione di Morfeo al Milan nel mese di gennaio. Chiuderà la stagione con una sola rete nel 2-2 di Perugia, ma risultando decisivo in Coppa Italia con la rete della vittoria viola contro l’Atalanta dopo la sconfitta dell’andata, un gol che permette alla Fiorentina di passare il turno in una competizione che vedrà la squadra gigliata arrivare fino alla finale poi persa contro il Parma dell’ex Malesani. Per Robbiati sarà l’ultima stagione a Firenze: stufo di fare panchina, stufo di essere considerato solamente la mossa della disperazione, l’attaccante lecchese accetta la corte del Napoli che è in serie B e vuole risalire in A dopo due anni; il tecnico è Walter Novellino, esperto di promozioni, che inizialmente fa giocare Robbiati, poi lo relega ancora una volta in panchina e lo fa entrare solamente a partita in corso, come a Firenze. La stagione del Napoli sarà eccitante con la promozione in serie A raggiunta brillantemente, quella di Robbiati sarà opaca con sole due reti realizzate, entrambe nella gara dei partenopei contro la Ternana.

La carriera di Anselmo Robbiati si chiude in pratica qui: nell’estate del 2000 il Napoli ha un unico grande obiettivo in sede di campagna acquisti: Francesco Moriero, ala dell’Inter. Per avere il tornante pugliese i campani fanno di tutto, alla fine ci riescono offrendo in cambio ai nerazzurri proprio Robbiati che torna in serie A convinto di essere protagonista in una grande come la compagine milanese. Non sarà così: l’ex fiorentino, infatti, non scende mai in campo con l’Inter, allenandosi solamente da agosto a gennaio del 2001, quindi passa in prestito al Perugia, sempre in serie A, dove riesce a realizzare anche 3 reti in 12 partite nella salvezza degli umbri. Tornato all’Inter viene nuovamente girato in prestito nel 2002 per tornare nell’amata Fiorentina; ma la seconda avventura in viola sarà uno strazio: la squadra gigliata è ultima in classifica, falcidiata da un tracollo economico che la porterà al fallimento in estate. A Firenze in quel maledetto campionato 2001-2002 tutto interessa fuorchè il campo, la retrocessione arriva mestamente, Robbiati non può far altro che apparire ogni tanto in campo in un’annata buia per lui e per i viola: 5 presenze, nulla da segnalare per un calciatore ormai sul viale del tramonto almeno per quanto riguarda la serie A.

Dal settembre del 2002 al giugno del 2008 Robbiati gioca con alterne fortune in serie B con l’Ancona dove colleziona appena 12 presenze nonostante la promozione in serie A dei marchigiani, quindi in C2 col Grosseto e col Monza dove ritorna dopo tanti anni sfiorando la promozione in C1 persa nella semifinale playoff contro la Valenzana, infine in serie D col Como e con i toscani del Figline Valdarno, formazione con la quale chiuderà la carriera e di cui diventerà prima viceallenatore e poi direttore sportivo dopo 20 anni di carriera sul campo, 30 reti in serie A e l’unico rimpianto di non aver mai trovato una squadra ed un allenatore in grado di dargli fiducia e mettergli la maglia da titolare sulle spalle. Una carriera contraddistinta dal talento e dalla poca continuità, dai gol belli e spesso determinanti, mai seguiti però dalla costanza di rendimento; una carriera a metà e una domanda che da sempre gli appassionati di calcio si pongono: Robbiati è stato discontinuo perchè giocava poco, o giocava poco perchè troppo discontinuo? Impossibile rispondere, forse anche inutile domandarselo, in fondo Anselmo Robbiati è piaciuto anche così, coi suoi ingressi a partita in corso e quelle gare capovolte dal suo talento. Per tutti, ancora oggi, quel piccolo attaccante simbolo della precarietà, è l’uomo della provvidenza viola, l’uomo dei gol decisivi partiti dalla panchina.

di Marco Milan

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