“L’orologio del cuore”, romanzo sulla persecuzione degli omosessuali

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S’intitola “L’orologio del cuore” il nuovo romanzo della scrittrice Sabrina Ferri che racconta l’omocausto, lo sterminio degli omosessuali nei lager nazisti

L’amore e le sue assurde logiche, l’odio, la follia e la malattia mentale, un patto di fratellanza e tre vite che si dipanano nel tempo scandito da “L’orologio del cuore”. È questo il titolo del secondo romanzo di Sabrina Ferri, giornalista e scrittrice romana, edito da 0111 Edizioni. Un libro che appare, già dalle prime righe, un crogiolo di sentimenti contrastanti che tocca tematiche poco conosciute e spesso avvolte in una coltre di nebbia, com’è nello stile di Ferri. A tre anni dal suo esordio, infatti, l’autrice è passata dal racconto di una storia sull’ anoressia e i disturbi alimentari a quello sull’omosessualità e la pedofilia, mantenendo  il suo linguaggio semplice e immediato nonostante la complessità del tema. Al centro de “L’orologio del cuore” c’è l’omocausto, lo sterminio degli omosessuali che, considerati una minaccia alla continuazione della “razza ariana” nella Germania del Terzo Reich, subirono deportazioni, umiliazioni, torture, sperimentazioni.

La trama ha inizio in Italia e dalla ricerca, da parte della giovane Sofia, di una storia da raccontare. La ragazza la trova lì, a due passi da sé, ed è quella di suo nonno Erich, capelli bianchi, un corpo stanco e un passato oscuro. La narrazione procede con Erich che torna indietro nello spazio, dalla Germania degli anni Trenta all’Italia dell’anno duemila, e nel tempo, dall’infanzia all’adolescenza fino all’età adulta, tre cicli vitali attorno a cui si addensano le duecentotrenta pagine che compongono il romanzo. Nel suo racconto però non è solo, cresce e diventa adulto assieme a Bruno, orfano con la passione per la danza, e Ada, la figlia di una prostituta, tre fratelli nati da un patto di sangue, uniti, innamorati, divisi, deboli.

Il romanzo è disegnato attorno a delle geometrie del destino, la sfericità dell’orologio, il triangolo rosa cucito sul petto degli omosessuali rinchiusi nei campi di concentramento, che si sovrappongono e creano fitte trame di relazioni. Forme d’amore e di odio, sentimenti agli antipodi condensati su ognuno dei personaggi che vive dilaniato da questo duplice conflitto, volti della follia umana che emergono, prevaricano, annaspano.

Pur non essendo un romanzo “storico”, come precisa l’autrice nelle sue note, condivide con la storia numerosi punti di contatto, dalla notte dei lunghi coltelli alle liste della Gestapo, dal tristemente noto paragrafo 175 del codice penale tedesco ai campi di concentramento di  Sachsenhausen e Ravensbrück, dagli esperimenti condotti dai medici delle SS all’eliminazione fisica degli omosessuali. Nel romanzo si possono rintracciare pezzi di storie vere come quella dell’uccisione di un ragazzo sbranato dai cani con un secchio in testa, derivata probabilmente dal drammatico racconto del francese Pierre Seel che assistette all’esecuzione del suo amante. Alcuni personaggi del romanzo sono chiaramente riconducibili a Hitler e Himmler, altri invece sembrerebbero più velati come nel caso dell’endocrinologo Vernaet che nel romanzo è Vaernet, un medico che cerca di curare l’omosessualità trattandola come una malattia.

Dal romanzo d’esordio “Con gli occhi di Emily” la scrittrice si conferma una valida indagatrice degli stati d’animo umani raccontati con un linguaggio semplice e un testo fluido, coinvolgente, corposo ma pronto per la trasposizione cinematografica con i suoi quarantasei capitoli, la durezza dei dialoghi, le atmosfere palpabili di violenza, morte, povertà, ma anche di speranza, vita, miracoli deposti in una lettera che scivola via nelle acque del Tevere, su una panchina di Villa Borghese, in un quartiere di Lubecca, nei cunicoli di una fogna della città, nei lager nazisti, in una libreria romana, sulla collina di St Gertrud.

(di Lucia Varasano)

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