Lettera d’odio e amore alla mia Bisceglie. Il partito della nazione e la palude della politica
Questa storia del partito della nazione in salsa biscegliese la voglio usare solo come pretesto per scrivere una lettera d’odio e amore alla mia città. A Bisceglie ho regalato dieci lunghi e ingenui anni di militanza politica e non posso star zitto.
Rumori dal Sud, la mia città Bisceglie sulle prime pagine della cronaca politica dei giornali nazionali. E un animale politico come me, uno che a Bisceglie ha regalato dieci lunghi e ingenui anni di militanza politica, gli anni della gioventù più sincera e disinteressata, non poteva star zitto.
I protagonisti di questa storia li conosco tutti più o meno personalmente: il sindaco di centrodestra con annessi sodali che tenta la scalata al Pd, i suoi ex alleati sempre di centrodestra oggi oppositori, una parte della sinistra che si oppone ma non troppo, i pochi oppositori veri più fuori che dentro il consiglio comunale, i transfughi dai banchi consiliari di minoranza a quelli di maggioranza e viceversa.
Ma questa storia del partito della nazione in salsa biscegliese la voglio usare solo come pretesto per scrivere una lettera d’odio e amore alla mia città; un pretesto, sì! Anche per provare a fornire una visione di questa vicenda meno contingente, macchiettistica e ipocrita di quella che ho intercettato sui media nazionali e locali.
Comincio con il dire che per Bisceglie provo oggi un sentimento simile a quello che Pippo Fava diceva di provare per la sua Catania: “quello che può avere un uomo che si è innamorato perdutamente di una puttana, e non può farci niente, è volgare, sporca, traditrice, si concede per denaro a chicchessia, è oscena, menzognera, volgare, prepotente, e però è anche ridente, allegra, violenta, conosce tutti i trucchi e i vizi dell’amore e glieli fa assaporare, poi scappa subito via con un altro; egli dovrebbe prenderla mille volte a calci in faccia, sputarle addosso “al diavolo, zoccola!”, ma il solo pensiero di abbandonarla gli riempie l’animo di oscurità”.
Di Bisceglie in questi giorni si è detto di tutto e in tutte le forme: ecco il laboratorio politico a livello locale del renzianissimo e opacissimo partito della nazione, Bisceglie per il Pd come la Quarto infiltrata dalla mafia per i 5 Stelle, Bisceglie ombelico del compromesso estremo fra moderati e progressisti, a Bisceglie ha attecchito il virus del renzismo.
Titoloni altisonanti, boutade divertenti o patetiche, analisi da dietrologia acuta o semplicistica. Tutto legittimo. Ma vogliamo davvero guardarla in faccia la realtà? Bisceglie è una puttana bellissima che da decenni si svende e si prostituisce, ma non è che uno dei tanti tristi emblemi di un’intera nazione. Potrebbe essere una splendida e rigogliosa ragazza, Bisceglie, prova ad esserlo ma raramente ci riesce.
Bisceglie in salsa spiniana (Francesco Spina è il sindaco della mia città) o nelle mille altre salse del passato è solo uno dei tanti esempi di una politica in perfetto stile italiano: la politica delle clientele, dei compromessi fra partiti e poteri forti, della commistione fra interessi pubblici e interessi privati. Bisceglie, oggi come ieri – e come centinaia di altri comuni ieri e oggi – è l’ emblema dell’Italia-Palude.
La palude che sta bene a certi italiani perché li rappresenta, li identifica, li accomuna: l’Italia dello scambio di favori perché una mano lava e aiuta l’altra, l’Italia del voto di scambio, l’Italia delle speculazioni edilizie, l’Italia dei concorsi su misura, l’Italia degli interessi privati eletti, nominati e tutelati nei consigli comunali provinciali regionali, nelle giunte municipali e ad altri livelli di governo, nelle municipalizzate e nelle partecipate di Stato, l’Italia degli appalti non trasparenti e delle terre e dei mari avvelenati, l’Italia della bellezza deturpata, dei giovani senza lavoro che se ne vanno dalla loro terra, l’Italia della pubblica amministrazione che non funziona perché la politica protegge e scorta dirigenti e funzionari incompetenti e inadempienti, l’Italia dei funzionari pubblici succubi della politica per debito di riconoscenza. L’Italia dei centri storici, dei quartieri e delle periferie abbandonati alle mafie o alla piccola criminalità e al degrado. L’Italia delle aziende sanitarie spolpate dai partiti e dai sindacati. Bisceglie è l’Italia e l’Italia è Bisceglie.
La mia lettera d’odio è rivolta a certa Italia e a certi biscegliesi. A quelli che galleggiano sempre e comunque, quelli che ben pensano e mal agiscono a scapito di un’intera comunità. In tutti i partiti, in tutte le associazioni congreghe e sodalizi, in tutti i settori della vita sociale ed economica. A Bisceglie e in tutto lo Stivale. E a loro i partiti della nazione – che vengano da destra o da sinistra – stanno bene perché sono l’occasione per continuare a perpetuare vantaggi e posti al sole di generazione in generazione. Di padre in figlio. Scrivo ai “giovani vecchi” della mia generazione che hanno ben imparato da certi padri e ne perpetuano il modo di vivere le città: famelicamente “mi spetta quel che sempre ottengo perché son figlio di Tizio e mio padre è grandissimo amico di Sempronio”. Scrivo ai giornalisti cani da compagnia della politica.
E poi c’è la lettera d’amore. Scrivo a quelli come me che hanno dovuto abbandonare Bisceglie – o mille altre città simili alla mia – via dalla propria terra per non dover supplicare il lavoro, bussando alle porte del politico forte di turno. Scrivo a quelli che sono rimasti e lottano ogni giorno, a quelli che hanno un lavoro sfruttato o mal pagato e comunque non si arrendono perchè non potrebbero mai fare a meno del profumo della salsedine del mare e dell’odore fragante del pane caldo e dei taralli che vien su dai forni. Scrivo ai miei genitori e ai tanti genitori che con dignità e onestà hanno provato e provano a vivere Bisceglie, l’Italia, accarezzandole e curandole. Ai genitori che soffrono per i figli lontani e campano le loro famiglie nonostante le difficoltà economiche. Scrivo agli imprenditori che investono sui giovani e promuovono con tanto sacrificio il territorio. Scrivo agli uomini e alle donne che fanno politica, nei partiti e nei movimenti più o meno organizzati, senza interessi particolari e non accettano il puzzo del compromesso solo per stare a galla.
Vi scrivo e dico: abbiamo due strade davanti; quella del silenzio rassegnato e dell’omertosa arrendevolezza; quella della denuncia e della sana indignazione. Torniamo ad indignarci in tutte le forme possibili, rifiutiamo il favore per ottenere il contributo o la prebenda, rifiutiamo la raccomandazione per ottenere un posto di lavoro, rifiutiamo contributi, elemosine, rifiutiamo di vendere la vita e la dignità in cambio del consenso elettorale alla solita palude.
Solo rifiutando la palude potremmo dirci davvero liberi. La libertà più profonda, quella urlata dal tranese Enrico Covelli in questi versi: “non mi vendo né ai governi né ai partiti… Ho bramato miserie persecuzioni e calunnie. Ho perso tutto, resto ciò che sono”.
Provo a restare ciò che sono anche io, in barba alle lusinghe di qualsiasi paludoso partito della nazione.
(di Vincenzo Arena)
Bravo Vincenzo.
La bellezza non è che uno degli elementi che completa un quadro complesso e considerandola elemento essenziale si rischia di vivere una vita superficiale sempre alla rincorsa del mantenimento della stessa con il rischio di apparire alla fine ridicoli.
La bellezza svanisce così come l’odore della salsedine e del pane caldo mentre resta la necessità di vivere a pieno la propria vita e di costruire un futuro per i propri figli !!!
Tutto il buono che esiste in questo meraviglioso paese è oscurato dalla completa mancanza di senso civico, dalla gente che parcheggia in doppia fila anche se c’è posto a 50m, dai proprietari di cani che non raccolgono le feci dei loro più cari amici, dal furbo che evade le tasse e ti chiama fesso perché tu invece non hai scelta e le devi pagare, per chi ti giudica per quello che hai e non per quello che sei.
Il cambiamento deve partire proprio da queste cose !!!