Amarcord. Eduard Streltsov, il talento russo oscurato dal regime sovietico

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Eduard StreltsovMolti talenti dello sport non sono sbocciati sino in fondo, spesso a causa di infortuni o difetti caratteriali non limati nel corso della carriera. La storia di Eduard Streltsov, invece, è assai più anomala, il talento offuscato da una dittatura politica e sociale che ha chiuso per sempre in un armadio, assieme a tanti scheletri, le gesta di un ragazzo che voleva solo giocare (e bene) a pallone.

Eduard Streltsov (Ėduard Strel’cov in lingua russa, Эдуард Анатольевич Стрельцов in cirillico) nasce a Mosca il 21 luglio del 1937 e sin da bambino mette in mostra doti calcistiche fuori dal comune: è un attaccante alto, dotato fisicamente e tecnicamente, potente. Inizia a giocare nella Torpedo Mosca (e non indosserà mai nessun’altra maglia) che è una piccola squadra della capitale sovietica che cerca di contrapporsi alle potentissime Spartak, Dinamo e CSKA. Pur giovanissimo, Streltsov gioca titolare e segna, così viene convocato anche dalla nazionale dell’Unione Sovietica che gli fa disputare i Giochi Olimpici di Melbourne del 1956 dove quasi da solo vince la semifinale contro la Bulgaria (battuta in rimonta nei tempi supplmentari per 2-1) ma non disputa la finale contro la Jugoslavia (vinta comunque 1-0 dall’URSS) in quanto il ct sceglie una coppia d’attacco formata da calciatori della stessa squadra. La carriera del giovane Streltsov, comunque, appare avviata verso il massimo splendore: segna a raffica nella Torpedo Mosca e in nazionale, nel 1957 arriva settimo nella classifica del Pallone d’Oro. Un anno dopo, però, rifiuta il trasferimento sia al CSKA Mosca (squadra legata all’Armata Rossa) che alla Dinamo (formazione del Kgb), perchè vuole rimanere a difendere i colori della piccola e non schierata Torpedo. Una scelta di cuore e di coraggio, tanto coraggio, che Streltsov pagherà però a caro prezzo. Nessuno conosce (e probabilmente conoscerà mai) scelte e macchinazioni del regime sovietico, anche se appare certo che il governo non abbia reagito bene al doppio rifiuto del giovane e sfrontato talento del pallone. Streltsov viene invitato ad una festa al Cremlino nel maggio del 1958, nella quale, qualcuno lo vede in compagnia di una giovane ragazza, Marina Lebedeva. Il giorno successivo alla festa, Streltsov viene arrestato con l’accusa di aver abusato sessualmente della donna e, chiuso nel carcere della Butirka, è sottoposto ad un serratissimo interrogatorio da parte del Kgb che, nel tentativo estremo di estrorcere una confessione al calciatore, gli promette con un bluff che se avesse ammesso la sua colpevolezza, il governo gli avrebbe permesso di partire con la nazionale sovietica per gli imminenti mondiali in Svezia. Streltsov ci casca, confessa la violenza ma viene condannato a 12 anni di prigionia da scontare in un Gulag lavorando in miniera. Degli iniziali 12 anni, il calciatore ne sconterà solamente 7, ma uscirà devastato da un’esperienza che lo segna interiormente e fisicamente. Tornerà a giocare nella Torpedo Mosca, ma con risultati inferiori, ovviamente, agli inizi folgoranti della sua carriera: 89 presenze e 48 reti fra il 1954 e il 1958, 133 presenze e 51 reti fra il 1965 e il 1970, ovvero dopo gli anni di prigionia. Non ha più il passo di un tempo, eppure grazie al suo ritorno, la Torpedo vince il suo secondo titolo sovietico e Streltsov è per due volte consecutive miglior calciatore del campionato (1967 e 1968). Lascia il calcio nel 1970 e in pochi nei successivi venti anni sanno qualcosa di lui; solamente il 20 luglio del 1990, un giorno prima del suo compleanno numero 53 e nel pieno della caduta del Comunismo, il nome di Eduard Streltsov torna a riecheggiare perchè l’ex talento sovietico muore di cancro, un tumore alla gola quasi sicuramente causato dagli anni in miniera. Nell’URSS che si sta sfaldando e che diventerà per un breve periodo C.S.I. (Comunità degli Stati Indipendenti) prima di lasciare il posto alla reale indipendenza di tutti i paesi ex sovietici, in molti ricordano quello che all’epoca era stato definito il George Best sovietico, il cui talento era stato abbattuto dal volere del governo, forse da Kruscev in persona che voleva dare un segnale a tutti gli aspiranti ribelli del regime.

La verità non si saprà mai, la Russia si divide ancora fra innocentisti (la maggior parte) e colpevolisti. Il rifiuto di giocare per Cska e Dinamo Mosca resta l’ipotesi più plausibile e Streltsov sembra essere stato incastrato e sacrificato sull’altare sovietico; qualcuno sostiene di aver visto proprio Marina Lebedeva, la presunta vittima del presunto stupro, piangere sulla tomba dell’ex calciatore a metà degli anni novanta, quasi in segno di pentimento, divorata dai sensi di colpa per aver rovinato una vita ed una carriera sportiva. Altri ancora sostengono che Streltsov fu accusato ingiustamente per vendetta da parte di Yekaterina Furtseva, unica donna nel 1958 a far parte del Politburo (gli uffici del regime comunista), la cui figlia, innamorata del giovane ed aitante calciatore della nazionale, fu rifiutata da Streltsov nel corso di quella famigerata festa: la Furtseva avrebbe chiesto a Streltsov: “Prenderesti in sposa mia figlia?”, Streltsov avrebbe risposto: “Sono già fidanzato, no grazie”, aggiungendo poi ad alcuni ospiti della serata: “Di certo non sposerei quella scimmia della figlia della Furtseva”. Qualcuno avrebbe riportato il commento alla donna che, indispettita, avrebbe innescato la trappola per vendicarsi del maleducato ed irrispettoso calciatore. Tante voci e tanti ipotesi attorno a quella maledetta serata di festa, ma un’unica certezza: il talento e la carriera di Eduard Streltsov si sono chiuse in una notte al Cremlino in cui un giovane ventenne pensava di essere entrato in un mondo lastricato d’oro e da cui uscì invece sotterrato da accuse forse ingiuste e dall’aria pesante e nociva dei terribili Gulag.

di Marco Milan

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