Formula 1: i voti della stagione 2014 targata Mercedes

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F1- Stagione targata Mercedes
F1- Stagione targata Mercedes

Si smontano i garage, si mettono in soffitta caschi e guanti, insomma il campionato di Formula 1 2014 è finito ed ha incoronato la Mercedes e Lewis Hamilton campioni del mondo. E’ stata la stagione del ritorno ai motori turbo (poco amati da tutti, addetti ai lavori e tifosi), del ritorno (purtroppo) del terrore mortale in pista dopo vent’anni, nonchè della lotta fratricida tra compagni di squadra. E allora vediamo nel dettaglio e con la consueta pagella chi ha meritato e chi ha deluso.

10: MERCEDES – E’ stato un trionfo quello della scuderia di Stoccarda. Il voto comprende la macchina campione del mondo costruttori (18 pole position su 19, 16 successi, 10 doppiette), ma anche il telaio che ha regalato gioie anche alla Williams, alla McLaren e alla Force India, ovviamente proporzionate al budget a disposizione. La Mercedes ha costruito una vettura pressochè perfetta, potente, semplice da guidare, imbattibile sul giro secco, forse leggermente inaffidabile dal punto di vista elettronico con qualche intoppo qua e là che ha appiedato alle volte Hamilton (soprattutto in prova) e alle volte Rosberg. 10 anche alla gestione di Toto Wolff e Niki Lauda quando Hamilton (voto 9 ad una stagione rabbiosa di uno dei più grandi fuoriclasse della storia della Formula 1) in estate ha iniziato ad infuriarsi per un mondiale che stava svanendo per causa, a suo dire, di un Rosberg troppo dispettoso; i capoccia della Mercedes hanno convocato i due piloti ed hanno chiarito come il bene della squadra fosse l’unico elemento a contare. Risultato? I due non si sono più dati fastidio, hanno combattuto e alla fine Rosberg (voto 7 ad un campionato da protagonista in cui, però, ha mollato al primo sussulto cattivo del compagno) si è pure complimentato con Hamilton per la vittoria. 701 punti totali per una squadra che nel 2015 partirà ancora in pole position.

9: DANIEL RICCIARDO – La più bella rivelazione dell’anno. L’australiano di origini sicule, chiamato a sostituire il suo arrugginito compaesano Webber alla Red Bull come compagno di squadra di Sebastian Vettel, ha sfoderato sorrisi e battute in pit lane, poi, una volta salito in macchina, ha fin da subito chiarito a tutti che non era lì per portare il casco a Vettel e, soprattutto, che aveva tutte le carte in regola per stare fra i grandi. Ricciardo è stato scaltro e sveglio a capire immediatamente come guidare una macchina inferiore a quella campione del mondo degli ultimi 4 anni, ma comunque discretamente competitiva nonostante il motore Renault non fosse neanche lontanamente paragonabile a quelli Mercedes. L’australiano ha stracciato puntualmente Vettel sia in qualifica che in gara, ha vinto 3 gran premi diventando l’unico a strappare successi alla mostruosa Mercedes. Ha conquistato tutti con la sua leggerezza fuori dalla pista e col suo talento irriverente ma mai folle in gara; sorpassi spettacolari con finte di andare da una parte ed avversario infilato dall’altra, consensi unanimi che hanno portato la scuderia austriaca a promuoverlo come prima guida del prossimo campionato lasciando Sebastian Vettel alla Ferrari dopo averlo allevato, coccolato e reso grande in 15 anni. Ha chiuso la stagione al terzo posto nella classifica piloti, se la Red Bull nel 2015 tornerà competitiva, Ricciardo potrà giocarsi tutte le sue carte per vincere il titolo.

8: VALTTERI BOTTAS – Lo scorso anno la Williams era incappata in una stagione pessima con risultati scadenti e l’allora esordiente finlandese non aveva mostrato particolari doti, anzi, sembrava un ragazzotto un po’ impacciato, in pista sbagliava parecchio, fuori dava l’idea di un giovane spaesato con la sua faccia rotonda ed il sorriso timido. Niente di più errato. Quest’anno, complice una Williams ritrovata grazie all’apporto del solido motore Mercedes, Bottas si è ritrovato ed ha fatto scoprire a tutti che la Finlandia non ha partorito per la Formula 1 due fuoriclasse (Hakkinen e Raikkonen) e due brocchi (Kovalainen e appunto Bottas) come si sussurrava nel 2013; altro che brocco, Bottas ha dato vita ad una stagione emozionante a cui sono mancate solo pole position e vittoria, traguardi quasi impossibili da raggiungere con i marziani della Mercedes lì davanti. E’ finito quarto nel mondiale, davanti a Vettel e Alonso, oltre che ad altri due campioni del mondo come Button e Raikkonen, nonchè al compagno di squadra Massa; 6 podi con due secondi posti (Inghilterra e Germania). Per il prossimo anno l’obiettivo è la prima pole e la prima vittoria, poi nel 2016, almeno stando a quanto si sussurra nel paddock, potrebbe sostituire il connazionale Raikkonen alla Ferrari accanto a Vettel. Talento e fame ci sono, attendiamo conferme.

7: BUTTON / MASSA – due vecchietti terribili alla riscossa. L’inglese ha fatto quel che ha potuto con l’ultima McLaren targata Mercedes prima della rivoluzione e dell’avvento dei propulsori Honda che promettono un ritorno immediato ai vertici. La macchina è partita a rilento, poi ha trovato la sua stabilità anche se mai è sembrata da prime posizioni; Button è stato però costante come in tutta la sua carriera. Difficile vederlo commettere errori, difficile vederlo incappare in un colpo di testa o in un contatto sporco. Molto meglio del compagno di squadra Magnussen, tanto che a fine stagione è logico chiedersi come mai il danese sarà confermato dalla McLaren al fianco del neo arrivato (e neo ritornato) Alonso, mentre Button sarà costretto a ripiegare su altri tipi di corse. Bravo, onesto e pacato, ora purtroppo ad un passo dalla pensione forzata. Massa, viceversa, ha riscattato gli ultimi anni deludenti alla Ferrari, approfittando di una Williams velocissima che lo ha portato in pole position in Austria (unico pilota a strappare lo scettro del sabato a Rosberg ed Hamilton) oltre che tre volte sul podio (Monza, Brasile ed Emirati Arabi). Certo, alla fine il confronto col compagno di squadra lo ha visto soccombere, ma questa è sempre stata la costante di Massa che non ha mai avuto nel carattere il suo punto di forza. Ma la stagione del brasiliano resta altamente positiva, ha dimostrato di avere ancora voglia e di non essere andato in Williams per passare in tranquillità gli ultimi anni prima del congedo dalle corse.

6: ALONSO / VETTEL – Hanno più volte lottato in gara ruota contro ruota, Ferrari e Red Bull che si sorpassano rabbiosamente. Già, ma peccato che siano state tutte battaglie per la quinta o sesta posizione, briciole per chi ha vinto sei mondiali in totale. Alonso ha acciuffato due miseri podi, per il resto ha fatto i soliti miracoli con un materiale tecnico a disposizione davvero poverissimo; ce l’ha messa tutta lo spagnolo per risollevare il fantasma della Ferrari, ma ha raccolto il minimo, alle volte anche meno, finchè negli ultimi due mesi (una volta presa la decisione di lasciare la scuderia italiana) ha tirato un po’ i remi in barca concentrandosi sul nuovo futuro alla McLaren. Ancor peggio, forse, è andata a Sebastian Vettel che, curiosamente, sostituirà proprio lo spagnolo alla guida della Ferrari (a proposito, auguri). L’inizio di stagione per il quattro volte campione del mondo è stato drammatico: la Red Bull non solo non era il missile perfetto guidato negli ultimi anni, ma era anche una vettura capricciosa con uno stile di guida diverso rispetto al passato anche a causa dei nuovi regolamenti e dei motori turbo; Vettel ha faticato a capire la gestione di una macchina tecnicamente diversa, poi è finito per diventare la seconda guida della squadra quando Ricciardo, che a capire la Red Bull ci ha messo invece meno di un battito di ciglia, si è preso la ribalta vincendo tre gran premi e portando quella che in teoria sarebbe dovuta essere la lattina di scorta, a diventare invece l’unica bevanda dissetante nel box austriaco. Vettel non ha vinto mai, al massimo ha conquistato un secondo posto (a Singapore), è apparso sfiduciato e scosso da una stagione che non si aspettava potesse prendere una piega così mesta. Alla fine si è sentito scaricato da chi lo aveva lanciato sin da quando era adolescente, ed ha preso così la via di Marinello, conscio dei rischi, convinto di farcela. I 4 titoli mondiali non lo hanno dunque nè imborghesito e nè saziato.

5: MAGNUSSEN – E’ giovane, ok. La McLaren non è stata competitiva, ok. Era all’esordio, ok. Ma la stagione del danese non può raggiungere la sufficienza a causa dei troppi errori, dei troppi colpi di testa (spesso immotivati), della troppa esuberanza. Sembra di rivedere il primo Grosjean che dava l’impressione di non aver capito la differenza fra autoscontro dei Luna Park e gran premi di Formula 1. Ciò che meno è piaciuto, poi, è stata l’assoluta indifferenza verso chi gli ha fatto notare il progredire di tanti errori, rispondendo loro: “Io guido così”. La McLaren lo confermerà anche per l’anno prossimo anno accanto ad Alonso e con tanti saluti al veterano Button, ma se Magnussen vorrà proseguire la sua avventura anche in futuro, dovrà cambiare stile di guida e stile di pensiero, perchè così, tanto in un campo quanto nell’altro, di strada ne farà poca. Il talento in questo sport non basta.

4: RAIKKONEN – Era tornato in Formula 1 per vincere un altro mondiale. Alla Lotus non era possibile perchè la vettura non era competitiva al 100%, alla Ferrari non è stato possibile perchè la vettura lo era ancora meno, ma ciò che stride fra l’avventura giallonera ed il ritorno in rosso sono state le differenze: in Lotus Raikkonen era tornato cattivo in pista e polemico in radio, in Ferrari è tornato demotivato in pista e lagnoso in radio e nelle interviste. “La macchina non va”, “Non capisco la macchina”. Ha ripetuto questi ritornelli per l’intera stagione, come un disco rotto, ma a parte un paio di lampi a Montecarlo e a Spa, il finlandese ha mostrato il peggio di sè in questa prima annata di ritorno alla Ferrari. Battuto costantemente sia nelle prove che in gara dal compagno di squadra, si è segnalato per le sue assenze dalle battaglie in pista, si è accontentato di vivacchiare, di trascinarsi stancamente a centro gruppo, allineandosi benissimo all’umore depresso del popolo ferrarista. Ora arriva Vettel, l’impressione è che la Ferrari migliorerà poco, ma di certo da Raikkonen ci si aspetterà un apporto maggiore, anche perchè, onestamente, fare peggio di quest’anno sarebbe un’impresa ancor più ardua di riportare la Ferrari alla vittoria.

3: FERRARI – La peggior stagione dal 1993 a questa parte per la scuderia più titolata in Formula 1. A novembre del 2013 si diceva: “Col ritorno ai motori turbo, Ferrari e Mercedes saranno favorite perchè saranno le uniche a costruire sia motore che telaio”. Risultato? La Mercedes ha creato un cannone, la Ferrari una carriola. La rossa è stata piatta: dal primo all’ultimo gran premio la solita solfa: pessima in qualifica, mediocre in gara; mai un sussulto, appena due podi, neanche una vittoria, con l’unico acuto di Alonso a Spa quando con un paio di giri in meno lo spagnolo avrebbe battuto Ricciardo in una gara, comunque, abbastanza anomala dopo il contatto fra Rosberg e Hamilton ed il ritiro dell’inglese. Ad un certo punto è stato silurato Domenicali per lasciar spazio a Mattiacci, poi si è congedato Montezemolo a cui è succeduto Marchionne con le sue frasi ad effetto, quindi ha salutato tutti Alonso, stufo di ammuffire in una scuderia lontana parente di quella che ha fatto la storia di questo sport, infine anche la testa di Mattiacci è stata sacrificata per far posto ad Arrivabene, ultimo anello di una catena che al momento non ha cambiato nulla nei risultati di una squadra in totale confusione. Ci vorrano anni (almeno 3) per costruire un mezzo che stia al passo delle Mercedes, ma il tempo sembra il male minore a Maranello: manca programmazione, competenza ed umiltà, perchè si continuano a sbandierare record e trionfi (ormai vecchi di dieci anni), si parla di brand (cioè marchio), ma a conti fatti anche la Force India spesso è stata più veloce della Ferrari. Arriva Vettel, quattro volte campione del mondo, ma non basta un titolo nobiliare per essere una grande famiglia.

2: LOTUS – Che i motori Mercedes fossero il nuovo che avanza e quelli Renault pronti per la rottamazione lo si sapeva, lo si intuiva e se n’è avuta presto la certezza, ma da qui a giustificare il disastro della Lotus ce ne corre. Una macchina lenta, inaffidabile, andata arrosto più di una volta. I poveri Grosjean e Maldonado costretti ad arrancare dietro tutti gli altri (Caterham e Marussia escluse) e senza mai riuscire a puntare a posizioni decenti. 10 punti totali (8 di Grosjean, 2 di Maldonado), qualifiche lente, gare inguardabili. Di questo 2014 resteranno le mortificate scuse via radio degli ingegneri ai piloti dopo le consuete prove del sabato andate pessimamente; comunicazioni spesso seguite da commenti irritati di Grosjean e Maldonado. Il prossimo anno arriveranno i motori Mercedes anche per la Lotus, ma obiettivamente servirà ben altro per tornare alla monoposto da podio ammirata nel 2012 e nel 2013.

1: DOPPIO PUNTEGGIO – La Formula 1 è alla canna del gas, le casse sono vuote, le idee scarseggiano. Bernie Ecclestone viaggia per le 85 primavere, quando prese il comando della Formula 1 trent’anni fa era un innovatore, con lui questo sport ritrovò vigore e spettacolo, oggi è ora che passi la mano perchè ha esaurito il suo immenso pozzo di risorse. La Formula 1 da anni regala circuiti orripilanti come quello cittadino di Valencia (per fortuna accantonato), come l’India (idem come sopra), come il Bahrein o come l’ultima meraviglia russa, per non parlare del prossimo capolavoro in Azerbaigian; così da qualche stagione il gran premio degli Emirati Arabi è diventato tappa fissa del mondiale, da due ne è l’epilogo. Lo scorso anno fu un gran premio inutile con Sebastian Vettel già campione del mondo da mesi, quest’anno i ricchi sceicchi non volevano incappare in un’analoga noia, così hanno forzato la mano con Ecclestone ottenendo che l’ultima gara assegnasse punteggi raddoppiati ed avere la quasi certezza che ad Abu Dhabi si decidesse il titolo. Per fortuna (ci scusi Rosberg) il mondiale l’ha vinto chi doveva vincerlo e il doppio punteggio non ha stravolto nulla, ma il rischio permane anche per il prossimo anno se non si porrà rimedio in tempo. La Formula 1 ha bisogno di nuova linfa, non di baracconate.

0: GESTIONE DELLE RESPONSABILITA’ NELL’INCIDENTE DI BIANCHI – Lo spettro della morte è tornato a fare il suo sinistro capolino nel mondo della Formula 1 vent’anni e mezzo dopo quel terrificante fine settimana di Imola quando persero la vita Roland Ratzenberger ed Ayrton Senna, e se la vide bruttissima pure Rubens Barrichello. A Suzuka, in Giappone, Jules Bianchi è finito fuori pista con la sua Marussia ed è andato ad infilarsi sotto una gru che stava rimuovendo la Sauber di Sutil, ko sotto l’acquazzone nipponico. La giuria di gara e la politica della Formula 1 ha cominciato a sbagliare in quel momento ed ha continuato nella spirale di pastrocchi e cadute di stile che non si sono placate nelle settimane successive allo schianto di Bianchi. La safety car doveva entrare subito dopo l’incidente di Sutil e l’accesso a bordo pista della fatidica ed incolpevole gru, soprattutto per le condizioni climatiche che andavano peggiorando istante dopo istante. Le probabilità che una macchina potesse incagliarsi proprio sotto quella gru erano ridottissime, ma non da escludere, tanto che alla fine è successo. Charlie Whiting ha sbagliato, doveva scusarsi (magari anche dimettersi) perchè un ragazzo di 25 anni stava morendo a causa della dabbenaggine della direzione gara di cui lui è il responsabile. E se Ponzio Pilato si lavò le mani davanti alla scelta fra Gesù e Barabba, Whiting è riuscito a fare ancora peggio: ha scaricato le responsabilità dell’incidente a Jules Bianchi che, in coma e con la vita appesa ad un filo in un letto di ospedale, non poteva e non può rispondere. Per Charlie Whiting, Bianchi andava troppo forte e se non fosse andato così veloce, l’urto non avrebbe avuto conseguenze così tragiche. Bianchi forse non ha rispettato i limiti di velocità in regime di bandiera gialla, ma onestamente addossargli la colpa di un sinistro in cui è stata messa in gioco la sua stessa vita, appare francamente troppo, specie se il fine è scrollare di dosso dalla giacca della Formula 1 ogni tipo di responsabilità. La storia di Jules Bianchi è triste, il ragazzo non è più in coma ma è sempre inscosciente e il ritorno ad una vita normale sarà un percorso lungo, ed in questa storia si è iniziato a sbagliare a pochi km dal termine del gran premio di Suzuka e non si è più finito.

Appuntamento a tutti gli appassionati di Formula 1 al prossimo marzo.

(di Marco Milan) 

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