Pil di nuovo in flessione. Pesano le sanzioni Ue contro la Russia

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Sanzioni Ue contribuiscono al calo dell'export
Sanzioni Ue contribuiscono al calo dell’export

È dal 2011 che l’Italia non cresce più e i dati Istat di novembre certificano la prosecuzione di un triennio di crisi profonda. Il Pil 2014 è stimato per ora in flessione dello 0,3 percento ma il dato potrebbe peggiorare nell’ultimo trimestre alla luce di una congiuntura economica che appare negativa per tutta l’area euro. Il Bel Paese è di nuovo in recessione tecnica.

L’Istituto di statistica sostiene che il calo congiunturale è la sintesi di una crescita dei servizi cui si accompagna però una netta diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e dell’industria, aggravati dal calo della domanda interna. La novità positiva, che dovrà essere confermata dai dati Istat di inizio dicembre, è il ritorno alla crescita dell’export netto – sofferente negli ultimi mesi. “È un fattore che contribuisce all’uscita dalla recessione. L’indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro ha influito solo a settembre e nei prossimi mesi dovrebbe favorire maggiormente il rilancio delle esportazioni” commenta Stefania Tomasini, economista di Prometeia. Eppure l’export non riesce a trainare né la produzione né il fatturato dell’industria italiana che per questo continua a dare segnali negativi. Per gli ordinativi totali, si registra una flessione congiunturale di oltre un punto e mezzo percentuale con diminuzioni sia sul mercato estero sia su quello interno. La flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica.

In molti fanno notare quanto, in tal senso, stia pesando l’embargo imposto alla Russia per la crisi ucraina. Sanzioni che, tra marzo e luglio, sono state inasprite sia negli Stati Uniti sia in Europa. L’Ue ha diretto la sua azione verso il settore bancario, petrolifero e militare, varando sia misure individuali contro esponenti politici e vietando l’accesso al suo mercato dei capitali ad alcune banche di Mosca sia misure collettive che proibiscono l’import/export di beni militari e l’esportazione di tecnologia destinata al settore petrolifero russo. Misure cui Putin ha reagito sospendendo per un anno l’importazione di prodotti agricoli e alimentari dai paesi che hanno deliberato sanzioni nei suoi confronti. I primi effetti negativi sono noti fin da agosto quando l’Agenzia per il Commercio Estero (Ice) ha stimato in circa 100 milioni di euro la possibile perdita delle nostre esportazioni nel 2014 dalle sanzioni della Russia e 250 milioni nel 2015. Il Presidente, Riccardo Monti, spiegava in una nota come la decisione del Governo russo avrebbe potuto determinare un calo del 25% circa del nostro export in Russia. Previsioni poi confermate anche da Sace, il gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit che, in caso di escalation delle violenze in Ucraina – e quindi di ulteriore inasprimento delle sanzioni – calcolava per il biennio 2014-2015 una perdita totale pari a 2,4 miliardi.

Ancor più accurata l’analisi della Coldiretti sugli effetti dell’embargo nel “mercato dei prodotti alimentari Made in Italy in Russia” presentato al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio. Crollano del 63 per cento in un mese le esportazioni di prodotti agricoli in Russia nel primo bilancio dell’embargo scattato dal 7 agosto con il divieto all’ingresso di una lista di prodotti agroalimentari che comprende frutta e verdura, formaggi, carne e salumi e pesce. Complessivamente – sottolinea la Coldiretti – si è verificato un calo delle esportazioni di tutti i prodotti Made in Italy del 16,4 per cento con un taglio di 33 milioni di euro che riguarda tutti i principali settori, dall’agricoltura al tessile agli apparecchi elettrici. Le tensioni politiche hanno avuto riflessi anche sugli scambi di prodotti non colpiti direttamente dall’embargo ma particolarmente significativi per l’Italia che, dopo la Germania, è il maggiore partner commerciale russo nella UE.

Ma la relazione economica tra Italia e Russia non si ferma alle sole esportazioni. Al verificarsi di un’eventuale guerra commerciale, il nostro Paese perderebbe sia sugli investimenti russi in Italia (le imprese russe hanno quadruplicato la propria presenza in Italia nel periodo 2005-2011), sia nel settore turistico ove nel 2013 gli introiti provenienti dalle relazioni con la Russia sono state pari a 1,3 miliardi. La imprese italiane sarebbero inoltre esposte da altri fattori di rischio quali atti di ritorsione verso gli operatori esteri (ad esempio espropri), provenienti da paesi particolarmente esposti nell’attuale contrasto politico. Già nelle ultime settimane è emersa notizia di una proposta di legge in discussione presso la Duma che prevede per le corti russe di autorizzare confische di attività straniere in territorio russo. Senza dimenticare le possibili restrizioni alla conversione e al trasferimento di valuta.

Si giustifica così la posizione molto cauta presa dal primo Consiglio Ue degli Affari Esteri dell’epoca Mogherini- che si è tenuto qualche giorno fa a Bruxelles. I capi delle diplomazie dei 28 avrebbero deciso per un allungamento della lista delle misure restrittive contro i separatisti dell’Ucraina orientale ma nessuna sanzione economica contro la Russia e i suoi oligarchi. Lo scetticismo dell’ex ministra degli Esteri italiana rispetto alle sanzioni, d’altronde, è noto da tempo. “Aggiungere nuove sanzioni contro la Russia a quelle già in vigore non aiuterà a porre fine alla crisi in Ucraina orientale ed è necessario rilanciare un dialogo con Mosca”. Convitato di pietra le relazioni commerciali tanto necessarie da prendere in considerazione non solo per l’Italia ma per tutti i paesi dell’eurozona.

di Emiliana De Santis

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