Amarcord. La breve ma intensa avventura del Cesena in Coppa Uefa

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Cesena Calcio 1976-1977
Cesena Calcio 1976-1977

Cesena. Il cuore della riviera romagnola, calda meta per antonomasia delle vacanze estive di tanti italiani e turisti stranieri, patria della piadina, ma anche di un tifo appassionato per il calcio e per la locale squadra con la maglia bianconera. Il Cesena ha sempre rappresentato quella sana provincia che lotta e si barcamena per salire in serie A ed evitare la successiva retrocessione in B. Eppure c’è stato un momento, una stagione, un breve passo di autunno nel pieno degli anni ’70 in cui a Cesena si è respirata aria d’Europa, profumo da grande.

Nel 1973 arriva la prima promozione in serie A della storia cesenate grazie alla sapiente guida in panchina di Gigi Radice, ma è col burbero  tecnico Marchioro che il Cesena sfiora prima la finale di Coppa Italia e poi, al termine del campionato 75-76, ottiene uno strabiliante quanto meritato sesto posto che vale una storica qualificazione alla Coppa Uefa oltre all’appellativo di “Piccolo Brasile” per il gioco frizzante e propositivo mostrato dalla squadra di Marchioro. Un piazzamento, il sesto posto appunto, peraltro ottenuto grazie alla miglior differenza reti nei confronti degli acerrimi rivali del Bologna che da sempre consideravano i cuginetti romagnoli come i parenti poveri, i piccoli fiammiferai da guardare dall’alto di sette scudetti, della perenne permanenza in serie A e del mondo che tutto tremava quando passava l’armata rossoblu.

E’ un Cesena rinnovato quello che si accinge ad affrontare la stagione 76-77: in panchina non c’è più Pippo Marchioro (passato al Milan) ma Giulio Corsini, ex allenatore di Atalanta e Lazio; il capitano è storico, Giampiero Ceccarelli, in porta c’è il leggendario Lamberto Boranga (che ancora oggi bazzica i campi di calcio semiprofessionistici) in difesa c’è Oddi, dalla cintola in su ecco i compianti Rognoni e Frustalupi (quanta classe per l’ex laziale) oltre a De Ponti e Macchi. Il Cesena è forte fisicamente e in più gioca bene, muscoli e talento, verrebbe da dire, in più tutta Italia non vede l’ora di assistere e gustarsi la prima avventura europea di una squadra che rappresenta una città non capoluogo di provincia; i tifosi cesenati, poi, sono pronti alla prima trasferta estera della loro storia. L‘urna dell’Uefa è però assai poco benevola coi bianconeri: la pallina estratta, infatti, è di quelle pesantissime, i tedeschi dell’Est del Magdeburgo, oggi relegato nelle melme della serie C teutonica, allora una delle squadre più temute d’Europa, capace nel 1974 di strappare al Milan una Coppa delle Coppe vinta grazie ad un 2-0 in finale sui rossoneri. L‘ostacolo è tosto per il Cesena che vola in Germania per l’andata del primo turno di Uefa ed oltrepassa il muro di Berlino in treno e in un viaggio tortuoso fra duri sedili di legno e continue soste del convoglio in prossimità delle città della Germania orientale. Allo stadio Ernst Grube di Magdeburgo c’è un’atmosfera particolare quel 15 settembre 1976: i tifosi biancoblu della squadra tedesca cantano, si agitano, bevono litri di birra e guardano un po’ incuriositi quei festanti sostenitori italiani di quel Cesena che avevano sentito nominare solo come ipotetica meta turistica durante le vacanze, un po’ come se la Roma giocasse oggi in Europa contro la squadra di Ibiza.

I sostenitori cesenati sono quasi mille, fremono, gli sembra un sogno poter star lì in Coppa Uefa. Ma i sogni, si sa, durano assai poco: il Magdeburgo suona tre rintocchi uno più forte dell’altro, il Cesena è disorientato, la non esperienza è un prezzo troppo alto che i romagnoli pagano fino all’ultimo centesimo: il Magdeburgo passeggia, vince 3-0 e si prende anche il lusso di finire la partita in superiorità numerica a causa dell’espulsione di Giancarlo Oddi, uno degli uomini più navigati della compagine col simbolo del cavalluccio marino. A fine gara i calciatori del Cesena applaudono chi li ha seguiti dalla Romagna alla Germania dell’Est, a chi ha sacrificato ore di lavoro e denaro per sobbarcarsi una trasferta lunga e dispendiosa. C’è ancora la partita di ritorno da giocare, è vero, ma la rimonta ha tutta l’aria del miracolo irrealizzabile, della missione impossibile che nemmeno Tom Cruise (che peraltro all’epoca aveva appena finito le medie) sarebbe in grado di compiere. La gara di ritorno arriva il 29 settembre, il vecchio e glorioso stadio La Fiorita (antenato dell’attuale Manuzzi) è stracolmo, perchè rimonta o non rimonta, quella è un’occasione storica che resterà sempre impressa nella memoria degli appassionati bianconeri. Fra di loro c’è chi ci crede e chi no, di sicuro ci credono i calciatori che entrano in campo col turbo, mentre il Magdeburgo si sente già qualificato al turno successivo e forse prende la sfida troppo sottogamba. Il Cesena va in vantaggio alla mezz’ora con Mariani che di prepotenza scarica in rete la palla dell’1-0 e fa esplodere l’entusiasmo dello stadio; la qualificazione è ancora lontana, ma ora a Cesena ci credono tutti ed il Magdeburgo non fa in tempo a capire cosa stia accadendo che il baffuto centrocampista Pepe fa 2-0 ad inizio ripresa. Ora manca solo un gol ai supplementari, il Cesena è ad un passo dal ribaltone, dall’impresa impensabile; i tedeschi sembrano un pugile alle corde che sta per crollare, ma all’improvviso scrollano la testa e tentano di rimettersi in sesto e di riorganizzarsi, forti del 3-0 dell’andata, sicuri della loro forza e di quel non morire mai che da sempre contraddistingue il calcio di Germania. Il Cesena ci prova in tutti i modi, poi commette l’unico ma fatale errore di una partita pressochè perfetta: la difesa pasticcia, fra lisci e mancanza di prontezza, la palla non viene liberata dall’area di rigore di Boranga e il numero 10 del Magdeburgo, il forte attaccante Jurgen Sparwasser, ne approfitta e appoggia in rete il 2-1 che vale tre quarti di qualificazione. Cala il gelo allo stadio La Fiorita, ora il sogno è infranto davvero e dopo l’illusione di potercela fare; eppure il Cesena non molla: non passano neanche cinque minuti che Macchi firma il 3-1 che riaccende una piccola fiammella di speranza nei cuori bianconeri. Ma il risultato non cambierà più, al triplice fischio dell’arbitro le braccia dei giocatori in maglia blu sono levate al cielo, il Magdeburgo è qualificato, ma gli applausi vanno tutti ad un Cesena mai domo, spavaldo, sprezzante della difficoltà dell’ostacolo da superare, incurante dello 0-3 incamerato all’andata.

Il Cesena non è mai più tornato in Europa, anzi, dopo la retrocessione del maggio 1991 ci ha messo 19 anni per tornare in serie A dopo aver girovagato nelle dantesche bolge infernali della serie B e della serie C. Quella stagione 76-77, cominciata col sogno europeo, terminò con una poco ammirevole retrocessione in B condita da tre cambi di allenatore e da una squadra persa e distratta. Eppure quel 1976-77 sarà sempre quello della Coppa Uefa, a Cesena fra una piadina ed un sorso di Sangiovese, ci sarà sempre spazio per un occhio lucido ricordando il Magdeburgo (che oggi quasi non esiste più e di certo non mette paura a nessuno) e quel liscio difensivo che forse ha interrotto una storia destinata a continuare.

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