Amarcord. Quando Bologna conobbe l’inferno della Serie C e la paura di non tornare grandi

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Passione della curva del Bologna
Passione della curva del Bologna

Il 26 maggio del 1991, ultima giornata di campionato, il Bologna giocò a Napoli una partita malinconica tanto per i felsinei quanto per i partenopei padroni di casa: il Bologna lasciava la serie A al termine di un’annata disastrosa, chiusa all’ultimo posto e con un mucchio di record negativi sul groppone; il Napoli, che solo dodici mesi prima festeggiava sul prato del San Paolo il secondo scudetto della sua storia, mandava in archivio un campionato sottotono con la fine dell’era Maradona e l’esclusione dalle coppe europee a beneficio di Parma e Torino, due neopromosse. I tifosi del Bologna andarono in vacanza con la speranza di riaffacciarsi in serie A un anno più tardi; aspetteranno la bellezza di un lustro per vedere riaperto il sipario dei grandi palcoscenici.

Nella stagione 91-92 gli emiliani si collocano al tredicesimo posto e rimandano i sogni di gloria alla stagione successiva che si rivelerà invece drammatica: nel maggio del 1993, infatti, complice un cambio di proprietà e idee confuse su mercato ed allenatori, Bologna si ritrova nel tremendo baratro della serie C e col serio rischio di un crac finanziario. Il presidente Gnudi deve far fronte a oltre 30 miliardi di passivo in bilancio e non sa come risanare le casse. Alla fine, quasi in extremis, giunge l’angelo che salva la patria bolognese e che sarà artefice di un Bologna solido e dignitoso: Giuseppe Gazzoni Frascara. Il nuovo presidente ha il carisma giusto e le idee chiare, l’obiettivo è uno e uno solo: tornare subito in serie B, perché, lo dice candidamente, il Bologna in serie C è una bestemmia. Eppure a Bologna di blasfemie continueranno a sentirne e a vederne per un po’. Il primo anno in C1, il 93-94, si rivela più complicato del previsto: l’esordio a Massa è deludente e il Bologna non va oltre lo 0-0. Alla seconda giornata, in uno stadio Dall’Ara quasi commovente per passione ed amore, i felsinei guidati in panchina da Alberto Zaccheroni (poi sostituito da Edy Reja), battono per 2-0 il Palazzolo che a fine stagione arriverà ultimo in classifica. Ma non è un bel Bologna, tanto che solo sette giorni più tardi la squadra rossoblu viene bastonata in casa della Pro Sesto. La stagione sarà altalenante, i mugugni del pubblico, invece, costanti e rumorosi. La gente, già offesa dalla categoria, non lascia passare neanche un passaggio sbagliato, neanche un tiro sbilenco.

Il campionato lo vincerà il Chievo Verona che festeggerà così la sua prima promozione in serie B; il Bologna si accontenta del quarto posto, utile in ogni caso a raggiungere i playoff, istituiti proprio in quella stagione. Insieme agli emiliani, disputano gli spareggi anche Mantova, Spal e Como. La classifica regalerà così due derby: quello emiliano fra Bologna e Spal, quello lombardo fra Como e Mantova. Il Bologna, nonostante il quarto posto, è la grande favorita degli spareggi, per organico e blasone. Non sarà così. L’andata al Dall’Ara è devastante per i felsinei: la Spal corre, lotta, suda, ha gli occhi della tigre; il Bologna, viceversa, appare annoiato, è attendista, quasi sapesse che andrà in finale per diritto divino. Gli dei, al contrario, hanno altro a cui pensare e la Spal sbanca Bologna 2-0 e al ritorno ai bolognesi servirà un miracolo che, puntualmente e anche giustamente, non arriva: il Bologna vince 1-0 a Ferrara, ma non basta e in finale ci vanno i biancoazzurri, poi sconfitti dal Como.

Per Bologna è un risveglio terrificante, o forse è la prosecuzione di un incubo. Già, un altro anno in serie C, le tifoserie rivali (Cesena su tutte) che ridono di gusto alla lettura del girone A della C1 94-95 che mette di fronte al Bologna il minuscolo Crevalcore, squadra dell’omonimo paesello dell’entroterra bolognese  e neopromosso in terza serie che giocherà le sue gare casalinghe proprio al Dall’Ara a causa delle ridottissime ed inadeguate dimensioni del suo impianto. Il Bologna, la squadra che un tempo tutto il mondo faceva tremare e che a settembre del 1994 fa tremare solo le coronarie dei suoi poveri tifosi, innamorati ma ormai sfiduciati.

E invece stavolta Gazzoni azzecca tutto: l’allenatore, tanto per cominciare è Renzo Ulivieri che nelle ultime stagioni ha riportato in B il Vicenza, altra nobile decaduta. Poi la squadra: il capitano Marco De Marchi, centrale difensivo ed ex Juve e Roma in serie A, quindi le chiavi del centrocampo affidate al metronomo Andrea Bergamo ed al talentuoso Cristiano Doni, centrocampista col vizio del gol; infine l’attacco, retto da Luca Cecconi (volpone delle aree di rigore della serie C) e da Giorgio Bresciani, esperto e umile nel mettersi a servizio della causa bolognese dopo un illustre passato in A. Nonostante due pareggi nelle prime due partite (contro Palazzolo e Massese), il Bologna darà vita ad un campionato da record che smorzerà e annichilirà qualsiasi tentativo degli avversari di star dietro ai rossoblu attaccando una prima posizione che il Bologna non lascerà mai. 81 punti, 24 vittorie ed una sola sconfitta, l’11 dicembre 1994 a Prato. Quella squadra, sapientemente costruita dal presidente Gazzoni e dal direttore sportivo Oriali, riuscirà, con pochi e mirati innesti, a stupire e a dominare anche l’anno successivo in serie B dove gli uomini di Ulivieri chiuderanno ancora al primo posto, regalando agli ex tifosi depressi il salto dalla serie C alla serie A in soli 2 anni.

Alle disgrazie del Bologna attuale, di nuovo caduto in serie B dopo un paio di salvezze in serie A raggiunte per il rotto della cuffia e senza la giusta programmazione, sta tentando di rimediare una nuova società, americana, capitanata dall’avvocato italoamericano Joe Tacopina che ha assunto i gradi di presidente con l’intento di riportare Bologna e il Bologna dove meritano di stare, per onorare quei 7 scudetti cuciti sulla gloriosa maglia rossoblu. Che la stagione attualmente in scena sia la riedizione della favolosa cavalcata dalla C1 alla B del 1995? Corsi e ricorsi storici, dieci anni esatti dopo, forse, Bologna sta per scrivere un’altra pagina di storia. Sono autorizzati scongiuri.

(di Marco Milan) 

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