Senza nessuna pietà, verso la rilettura del cinema di genere

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50257Senza nessuna pietà, in concorso nella sezione orizzonti della 71esima mostra del cinema di Venezia è l’opera prima dell’attore-regista romano Michele Alhaique realizzata grazie alla collaborazione produttiva di Pierfrancesco Favino.

La trama del film ruota intorno alle attività di una banda di criminali romani. Tra questi si distingue Mimmo (interpretato magistralmente da Favino) per l’ostinazione con cui decide di proteggere Tanya, che fa la escort.

Nel film sono rispettate tutte le convezioni tematiche e stilistiche del gangster movie con spiccate influenze noir. Mimmo assume, così, il ruolo di giustiziere che decide di sfidare i “cattivi” per conquistare l’oggetto del desiderio ossia la donna. È la donna, la femme fatale (che in questo caso assume le sembianze di una Lolita piuttosto smaliziata) ad innescare il plot portando la precipitazione degli eventi. Tuttavia, dietro il desiderio – mai, né ossessivo o carnale – che spinge Mimmo all’azione si cela un forte e necessario sentimento di riscatto esplicitato nella recitazione taciturna e sottomessa di Favino.
Come in ogni buon noir che si rispetti, la città, rigorosamente notturna, diventa il luogo ideale per le scorribande, per i regolamenti di conto e per la fuga del protagonista.
La periferia romana che mostra Alhaique con i suoi stradoni, i suoi caseggiati e discoteche, riflette le paure e le angosce dei protagonisti che si aggirano chiusi in costose automobili come a proteggersi dal fatale destino che li attende. 
L’elemento principale che accomuna Mimmo e Tanya è il reciproco bisogno di affetto e di protezione da un mondo che da tempo è sfuggito al loro controllo. Tanya, abbandonata dalla famiglia e con la quale ha solo brevi colloqui telefonici, è costretta a vendere il suo corpo; mentre Mimmo è costretto a riscuotere crediti per conto dello zio malavitoso ed a sottostare ai capricci del suo arrogante cugino. Ed è proprio per un capriccio sessuale di quest’ultimo, che Mimmo incontra, o meglio si scontra con Tanya con l’ordine di sorvegliarla per ventiquattro ore e riportarla la sera dopo per un festino. Le cose non vanno come dovrebbero andare. Mimmo decide di non lasciare la ragazza nelle grinfie del cugino e tenta il tutto e per tutto per salvarla e per redimersi moralmente.

Nonostante la trama sia abbastanza scontata e l’analogia con un universo stereotipato di personaggi criminali italiani è molto forte, l’opera prima di questo giovane regista presenta una ricerca estetica superiore alla media della produzione nazionale. Il lavoro di Michele Alhaique si colloca in quel calderone di “nuovi registi” italiani – da Matteo Garrone, a Alex Infascelli fino a Daniele Vicari – che hanno scelto di usare il genere, in questo caso il noir, per affermare una personale idea di cinema e una raffinata cifra stilistica. Da menzionare infine la scelta dell’ottimo cast. Oltre a Favino sono presenti Greta Sarcano che interpreta Tanya, Claudio Gioè nel ruolo del criminale sballato e Renato Marchetti nei panni dello zio criminale.

(di Annalisa Gambino)

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