Volare a qualsiasi costo

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di Pierfrancesco Demilito

C’è una provincia del Mezzogiorno in cui il tasso di disoccupazione giovanile supera il 30%, che nella classifica del Sole 24 Ore sulla qualità della vita si è piazzata al 104° posto (su 107),in cui il tasso di dispersione scolastica supera il 12% e dove da tempo si vive una seria emergenza ambientale. Nel capoluogo di questa provincia ci si ammala di tumore il 30% in più rispetto ai comuni vicini. In questo territorio, lo scorso anno, le richieste di cassa integrazione in deroga sono aumentate, rispetto all’anno precedente, dell’859% e una famiglia ogni 300 è sotto sfratto (quasi tutte per morosità). Nonostante nel solo capoluogo vivano circa 200mila persone gli svaghi scarseggiano, basti pensare che in città sono presenti solo 6 cinema (monosala) e non c’è un teatro comunale. Molti di voi avranno capito qual è la provincia a cui mi sto riferendo, ma per tutti gli altri è giunto il momento di interrompere la suspense: la provincia così mal messa è quella di Taranto.

E così, se nella Palermo di Johnny Stecchino il problema era il traffico, in questa Taranto il problema è l’assenza dell’aeroporto. O meglio, il fatto che l’Arlotta di Grottaglie, vicinissimo al capoluogo, non sia aperto al traffico passeggeri. Poco conta se a Taranto negli ultimi anni si sta procedendo ad una sistematica cancellazione di treni, poco conta se l’autostrada si ferma a 30 chilometri dalla città, a Taranto vogliono volare! Su Facebook è attivo un gruppo che chiede insistentemente l’apertura dell’aeroporto e che conta oltre 2000 mi piace, una raccolta firme nata sempre sul social network ha raccolto oltre 6000 adesioni e nel territorio è attivo anche un movimento: il MAT (Movimento Aeroporto Taranto).

In verità, la passione per gli aeroporti non è esclusiva dei tarantini, anzi, è largamente diffusa nel Paese e così in tutto lo stivale possiamo contare ben 48 aeroporti. Ma a che prezzo?

Uno studio del 2009 commissionato dall’Enac al consorzio di esperti One Works-Nomisma-KPMGrestare tenta di rispondere a questa domanda. Per restare sullo Ionio, possiamo citare lo scalo di Crotone che nel biennio 2009/2010 ha perso 6,6 milioni di euro. Da e per l’aeroporto di Alghero vola circa un milione e mezzo di passeggeri all’anno, ma nonostante questo dato importante l’azienda che gestisce lo scalo ha chiuso il bilancio 2009 con un passivo di oltre 12 milioni. Le cose, spiace per i tarantini, non vanno meglio in Puglia: lo scalo di Bari ha perso, nel 2013, il 5,1% dei passeggeri rispetto all’anno precedente, quello di Brindisi ne ha perso il 5,6%. Ma chi paga tutte queste perdite? Noi, tutti i contribuenti italiani. Lo Stato, ogni anno, per mantenere aperti questi aeroporti spende 60 milioni. Mica bruscolini. Vogliamo davvero aprire un terzo scalo in Puglia?

Appare evidente che le priorità di Taranto siano altre, ma tanti altri comuni italiani non se la passano meglio e le amministrazioni locali, da nord a sud, sono quotidianamente costrette a “stringere la cinghia”. Una riorganizzazione degli scali italiani farebbe risparmiare non poco, risparmi che poi potrebbero essere girati ai comuni. Dunque serve chiudere aeroporti e non certo aprirne altri. In quest’ottica rientra il Piano nazionale degli aeroporti presentato solo qualche giorno fa dal ministro Lupi. L’intenzione dell’esponente del Nuovo Centro Destra è quella di arrivare ad avere solo 11 aeroporti strategici e 26 aeroporti di interesse nazionale. In quest’ultimo elenco è stato inserito proprio l’Arlotta di Grottaglie, notizia che ha fatto ben sperare gli attivisti tarantini. Ma il documento del ministro parla chiaro: sono di interesse nazionale quegli scali che “siano in grado di esercitare un ruolo ben definito all’interno del bacino, con una sostanziale specializzazione dello scalo e una riconoscibile vocazione dello stesso, funzionale al sistema aeroportuale di bacino che il Piano vuole incentivare (es. aeroporto focalizzato sul traffico leasure, aeroporto prevalentemente destinato al traffico merci, city airport, ecc.)”. E lo scalo di Taranto, con buona probabilità, interessa più per l’importanza che riveste per il vicino stabilimento Alenia (in cui si producono le fusoliere per i Boeing) che per le potenzialità come scalo passeggeri.

Personalmente, avrei preferito che quei tarantini che hanno impiegato tempo e fatica nella battaglia per l’Aeroporto di Taranto si fossero spesi sul tema ambientale, quella sì una vera piaga per la città. Ma se per loro è davvero impossibile, se l’irrefrenabile passione per gli aerei non permette loro di disinteressarsi di questa vicenda mi permetto, umilmente, di offrire un mio consiglio. Si battano per avere un efficiente servizio di navette che colleghi Taranto con i due scali pugliesi, una proposta più facilmente raggiungibile e maggiormente sostenibile sul piano economico. In fondo, l’aeroporto di Brindisi dista dal capoluogo jonico solo 70 km. Ci sono quartieri di Roma a 50 km dall’aeroporto di Fiumicino.

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2 thoughts on “Volare a qualsiasi costo

  1. Non si tratta solo di passione per gli aerei si tratta di cercar di vivere con pari opportunita in un paese civile se così lo si può chiamare all’ora di oggi, intanto sul piano ambientale mi permetta se vuole le possiamo fornire un dossier su tutto ciò che le steese persone e non solo fanno e continuano a fare per la questione ambientale, noi le energie le spendiamo per la ricerca della legalità, le associazioni hanno fatto il loro per evidenziare qualcuno o qualcosa che non fa il proprio dovere. La distribuzione delle autorizzazioni in Puglia dovrebbero essere gestita con la fornitura dei servizi in maniera equa e non inficiata a Taranto. Ogni comune poi dovrebbe gestire le proprie cose senza entrare e cercare di togliere ad altri quello che in maniera naturale si può sviluppare senza invidie varie é il mercato che deve decidere, l’arte e la cultura non é acqua ma si può ceramente come visibilità sviluppare a carattere internazionale se non ci fossero tali tentativi di tafferugli interregionali come i capponi dei promessi sposi solo che questi ultimi si combattevano pronti ad una stessa fine, noi soli di Taranto non faremo la fine dei capponi, fin quando avremo voce diremo ridiremo e diremo ancora a gran voce le nostre ragioni, non ci accontentieremo, ma esigiamo il rispetto che ci hanno tolto da vari lati e ci riconquisteremo ciò che ci spettà ed anche in più considerando tutto quello che ha dovuto subire la nostra cittadina in merito alla perdita di vite umane, in merito alla vivibilità ed all’immagine di una città che era ed é ancora una delle città piu antiche storiche, artistiche del panorama internazionale. Qui si é svolta una strage tutti gli anni e nessuno lo mette in evidenza, continuiamo a pagare sul 730 piccole percentuali di vecchi disastri ma Taranto che continua ad essere determinante per il Pil nazionale non viene per niente ne ripagata ne assistita e ne si vede uno spiraglio di previsione delle volontà istituzionali sul futuro di questa città che deve tornare a rifiorire, qui a Taranto se si rispettano le regole si può tornare a star bene e bisogna richiamare l’attenzione di tutto il popolo italiano. Noi nella storia siamo stati un popolo ricco all’epoca e generoso anche di recente nonostante le difficoltà, così dovremmo tornare ad essere, ci vuole la conoscenza dei fatti e con moltà umiltà dico proprio ai media di informarsi bene e di chiamarci se ci fosse qualcosa noon chiara o con poche informazioni

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