Gli stagisti. Falsa narrazione di una storia vera

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di Emiliana De Santis

Una grande pubblicità, il sogno americano che si avvera e, sullo sfondo, il classico romanzo di formazione in cui tutti i protagonisti hanno la meglio sulle avversità. Questo è Gli Stagisti semplice divertente storia di ordinaria follia che non lascia il segno e perde l’occasione di trattare con il tono della buona ironia un tema serio come quello del lavoro.

La pellicola, diretta da Shawn Levy, scritta e co-prodotta da Vincent Vaughn, cerca di entrare in uno degli universi più ambiti del momento, quello del colosso tecnologico Google. E lo fa fisicamente ossia portando i protagonisti nella sede-parco giochi di Palo Alto in California, dove le ciambelle sono gratis, si gira in bici e si scende da un piano all’altro con lo scivolo e dove Billy (Vincent Vaughn) e Nick (Owen Wilson) trovano il riscatto e l’amore. Dopo aver perso il lavoro come rappresentanti di orologi a causa di una chiusura improvvisa della loro azienda, i due quarantenni decidono infatti di dare una svolta alle loro vite afflitte da relazioni finite, problemi col fisco e una perenne sindrome di Peter Pan. La svolta arriva con un esilarante colloquio Skype con cui Billy e Nick sconvolgono così tanto i canoni attesi da meritarsi una internship in California. Inizia li il nuovo percorso, fatto di gare tra squadre di ventenni stagisti, bulli & pupe, partite di Quidditch e cacce al tesoro 2.0. Un percorso che ci si sarebbe aspettati da due adolescenti appena usciti dal college come il più classico degli high school film. La comicità viene invece totalmente ribaltata: l’ilarità non è più frutto di un contesto in cui non ci si riconosce ma di due personaggi sbagliati in un ambiente più che giusto.

Inutile nascondere la natura di grande spot per Google: la pellicola è girata dentro la casa madre, ne espone i valori e ne mostra la quotidianità, mettendo costantemente in risalto la giovane età dei manager, la bagarre di suoni e colori, la qualità di una vita che ogni dipendente sogna di avere. Gli sketch rappresentano la verità e ci fanno capire il perché Google sia il principale desiderata tra i luoghi di lavoro. Troppo, forse in maniera davvero troppo marcata. La strana coppia Vaughn-Wilson garantisce piacevoli 90 minuti ma nessun guizzo, tradendo le aspettative suscitate dal precedente Due single a nozze.  In questo film l’ironia è frutto di un continuo scambio di battute che serve a mettere in risalto quanto Billy e Nick siano inadeguati alle circostanze piuttosto che evidenziare quanto le circostanze stesse possano a volte risultare paradossali. Bene i co-protagonisti Stuart, Yo-yo, Neha e Lyle, tipici universitari americani che scambiano una caricatura con la loro personalità. C’è il nerd asociale, l’asiatico soggiogato dalla madre, la bella inconsapevole ragazza che si finge donna navigata e l’impacciato googler mago della rete ma timido con le ragazze.

Gli Stagisti è anzi molto onesto nel mostrare come tutto il film ruoti intorno ad un grande product placement tipico del mercato hollywoodiano: nulla, se non una breve conversazione dettata più dallo sconforto che dalla ragione, si dice sulla condizione lavorativa attuale, sul ruolo degli stagisti nelle aziende e man che mai sulla grave crisi del mercato occupazionale. Il premio, alla fine, va infatti alla capacità di team building e alla originalità di approccio del problem solving piuttosto che alle autentiche capacità. Banale, scontato, pur sempre divertente e forse anche veritiero nel momento in cui racconta quanto la contemporanea generazione di 18-20enni sia avulsa dal contesto, focalizzata al successo, estraniata dalla realtà e tecnologicamente dipendente.

Nel finale un cammeo di Sergey Brin, uno dei fondatori del motore di ricerca, che i protagonisti salutano soddisfatti dopo aver ottenuto il contratto: marketing costoso, probabilmente sprecato ma tanto utile a far sognare chi deve affrontare tutti i giorni le grandi difficoltà di uno stage malpagato, insoddisfacente e senza prospettive.

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