BRASILE. Atletico Paranaense-Vasco da Gama: violenza e follia coi mondiali sullo sfondo

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Una domenica di calcio si trasforma in un pomeriggio del terrore. Siamo tristemente abituati ad usare queste parole parlando di calcio italiano, ma questa volta il teatro delle botte da orbi col tavolo calcistico apparecchiato è stato il Brasile, la patria del calcio bailado, della spensieratezza palla al piede e, soprattutto, dei prossimi campionati del mondo.

Joinville, città brasiliana dello stato di Santa Caterina: si gioca Atletico Paranaense-Vasco da Gama, una partita valida per l’ultima giornata di campionato, ed è una partita importante per tutte e due le squadre: per l’Atletico che lotta per qualificarsi alla Copa Libertadores (la Coppa dei Campioni sudamericana) e per il Vasco da Gama che rischia la retrocessione in serie B, un’onta per il glorioso club di Rio de Janeiro; e si gioca pure in campo neutro perchè lo stadio di Curitiba, sede dell’Atletico Paranaense, è sotto squalifica. La gara calcistica è durata appena 17 minuti, poi ha lasciato spazio a quella dei pugni e dei calci, innescata anche a causa della mancata divisione delle due tifoserie, assiepate insieme sugli spalti ed a forte rischio collisione, da parte delle forze dell’ordine. L’Atletico è avanti 1-0, improvvisamente inziano gli scontri, una gazzarra terrificante: tifosi a terra, abbattuti, calpestati e su cui indegni individui continuavano ad infierire selvaggiamente quasi si trattasse di sacchi della spazzatura (che in ogni caso sarebbe opportuno non prendere a pedate). L’arbitro sospende ovviamente la partita, in campo calciatori, allenatori e dirigenti restano col naso rivolto per aria, sperando di non guardare davvero ciò che i loro occhi stanno vedendo. La scena diventata tristemente emblematica di questo assurdo pomeriggio è quella del povero ragazzo pieno di sangue e vestito della sola biancheria intima, soccorso in barella, legato come un salame, suturato alla meglio e con le mani giunte sull’addome, come a voler mimare un drammatico epilogo che per fortuna non c’è stato. Dopo più di un’ora si è anche ripreso a giocare, ma in un clima spettrale e con i “tifosi” che al di fuori dello stadio continuavano a darsene di santa ragione.

Questa la cronaca, i fatti, ma viene anche il tempo delle riflessioni, dei giudizi. Tanto per cominciare, in vista dei mondiali che a giugno apriranno i battenti, la sicurezza brasiliana fa acqua: lo stadio mezzo crollato qualche giorno fa a San Paolo, l’impianto che ospiterà la gara inaugurale del torneo fra i padroni di casa e la Croazia, ed ora gli incidenti di Joinville. Coincidenze forse, di sicuro gli organi competenti hanno dormicchiato in entrambi i casi, specie nei tafferugli di domenica che, se non evitati, potevano certamente essere contenuti con una rappresentanza più massiccia di cordoni polizieschi all’interno dello stadio. Sicurezza intesa anche come soccorsi: non può passare, nel 2014 poi, l’immagine del cartellone pubblicitario usato come passerella di fortuna per agevolare il transito dei soccorritori e trasportare i feriti dalle tribune. Va poi analizzata la reazione dei dirigenti delle due squadre, più preoccupati di capire se, come e quando riprendere la partita, piuttosto che rendersi conto della rissa che sugli spalti stava provocando feriti gravi: Antonio Lopes, dirigente dell’Atletico, si batteva per riprendere al più presto dato che esistevano tutte le condizioni per proseguire la festosa giornata di sport; più sale in zucca ha dimostrato Roberto Dinamite, presidente del Vasco da Gama e che, a differenza del suo cognome, ha provato a disinnescare la miccia dichiarando: “Qui non si sta rispettando quanto di più importante ci sia, ovvero la vita umana. Non mi interessa restare in serie A o finire in serie B, qua ci sono in ballo delle vite”.

In conclusione, il Brasile da sempre affronta la vita con allegria e con quel pizzico di fatalismo che li rende gioviali, quasi menefreghisti di fronte ad eventi negativi. Tutto giusto e tutto bello, ma quando chi deve organizzare organizza con superficialità, mettendo a repentaglio la vita della gente, il carattere leggero e tipico dei brasiliani non c’entra più e, anzi, non deve essere neanche preso come scusante o come parziale alibi. Il prossimo campionato del mondo farà sbarcare in Brasile 31 tifoserie di 31 nazionalità diverse, più i brasiliani stessi che saranno la maggior parte del pubblico presente negli stadi e nelle strade: occorrerà più severità, miglior organizzazione ed una miglior lungimiranza per prevedere i problemi che potrebbero verificarsi ed anticiparne lo svolgimento, perchè prevenire è meglio che curare, e non solo nella salute dei denti.

Infine va detto che prorpio ventiquattr’ore prima della sfida insanguinata, le tifoserie organizzate si erano riunite per firmare un trattato di pace negli stadi e salvaguardare l’incolumità degli spettatori. Un impegno preso immediatamente alla lettera, non c’è che dire.

Marco Milan

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