Confronto Pd, un nuovo vocabolario per la sinistra: addio alla sezione, arriva l’applausometro

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di Fabio Grandinetti

X-Factor Arena, fact checking, applausometro. Con il secondo confronto tv tra candidati per le primarie – del centrosinistra prima e del Pd poi – queste parole entrano di diritto nel vocabolario del militante di sinistra del terzo millennio. Non solo ne entrano a far parte, ma spingono fuori altri vocaboli, come tessera, sezione o congresso, considerati al giorno d’oggi fuori moda se non addirittura ambigui e compromettenti. Una prima osservazione da registrare dopo il faccia a faccia televisivo tra Cuperlo, Renzi e Civati di venerdì scorso è questa: una rottamazione nella sinistra, almeno per ciò che concerne il linguaggio, è già in atto.

Il centrosinistra italiano riceve in eredità dal ventennio berlusconiano, oltre che la quasi totale distruzione politica di un’intera generazione di dirigenti, un complesso di inferiorità che produce profonde trasformazioni nel modo di comunicare e nelle procedure di selezione della propria classe dirigente. Il leader popolare fa vincere, il partito forte fa perdere. La battuta con i tempi giusti prende voti, l’approfondimento politico li fa perdere. Sembrano essere questi i nuovi diktat.

I tre sfidanti, pur rappresentando le anime più distanti del partito, hanno affrontato i temi del confronto in maniera piuttosto simile, veicolando l’immagine di un Pd tutto sommato unito ed omogeneo. Con le dovute differenze: Cuperlo ha insistito sul welfare, Renzi sulla trasparenza, Civati non ha lesinato affondi sul governo. A fare la differenza è lo stile, l’ironia, il sarcasmo – in certi casi non certo frutto dell’improvvisazione – la spigliatezza davanti le telecamere, la capacità di strappare applausi e urla da pubblico di reality. In questo senso, ha avuto una sorprendente affermazione Pippo Civati, secondo molti il vero vincitore del confronto, se non altro per il fatto di aver insidiato Renzi nell’applausometro.

Non deve essere stato evidentemente il berlusconismo a condizionare le risposte dei candidati alla “discutibile” domanda su stipendio e proprietà intestate: in questo caso, preoccupati dall’antipolitica grillina più che ispirati dal fascino del successo berlusconiano, i tre hanno fatto a gara a chi vive peggio. Una automobile in condivisione con la moglie e un mutuo trentennale per Renzi, una macchina rotta in campagna elettorale e una casa in affitto per Civati, una Mercedes Classe A del ’98 e una casa in affitto da oltre vent’anni per Cuperlo. Altro che casta.

Un po’ di puzza di vecchio si è sentita quando lo stesso Cuperlo, probabilmente consigliato da chi come Bersani cadde sulla stessa domanda, ha inserito nel suo pantheon di sinistra Enrico Berlinguer. Uno che – come ha dichiarato Sergio Staino – nell’X-Factor Pd «non sarebbe stato candidato neanche a un consiglio comunale».

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