Grillo sconfessa i suoi, il consenso viene prima di tutto

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di Fabio Grandinetti

«Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». L’art. 67 della nostra Costituzione che sancisce il divieto di mandato imperativo vale per tutti, ma non per gli eletti portavoce del M5S. A differenza della quasi totalità dei colleghi delle assemblee elettive nei sistemi di democrazia rappresentativa, sulla schiena dei cittadini eletti grava il vincolo del blog e la minaccia di scomunica pubblica da parte dei propri leader di movimento. Lungi dall’essere burattini di partito, i parlamentari pentastellati sono liberi di urlare, offendere, salire sui tetti delle Camere, scrivere cartelli, ma non di pensare e proporre. Lo sanno bene i senatori Buccarella e Cioffi, firmatari del discusso emendamento sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina, sconfessati da Grillo e Casaleggio attraverso i post “Reato di clandestinità” e “Qualche precisazione sul metodo M5S”. Cosa precisano i capi? «Non siamo d’accordo sia nel metodo che nel merito».

Nel metodo perché nel movimento chiamato a destare un Paese divorato dall’immobilismo dei partiti tradizionali, l’iter legislativo deve essere il seguente: «L’eletto portavoce ha come compito l’attuazione del Programma del M5S. In caso di nuove leggi di rilevanza sociale non previste dal Programma – che ricordiamo non contiene al proprio interno le parole lavoro, tasse, immigrazione, diritti, Europa – queste devono essere prima discusse in assemblea dai proponenti e quindi proposte all’approvazione del M5S attraverso il blog. In caso di approvazione, i nuovi punti saranno inseriti nel Programma che sarà sottoposto agli elettori nella successiva consultazione elettorale». Un passo alla volta, con calma, si tratta pur sempre di un movimento e non di un partito, un movimento che, in caso di vittoria alle scorse elezioni, avrebbe dunque prodotto un dinamismo tale da far sembrare Romano Prodi un corridore.

Nel merito perché «se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità, presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico» e perché «questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia. Il messaggio che riceveranno sarà da loro interpretato nel modo più semplice “La clandestinità non è più un reato”. Lampedusa è al collasso e l’Italia non sta tanto bene. Quanti clandestini siamo in grado di accogliere se un italiano su otto non ha i soldi per mangiare?».

In poche battute un manifesto di demagogia e disinformazione, una candida ammissione sul metodo di stilatura di un programma orientato al consenso e non ai contenuti – roba da Imu tanto per intenderci – e un ritratto di un’emergenza sociale e umanitaria pervaso di banalità e pressappochismo, che legittima la persistenza nel nostro sistema giuridico di una norma che criminalizza non per la commissione di un fatto, ma per una particolare condizione umana e sociale.

Si spera che abbia ragione chi in questi giorni ha interpretato la mossa di Grillo e Casaleggio come un tentativo di raccogliere voti a destra. Sarebbe meno inquietante.

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