Si mangiano l’Aurelia, che gli vada di traverso

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Il Perimetro

Sapevamo che avremmo dovuto affrontare l’Aurelia. La via che ci ha sempre portati fuori dall’Italia, questa volta sarebbe stata invece l’ingresso diretto nel nostro Paese, per circumnavigarlo come gli antichi esploratori: da Ventimiglia non avremmo proseguito per Nizza, ma avremmo lasciato la SS1 per svoltare verso il Piemonte.

Il legame con questa strada è di quel tipo che stringi solo con i viaggi, solo quando un percorso esterno diventa un percorso interiore, fatto di scorci, di odori, di svincoli, di facce e sfaccettature che scandiscono ogni kilometro.

Ma è anche un legame fatto di consapevolezza, non solo storica, ma anche politica. L’Aurelia oltre a raccontarti un pezzo ancora intatto di campagna romana, con la sua terra ocra e i pini marittimi, oltre a mostrarti l’abbraccio tra la Tuscia e la Maremma, la rude poesia degli Etruschi e la valorizzazione dei Romani di quella civiltà, oltre a mostrarti la via verso la Gallia, si dichiara rispettosa dell’andamento del paesaggio e soprattutto della dimensione pubblica di una via di comunicazione.

E’ doloroso iniziare un viaggio alla scoperta degli aspetti pià belli e positivi del nostro Paese, proprio con l’Aurelia e i suoi sbancamenti. I filari di plastica rossa che si srotolano da nord di Civitavecchia fino a Rosignano, come sipari per gigantesche gru e scavatrici, nascondono lo spettacolo originale per mostrarne uno più triste e spietato: lo sventramento del pubblico in nome del privato, della lentezza per la velocità, della memoria per il cinismo.

La nuova Aurelia, la vecchia Strada Statale 1, sarà proprietà della Società Autostrada Tirennica, la SAT. Abbiamo preso contatti con il comitato che si batte perché questo non avvenga, e abbiamo incontrato due dei suoi rappresentati a Venturina, a nord di Piombino.

Sascia, di Milano, e Claudio, siciliano si sono trasferiti in Maremma tanto tempo fa. La scelta di quel posto è stata dettata dalle possibilità che il territorio offriva e offre per l’agricoltura. Sembra strano che due persone, una del profondo nord e una del profondo sud siano lì, a raccontarci delle loro battaglie contro l’Austrada Tirrenica.

Ci dicono subito che non è strano per niente. Le persone che non sono originarie di un posto restano fuori dalle dinamiche, e le sanno guardare con una profondità che purtroppo manca quando ne sei assuefatto. Oltre a ciò ci denunciano la totale assenza di rete nel loro territorio e la parcellizzazione della comunicazione, tanto che anche su un quotidiano regionale è differenziata per provincia.

E’ così che il comitato regionale NO SAT nasce attorno al problema non solo dell’autostrada, ma anche della mancanza di infrastrutture: sembra assurdo pensare di costruire una via di comunicazione tanto veloce proprio dove la comunicazione manca, o almeno è assurdo pensare di mettere a profitto un problema, invece di risolverlo.

Per alcuni tratti l’Aurelia è già una superstrada, come ci spiega Sascia. Nel tratto che va da Rosignano a Grosseto, è già possibile viaggiare su quattro corsie e non è stato richiesto alcun adeguamento da parte dell’Europa. È proprio su questi tratto che la SAT ha messo un casello, senza svolgere alcun lavoro di manitenzione o intervento, riscuotendo 20 centesimi di euro per ogni chilometro percorso dei tre che sono stati già eseguiti a trasformazione dell’Aurelia in autostrada. Il costo è esageratamente esoso (tre volte in più della A1) e non giustificato dai modesti lavori previsti per l’aseguamento.

Ció che è più imbarazzante è il fatto che la superstrada trasformata in autostrada non darà alcun vantaggio agli automobilisti. Viadotti e gallerie rimarranno esattamente gli stessi, il limite rimarrà quasi ovunque a 110 km/h, gli ingressi rimarranno incustoditi con possibile teorico ingresso di asini e cavalli (come detto, senza vergogna, da Bargone in TV, ci spiegano). Al contrario i caselli di sbarramento in carreggiata, provocheranno code e rallentamenti con allungamento dei tempi di percorrenza. La vecchia Aurelia, in questi venti anni di superstrada si è trasformata in una stradina a senso a unico in molto centri urbani, e avrà la sorte di diventare la via prescelta da chi non vuole o non puó pagare il pedaggio.

Claudio e Sascia ci indicano una stradina lastricata di mattoncini rossi, all’angolo della quale siamo seduti nel giardinetto di un bar a parlare: “questa è l’Aurelia. Il fine settimana è zona pedonale. Quando l’autostrada sarà ultimata, qui ci passeranno i tir.”

Ci spiegano che non è un problema maremmano quello del progetto dell’Autostrada Tirrenica, ma è un problema di chiunque ami la propria terra. La lotta prima di essere contro il progetto Sat è per la valorizzazione di un paesaggio ricco di storia ma anche di potenzialità agricole e turistiche, di gran lunga più redditizie rispetto al piccolo indotto quinquennale che creerebbe un simile progetto vecchio. Sì, vecchio sotto ogni punto di vista.

Salutiamo Sascia e Claudio e percorrendo l’Aurelia verso nord ne assaporiamo tutta la lentezza, il paesaggio circostante. Abbiamo percorso quei chilometri fino a Vecchiano, in provincia di Pisa, meta della tappa successiva.

Riflettevamo sulla contraddizione dei cartelli lungo la ex-statale, ora provinciale, su cui c’era scritto “vecchia Aurelia”. Il sorriso che questo ci ha provocato era proprio quello che ha provato a spiegare Bergson, o Socrate, o forse quello di Dylan. Le contraddizioni, o meglio le tautologie, in fondo fanno questo effetto, quando ti arrivano in faccia, forse, disarmate.

A Vecchiano abbiamo incontrato dei ragazzi che hanno scelto di vivere in campagna, insieme, coltivare l’orto con zucchine, insalata, pomodori, melanzane, e luppolo. Con il luppolo producono la birra. Anche loro non sono di Pisa, uno è di Carrara e l’altro foggiano. Forse è vero che se sei nato e cresciuto in un posto finisci per abituarti a uno status quo che nel peggiore dei casi ti narcotizza, nel migliore ti abitua, ma comunque ti toglie la capacità di lottare, capire e ricordare. O, senza essere troppo radicali, quantomeno di scegliere.

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