Violenza sulle donne: primo passo verso la ratifica della Convenzione di Istanbul

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di Valentina Verdini

Pochi giorni fa l’Italia ha compiuto il primo passo verso la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica approvata ad Istanbul l’11 maggio 2011. Il 28 maggio infatti, il disegno di legge di ratifica della Convenzione è stato votato alla Camera dei Deputati all’unanimità e la conclusione dell’iter spetterà ora al Senato in data ancora da definire. Il giorno precedente, un’aula per lo più vuota aveva accolto il dibattito sulla Convenzione, trasformatosi ben presto in una polemica sterile tra Carla Ruocco, deputata del Movimento 5 Stelle, e Mara Carfagna, l’ex ministro delle Pari opportunità, relatrice del ddl di ratifica.

Il nostro paese è il quinto a voler dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, dopo Montenegro, Turchia, Albania e Portogallo. Tuttavia, la Convenzione potrà essere esecutiva solo dopo la firma di almeno dieci Stati, di cui otto membri del Consiglio d’Europa. Questo però non preclude la possibilità data ad ogni paese di poterne dare attuazione fin da subito.

Il testo della Convenzione- Sono 81 gli articoli che il Consiglio d’Europa ha voluto dedicare alla protezione delle donne da qualsiasi forma di violenza, dove per la prima volta il concetto di “violenza” viene equiparato ad una violazione dei diritti umani. Non solo prevenire e perseguire qualsiasi atto volto a provocare danni e sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica attraverso politiche di protezione e assistenza, ma anche eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi.

Sensibilizzazione ed educazione- Il testo è quanto mai innovativo nel cercare di dare risposta ad un fenomeno sociale divenuto ormai di una crudeltà raccapricciante e dilagante. Non si tratta solo di fornire alle donne tutti gli strumenti necessari a proteggerle, ma vengono introdotti anche due concetti nuovi che presuppongono il coinvolgimento della figura maschile: la sensibilizzazione e l’educazione. Con la prima si vuole <<aumentare la  consapevolezza e la comprensione da parte del vasto pubblico delle varie manifestazioni di tutte le forme di violenza>>, mentre è con l’educazione che si può fare la differenza, includendo nei percorsi scolastici temi quali <<la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale>>. La scuola ha un ruolo di primo piano nel formare al rispetto del sesso femminile i bambini di oggi e gli uomini del domani.   

Sono poi i Paesi ratificanti a dover dare attuazione alla Convenzione attraverso misure legislative, riforme dei procedimenti penali, destinando adeguate risorse finanziarie a servizi di supporto, case rifugio, linee telefoniche di sostegno, assistenza legale. In un periodo storico in cui alla crisi economica corrisponde anche una crisi di diritti sociali, la Convenzione di Istanbul rischia di restare confinata nel limbo delle “buone intenzioni” se non viene affiancata da politiche nazionali efficaci. 

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