Amazon, web-TV senza confini. Ma l’Italia dove sta?

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di Beatrice De Caro Carella

Ultima ora. Amazon.com alias il più famoso sito d’e-commerce del mondo, piattaforma leader anche nel campo dello streaming on-demand, ufficialmente lancia la sfida: cinque nuove serie TV, di produzione interna Amazon Studios, presto disponibili sul web per i suoi utenti premium. Per gli appassionati e curiosi, però non disperate, la speranza non muore. La Lovefilm, infatti, (costola UK del colosso USA) ha parlato anche d’una possibile futura allargata condivisione instant-video. Speriamo bene, ma nel frattempo, (non si sa mai) incrociamo le dita (e tiriamo fuori i lanternini). This is Italy, dopotutto.

La notizia, apparentemente, sembra solo una chicca ma getta nel calderone della riflessione meta-televisiva molto di più di quanto non sembri. Primo suo elemento d’interesse infatti è il fattore reazione a catena. Dopo Nextflix, infatti, anche Amazon, piuttosto che rimanere a crogiolarsi nel comfort del retail decide di tuffarsi nella mischia, guadagnando decisamente punti iniziativa e rispolverando al tempo stesso così la sua immagine. Investimenti di marketing che fanno pubblicità, ma che ci ricordano anche che se si vuole tenere la palla in campo non basta fare catenaccio ma occorrono sempre nuove strategie d’attacco.

In seconda battuta, colpiscono i modi del comunicato BBC News che è i primi sul web a dare la notizia. La BBC, infatti, non sta tanto a sottilizzare sulla differenza tra web e TV, piuttosto ne cancella i confini parlando di “TV-comedies e children’s shows online”, poco importa dove verranno poi distribuiti. Una scelta di sintesi che prende tacitamente atto d’una rivoluzione culturale già evidentemente assimilata, anche se forse troppo spesso non tenuta in debito conto, soprattutto in Italia. La stessa di cui parla, in uno dei suoi interventi, Federico Capeci, CEO della Duepuntozero DOXA. La rivoluzione della net generation, target di quella TV che ha già cominciato a fare i conti con un’utenza potenzialmente always-on che ha fatto e continua a fare del “wireless” uno stile di vita (senza fili, senza limiti, senza confini) le cui parole d’ordine sono immediatezza, reattività, multitasking, libertà, condivisione e critica spregiudicata dell’esperienza.

Prova del nove di questa rivoluzione in atto è appunto la strizzatina d’occhio che anche Amazon fa all’on-demand. La major del web, infatti, non scende in campo, seguendo il profumo dei 36 milioni d’abbonati Netflix, ma è già andata oltre. Circa un mese fa carica online ben 14 pilot di possibili serie da produrre. Poi lancia il contest, indice le sue primarie, e attende, rimettendosi all’insindacabile giudizio dei suoi consumatori e contribuenti di maggioranza. Operazione democratica, per certi versi inedita, ma soprattutto perfettamente in linea con quella rivoluzione da web 2.0 di cui lentamente persino in Italia si comincia a ravvisare coscienza, almeno in certi isolati contesti, vedi l’apertura social del neonato laEffe TV, il servizio offerto da MYmovies LIVE! o il progetto varato lo scorso novembre dei Web Movies di Rai Cinema.

Amazon si lancia però anche in un’impegno economico “a fondo perduto” certo non di poco conto, che se da un lato apre il dibattito sullo user-power e la sostenibilità dei suoi costi in TV, dall’altro non può che far molto riflettere. Soprattutto in Italia, paese all’interno del quale il principale strumento globale di rilevazione d’ascolto, il sistema Auditel, oltre che vivere una situazione di singolare conflitto interno d’interessi, viene fin troppo spesso scambiato per un metro di giudizio attendibile sulla soddisfazione dell’utenza. Suo malgrado trasformato in una logica interpretativa fuorviante, l’Auditel si è col tempo così trasformato in anacronismo di pensiero, facendo dimenticare, che immersi come siamo nella rivoluzione del web, il giudizio sulla qualità e opportunità quantità dell’offerta non dovrebbe più giungere da un sistema di rilevazione statistica passivo, ma dall’osservazione di un’utenza già autonomamente iperattiva oltre a “…dotarsi di strumenti…in grado di comprendere questa complessità…di una componente umana…in grado di governare queste informazioni…” come spiega Paolo Mistrorigo con riferimento alla dimensione dell’e-commerce su web.

L’episodio Amazon non è una chicca, dunque, ma una conferma. La conferma che la TV di domani sarà solo quella capace di leggere nel presente il riflesso del futuro perché il rapporto fruizione-offerta è già mutato, e si è già fatto ben più complesso, evoluto ed articolato di quanto le professionalità di ieri non saranno col tempo in grado di decifrare. Come Amazon occorrerà dunque puntare, quanto prima, su un fuori orario degno di nota, rivoluzionando definitivamente in nostro modus pensandi, TV generaliste (private e non) al primo posto.

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