Nordic Film Fest 2013 – Happy End di Bjorn Runge

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di Annalisa Gambino

Continua l’appuntamento alla Casa del Cinema con i protagonisti del cinema nordico.

Apre la serata dedicata alla Svezia Happy End di Bjorn Runge. Presenti in sala Madeleine Ekman (la produttrice) e Malin Buska (l’attrice protagonista).

È Madeleine la prima a prendere la parola. La produttrice riflette insieme all’attrice sulla difficoltà nel reperire una buona sceneggiatura tra le molte proposte. Ciò che ha attratto l’attenzione della Ekman è stata l’originalità di Bjorn nel raccontare la storia di due donne le cui vite s’intrecciano, quasi per casualità, rivelando esiti commoventi.

La protagonista Malin Buska, per la prima volta sul grande schermo, definisce Happy End un film sugli incontri “quegli incontri fortuiti che traghettano la tua vita in una direzione inaspettata e imprevedibile.

I personaggi, nonostante siano legati da vincoli di coppia e parentele familiari, vivono in un mondo di menzogne, falsità, maltrattamenti fisici e psicologici da cui sembra difficile, se non impossibile uscire.

Happy End rispetta la struttura narrativa del romanzo corale. In una cittadina a ovest della Svezia, i destini di Joanna, suo figlio Peter e della coppia Katrine-Marten, diventano un pretesto per mettere in risalto il deterioramento dei rapporti umani. Tutti e quattro, infatti, aspettano un miracolo, un momento di svolta che possa risollevare la propria esistenza.

I personaggi maschili sono figure border line: Peter è un aspirante pittore con tendenze suicide, mentre Marten è un violento inguaiato con criminali per storie di denaro, senza il minimo rispetto per la sua fidanzata Katrine.

Le donne, di contro, sono le prime ad andare verso una nuova dimensione liberatoria, emancipandosi dal ruolo cui sono costrette a recitare.

Katrine decide una volta per tutte di lasciare Marten al suo triste destino e Joanna ristabilisce il rapporto difficile con il figlio Peter.

Il titolo del film richiama senz’altro la pretesa e la speranza dei protagonisti ad avere un lieto fine per la propria vita.

Happy End, nonostante sia stato realizzato con un budget ridotto, riesce a colmare l’economicità dei mezzi tecnici con una regia che fa dell’immediatezza il suo punto di forza. L’utilizzo di particolari filtri davanti l’obbiettivo, garantiscono una coloritura che spazia tra il rossastro e l’arancio. In questo modo, come insegna il maestro della fotografia Vittorio Storaro, lo spettatore di fronte ad un certo tipo di immagine e ad un certo tipo di luce e colore, ha una fruizione diversa ed emotivamente più vicina al dramma rappresentato sullo schermo.

foto di Cristiano Checchi

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