Educazione Siberiana. Regole etiche per criminali onesti

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di Annalisa Gambino

Scelta coraggiosa quella del regista premio Oscar Gabriele Salvatores che porta sullo schermo un insolito romanzo: Educazione Siberiana di Nicolai Lilin, edito in Italia da Einaudi. Nel volume Nicolai costruisce una storia universale sulla vita e sulle regole di una tradizione arcaica, quella degli Urka siberiani, una comunità di criminali deportata da Stalin al confine con l’attuale Moldavia, in uno stato indipendente chiamato Transnistria.

Nel micro cosmo dell’autore, Nonno Kuzja (nel film John Malkovich), insegna al nipote Kolima il codice d’onore dei siberiani: ”avere rispetto per tutte le creature viventi, eccetto la polizia, i banchieri, gli usurai. Rubare a queste persone è permesso”. E queste sono anche le prime parole di Malkovich nella pellicola. L’ossimoro del criminale onesto è usato dalla comunità di Educazione Siberiana per distinguersi dal bandito comune, disposto a tutto pur di arricchirsi.

Il romanzo non ha una struttura classica, non segue una linea cronologica; la narrazione procede per massime scandite dal capo comunità – il nonno – e per associazioni mentali, in un immaginario congelato e quasi sospeso in un tempo indefinito. Del romanzo, infatti, colpisce la volontà di non fornire particolari riferimenti storici. Al contrario, la pellicola copre l’arco temporale del decennio degli anni ottanta e racconta il disfacimento dell’URSS, il crollo del muro di Berlino e la diffusione dei costumi occidentali nelle ex repubbliche sovietiche.

Il materiale narrativo di Lilin è violento e crudo. Sin dalle prime pagine trapela un carattere puramente visivo: Salvatores rinuncia ad approfondire il suggestivo mondo dei criminali onesti e riduce l’intreccio ad una trama focalizzata sull’amicizia e sulla vendetta dei due protagonisti Kolima e Gagarin. La contrapposizione iniziale dei due giovani è portata alle estreme conseguenze man mano che la storia prende vita per culminare nel duello finale. I due rappresentano dunque l’incarnazione dello scontro morale tra un irreale bene/male, tra l’essere un criminale onesto e uno disonesto. A fare da collante tra i due attori (non professionisti, scelti tra la gente del luogo) un magnetico e asettico Malkovich che si conferma superbo grazie al personalissimo carisma e alla forte presenza scenica.

Da non sottovalutare il sottinteso ma ben presente filone descrittivo – narrativo dei tatuaggi. Nella tradizione siberiana infatti, i tatuaggi non sono semplici simulacri, ma trasmettono informazioni, comunicando attraverso la simbologia la vita di un uomo. Per indossare questi tatuaggi sarebbe corretto seguire un certo comportamento etico. Nicolai Lilin apprende fin da bambino l’arte del tatuaggio e in Italia apre Kolima Lab a Milano – un laboratorio di disegno siberiano, in cui continua la sua attività legata al tatuaggio realizzando disegni unici che racchiudono i segreti appresi in Transnistria.

Educazione Siberiana sconvolge e incanta anche il mondo del teatro. Lo spettacolo co-prodotto dalla fondazione del Teatro Stabile di Torino ha debuttato il 26 febbraio al Cavallerizza Reale di Torino. Da un lavoro a stretto contatto con Lilin, il collettivo Nest diretto da Giuseppe Miale di Mauro ha tratto uno spettacolo avvicente, strutturato come una discesa nell’inferno, in cui i dieci comandamenti assumono i risvolti duri e crudi dell’educazione degli Urka.

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