Ricerca, mancano i fondi. 23 ricercatori pronti alla fuga

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di Emiliana De Santis

“Al momento il Miur non ha stanziato i fondi per il prolungamento della nostra ricerca” queste le parole amare di Giovanni Ceccarini, endocrinologo a Pisa, dove è tornato dopo sette anni alla Rockfeller University di New York. Cervello di rientro, Giovanni ha percorso il cammino inverso a quello di molti ricercatori italiani e lo ha fatto grazie al programma Rita Levi Montalcini. Ma il bando scadrà tra un anno e il suo destino, insieme a quello di altre 22 persone, è segnato dall’incertezza.

Era il 2009 quando l’ex ministro Maria Stella Gelmini, in occasione dei 100 anni di Rita Levi Montalcini, annunciava il nuovo programma e lei dedicato per favorire il rientro dei ricercatori italiani e contemporaneamente frenare la fuga all’estero dei nostri migliori cervelli. Sono infatti in 40mila tra i 30 e i 40 anni a andare via ogni anno ed è del 50 per cento l’incidenza della fuga all’estero fra i primi 100 cervelli italiani, il 35 allargando ai 500 migliori ricercatori. Se si pensa che in 20 anni è di 3,9 miliardi il valore dei brevetti registrati e depositati oltre confine da ricercatori italiani all’estero, si comprende bene non solo l’importanza ma soprattutto il valore economico che queste intelligenze rappresentano per il nostro Paese. Uno dei maggiori problemi della Penisola sta proprio nella mancanza di collegamento tra il mondo della ricerca e quello della produzione: l’uno sostenuto e accompagnato dall’altro potrebbe essere la base di quel mix di innovazione e produttività che renderebbe l’Italia finalmente competitiva sul mercato globale.

Il bando, prevedeva contratti di tre anni, rinnovabili per altri tre dopo aver ricevuto una valutazione positiva dell’attività svolta, presso un ateneo italiano, con uno stipendio da 40mila euro lordi annui. I posti a disposizione, 30 all’inizio, sono passati poi a 23. Rivolto agli studiosi di ogni disciplina e nazionalità in possesso del titolo di dottore di ricerca conseguito da non più di sette anni, impegnati all’estero in piani di ricerca da almeno tre anni, il bando ha avuto una grande successo. È così che Olga Tribulato, Marcello Mollica e Mariangela Chisari sono tornati in Italia, lasciando all’estero posizioni invidiabili e centri di rinomata fama. La Classics di Cambridge, l’Università di Friburgo, la Washington University of St. Louis. Che li hanno persi a malincuore e che ora, alla luce di quanto sta accadendo, li accoglierebbero di nuovo a braccia aperte.

Perché il bando scadrà tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 ma il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca non ha ancora accantonato i fondi né attivato le procedure per il rinnovo. In teoria quest’ultimo spetterebbe alle singole Università ospitanti, in pratica è il Miur che destina loro i soldi attraverso il Fondo di Finanziamento Ordinario. È infatti compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili nell’FFO che il rinnovo va fatto. Servono circa 3milioni di euro. Dal ministero nessuna notizia, bocche cucite nelle Università, che vorrebbero tenere i ricercatori ma non possono – o non vogliono – tenersi queste brillanti menti a carico di un budget colpito non poco dagli tagli e dalla crisi. La soluzione più plausibile sarebbe quella di assumere i ricercatori in organico di Ateneo o bandire dei concorsi per la docenza ma questo comporterebbe tempi più lunghi, quelli necessari a una razionalizzazione della spesa spesso infruttuosa degli atenei.

Ed ecco che i 23 ricercatori, frutto di un’eccellente preparazione e di un pensiero creativo tutti italiani, resi internazionali dalla forza dell’audacia e dalla voglia di scoperta, stanno pensando di compiere il cammino a ritroso. “Speravo nel cambiamento per la ricerca in Italia” conclude la Chisari. Ci speravamo tutti.

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