Teatro civile e non solo all’Agorà con la compagnia Fuo.ri.Terr.A

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di Roberto D’Amico

Raccontare il “sottobosco” dell’illegalità, le cosche mafiose, i politici corrotti. Storie di morti ammazzati e stragi. Soldi sporchi, riciclaggio e droga. Usura e pizzo. Delitti ambientali e una lunga lista di compiacenze politiche. La compagnia teatrale Fuo.ri.Terr.A metterà in scena dall’8 fino al 12 maggio al Teatro Agorà di Trastevere lo spettacolo “A chi baciamo le mani?”: la Mafia in Italia “atto dopo atto” non solo attraverso i gesti e le azioni più eclatanti ma soprattutto grazie alle piccole storie di vita quotidiana.

Non solo teatro civile ma anche teatrodanza. Così accanto alle parole dominano la scena le coreografie: l’uso delle corde descriverà le situazioni in cui l’uomo viene “manipolato”, fino all’assuefazione della coscienza. Inoltre le associazioni antimafia Libera, daSud, Sos Impresa, Addio Pizzo, I Giganti, che hanno concesso allo spettacolo il loro patrocinio, insieme ad altri protagonisti della lotta alle mafie porteranno sul palco la loro esperienza attraverso interventi in programma ad inizio spettacolo

Colonna sonora di sfondo di tutto rispetto con musiche di Ezio Bosso, Ennio Morricone, Bjorn Iynne, Hans Zimmer e Alexandre Desplat. Testo e regia di Marco D’Aleo, aiutato da Gabriele Guarino. Sul palco gli attori: Sefora Edith Bello, Marco D’Aleo, Niki Deleonardis, Gabriele Guarino, Mariangela Iula, Jvana Tranchina.

«Nasciamo come compagnia di teatrodanza, poi ci siamo avvicinati al teatro civile con lo spettacolo ‘Voci di lavoro’, uno spaccato sui diritti negati – dichiara la Compagnia Fuo.ri.Terr.A – ma questa volta sentivamo l’esigenza professionale di tenere insieme le due forme espressive, e la spinta emotiva di metterci in gioco con un tema che ci sta a cuore. Utilizzare il teatrodanza in questo spettacolo significa puntare sulla drammaturgia delle emozioni. L’emotività viaggerà attraverso vari personaggi e situazioni quotidiane, tutte figlie di quel male che vogliamo esorcizzare, anche con un pizzico di ironia».

 «Non abbiamo voluto raccontare una storia di mafie, abbiamo cercato di rappresentare “l’atteggiamento mafioso” – continua la Fuo.ri.Terr.A – , convinti che è il consenso dei tanti e la compiacenza di troppi a tenere in vita le mafie. Il titolo e il punto interrogativo sono una provocazione verso coloro che da una parte dichiarano sofferenza per lo stato delle cose e dall’altra continuano ad alimentare, magari anche con il negazionismo, pratiche illegali. Anche il silenzio è una forma di mafiosità, non quello dettato dalla paura che siamo abituati a chiamare omertà, ma quello della “convenienza”. Siamo noi che scegliamo una classe politica collusa con le mafie e siamo ancora noi che accettiamo di avere una corsia preferenziale per un appalto o un posto di lavoro. La mafia è una causa o un effetto? Questo è quello che ci siamo chiesti ed è la domanda che sarà sullo sfondo del nostro spettacolo».

 

 

 

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