Teatro Manzoni: in scena “Una notte bianca tutta da ridere”, tra risate e riflessione

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di Sabrina Ferri

Cosa accadrebbe se tre sconosciuti si ritrovassero improvvisamente bloccati in un ascensore durante il black out della prima Notte Bianca a Roma? E può un ascensore cambiare davvero una vita? In Una notte bianca tutta da ridere, in scena al teatro Manzoni fino al prossimo 15 aprile, c’è molto di più che una semplice commedia. Questo brillante spettacolo, interpretato magistralmente dagli attori Gabriele Pignotta, Fabio Avaro e Cristina Odasso, è davvero un’ondata di emozioni diverse capace di invadere gli stati reconditi dell’animo ed indurre lo spettatore a riflettere sul proprio io e a rivalutare il proprio rapporto con la società circostante.  

È durante il black out del 27 settembre 2003, quando a Roma, sotto una pioggia torrenziale, debuttava la prima edizione della Notte Bianca, che i tre protagonisti rimangono chiusi per diverse ore in ascensore. La luce si spegne, tutto per un istante sembra bloccarsi. Finché, sotto i timidi raggi di una luce d’emergenza, emergono i volti e i corpi di Camilla, Davide e Andrea. 

Tra sketch divertentissimi e scenette comiche, ecco che, in uno spazio angusto, cominciano a delinearsi le storie di tre personaggi totalmente diversi tra loro. Camilla che è laureata in Architettura e «stagista a tempo indeterminato» in uno studio di architetti e che con il suo essere ansiosa ha finito col reprimere la sua vera identità. C’è poi Davide, romanaccio ad hoc, che lavora in una pizzeria e fa consegne a domicilio. Infine Andrea, trentenne ancora iscritto all’università, che di crescere proprio non ne vuole sapere.  

Eppure, nel loro essere così diversi, emerge un comun denominatore. D’un tratto lo specchio diventa l’occasione per confrontarsi con se stessi, per guardare oltre le apparenze, per rendersi conto di chi si è veramente. Le vite dei tre protagonisti diventano il riflesso di un’intera generazione: quella della schiera di venti/trentenni che, invasa dalle tecnologie, ha finito per disumanizzare la propria esistenza.

Si finisce così con l’essere infelici sotto una patina di apparente felicità, si finisce con l’accontentarsi, si finisce per trasformasi quasi in automi. Ed è allora, paradossalmente, l’assenza della dimensione tecnologica e dell’energia elettrica ad essere il movente per ritrovare nuovamente la voglia di confrontarsi, di ridere, di stare insieme e di riflettere.  

Ma poiché la vita non può essere sfuggita in eterno bisognerà, infine, tornare alla vita vera, fuori da un ascensore divenuto corazza contro le “intemperie” del mondo esterno. Eppure, poche ore, basteranno affinché Camilla, Andrea e Davide escano dal palazzo armati di una nuova certezza: la capacità di poter cambiare e scegliere la via giusta sulla quale indirizzare la loro esistenza.

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