La ricerca tra precari e finanziamenti. Le parole di Luigi Nicolais

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di Roberto D’Amico

L’Italia è da sempre un polo di eccellenza nel settore scientifico e della ricerca. Eccellenza che non sempre viene abilmente gestita dalla politica, che non offre sufficienti finanziamenti e garanzie agli enti ed in particolare ai giovani. È per questo che assistiamo sempre più spesso alla cosiddetta “fuga di cervelli” all’estero, verso quelle nazioni dove si crede ancora nelle potenzialità delle nuove generazioni.
Abbiamo raccolto, a margine del convegno “La ricerca sulla fusione nucleare e le sue ricadute industriali: un caso di successo nel panorama della ricerca italiano” organizzato dall’ENEA il 5 aprile scorso, le parole di Luigi Nicolais, ex Ministro per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione ed oggi Presidente del CNR, Consiglio Nazionale delle Ricerche.

PROGETTI A MEDIO-LUNGO TERMINE – Nicolais ha fatto inizialmente il punto sullo stato dei finanziamenti in Italia e sul rapporto tra gli enti di ricerca e le Università: «Il Cnr, come gli altri enti di ricerca, ha bisogno di pianificare il proprio lavoro in tempi medio lunghi. Non può lavorare solo sul Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), che sicuramente ci permette di sopravvivere, pagare stipendi, avviare progetti di ricerca, ma che non è tutto per quel che riguarda la nostra attività. In questo momento abbiamo bisogno di avviare progetti a medio-lungo termine: progetti di respiro internazionale in cui l’Italia vuole avere un ruolo centrale; progetti in cui l’industria italiana richiede un supporto di conoscenza forte per una maggiore competitività sul mercato.
Gli enti pubblici di ricerca si differenziano dalle Università principalmente perché nei primi bisogna porre una certa attenzione sull’utilizzabilità dei risultati mentre negli atenei c’è un fattore importante di tipo esclusivamente formativo. Questi due ruoli diversi devono permetterci di lavorare insieme ma ci richiedono anche finanziamenti certi».

I PRECARI – A questo punto il passo dalle Università al mondo dei precari è abbastanza veloce: «Noi abbiamo un numero di precari veramente impressionante: non funzioneremmo senza di loro. La ricerca richiede giovani, persone capaci di avere visioni, di pensare a “cose che non esistono”. Durante la crescita professionale di noi ricercatori, ad un certo punto, siamo bravissimi a razionalizzare, bravissimi a dirigere meno bravi a creare, a pensare. Abbiamo quindi bisogno, sempre, di tanti giovani. Proprio per questo però serve una vera pianificazione: non possiamo tenere dei giovani per 10 anni e poi chiamarli ancora giovani».

LA COMUNICAZIONE – Nicolais ha infine sottolineato l’importanza della comunicazione scientifica, come mezzo di unione tra gli Enti, la politica e i cittadini: «Abbiamo bisogno che il Governo e i cittadini siano convinti del ruolo centrale della ricerca. Una parte di colpe è anche la nostra perché non abbiamo mai dato tanta importanza alla comunicazione in questo mondo. Il ricercatore ottiene un dato risultato in laboratorio, pubblica un bell’articolo, si confronta con il resto della comunità scientifica ed è soddisfatto cosi. Non tiene quasi mai conto del fatto che questa “scoperta” va comunicata. In questo modo anche il Paese può rendersi conto dell’importanza di questo settore e della bravura dei ricercatori italiani.
Noi quando sviluppiamo ricerca, sviluppiamo una vera e propria cultura, formiamo dei giovani. Tutte cose che non si possono “comprare” e che dobbiamo essere bravi a trovare qui nel nostro Paese».

Foto di CNR

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