La stampa italiana all’estero: il caso PassaParola

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di Laura Guadalupi

PassaParola è il mensile italiano in Lussemburgo. Nasce nel 2004 dalla passione e dal lavoro di due giornaliste pubbliciste emigrate nel Granducato, Paola Cairo e Maria Grazia Galati.

In sette anni è diventato il punto di riferimento informativo per espatriati e italiani di seconda generazione, raggiungendo una tiratura di 2.500 copie mensili.

La co-direttrice Paola Cairo, che abbiamo incontrato a margine del convegno “150 anni di emigrazione italiana” organizzato dall’Università di Roma 3, ci racconta la sua esperienza alla guida del giornale: gli obiettivi e le scelte editoriali, le difficoltà incontrate e le grandi sfide ancora da affrontare.

Paola, quanti sono e chi sono gli italiani emigrati nel Granducato di Lussemburgo?

Ad oggi, si contano circa 23mila iscritti all’AIRE (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, ndr). Considerando, però, che l’emigrazione italiana risale alla fine del 1800, ci sono tantissime seconde e terze generazioni che ormai hanno preso la nazionalità lussemburghese e quindi non vengono contate. Si pensa che gli italiani siano tra le 40mila e le 60mila unità su una popolazione di 500mila persone.

La nostra è una presenza trasversale. Le vecchie generazioni si mescolano a quanti continuano ad arrivare nel Granducato per motivi professionali, di studio oppure affettivi. Rientra nella condizione di emigrato italiano tanto l’anziano che all’inizio degli anni ’80 lavorava nelle miniere di ferro, quanto il giovane ricercatore e lo studente arrivati qui tramite l’università o con borse di studio. In molti lavorano nel campo della finanza e delle banche e sono tantissimi gli espatriati comunitari presso le istituzioni europee.

PassaParola è arrivato al settimo anno di pubblicazione e nel tempo ha subìto vari restyling. La prima grande svolta risale al marzo 2006, quando decidete di uscire anche in edicola e di trasformare quindi PassaParola da bollettino dell’associazione in un vero giornale commerciale. Perché questa scelta editoriale e quali i vostri obiettivi di allora e di oggi?

Innanzitutto è stata una scelta obbligata in quanto era nato un portale che spesso veniva confuso con la nostra newsletter, così ci siamo decise a dar vita al mensile cartaceo. Abbiamo voluto conferire a PassaParola un senso meno “comunitario”, cioè meno legato alla comunità italiana in senso stretto, per farlo diventare più un giornale per gli italici. Il nostro obiettivo era ed è tuttora quello di rivolgerci non solo agli italiani nel Lussemburgo, ma anche a quanti amano il nostro Paese, alla comunità locale appassionata della cultura italiana e che magari si iscrive a un corso per imparare la nostra lingua.

Negli anni è cambiato il layout grafico, sono aumentate le pagine, ma il giornale cartaceo nato nel 2006 risponde sempre alla sua mission originaria: essere strumento di informazione e promozione di tutto ciò che è business, cultura, gastronomia, eventi italiani nel Granducato del Lussemburgo.

Chi finanzia PassaParola?

La pubblicità e gli abbonamenti sono il contributo più grande con cui riusciamo a sostenerci. Dal 2006 riceviamo anche le provvidenze per la stampa del Ministero degli Affari Esteri, ma sono minime. Variano dai 3mila ai 6mila euro l’anno e arrivano con due anni di ritardo. È evidente che non possiamo contare su queste risorse per stampare il giornale e pagare i collaboratori.

Sul vostro sito si può leggere:Noi ci crediamo ancora nelle parole, nell’aggregazione, nei diritti, nella libera informazione, nell’uguaglianza sociale. Nonostante la deriva politica di una parte del “Paese Italia” crediamo di poterci impegnare nel nostro piccolo nel lavoro e nel volontariato. E lo facciamo ogni mese pubblicando il nostro mensile, nonostante le incertezze e la fatica”.

Quali sono queste incertezze, qual è la fatica maggiore nel portare avanti un progetto di stampa italiana all’estero?

All’inizio PassaParola è stato poco considerato perché era quasi il bollettino di un’associazione e, tra le righe, perché eravamo due donne a dirigerlo. Nonostante fossimo iscritte in Italia all’Albo dei giornalisti siamo state confuse per delle figure non professionali che volevano togliersi uno sfizio. Al contrario, avevamo degli obiettivi ben precisi: fare il nostro lavoro di giornaliste e creare un mezzo d’informazione che facesse da ponte tra due culture, quella d’origine e quella d’accoglienza. Guardandoci intorno abbiamo notato che tutte le altre comunità, dall’inglese alla portoghese, avevano un loro giornale, mentre gli italiani ne erano ancora sprovvisti. Esistevano solo un portale e un trimestrale della missione cattolica.

Volevamo che PassaParola diventasse un punto di riferimento per gli italiani nel Lussemburgo, ma le difficoltà non sono mancate. In primo luogo perché era finita ormai quell’emigrazione italiana che lottava per il riconoscimento dei propri diritti. Il Lussemburgo è un paese all’avanguardia in materia e quindi il giornale non avrebbe potuto essere uno strumento di rivendicazione come lo era stato in passato, ad esempio con i giornali di partito degli anni ’80.

Una seconda difficoltà è nata dalla natura eterogenea dell’estrazione sociale degli italiani nel Granducato. Non è stato semplice identificare i nostri lettori e creare un giornale adatto a tutti.

Come siete riuscite a trovare la formula aggregatrice per un pubblico di riferimento così eterogeneo?

Anche se non smettiamo mai di cercare nuove formule, al centro del giornale c’è l’informazione italiana. PassaParola consente a tutti di conoscere le attività della comunità italiana nel Granducato, dall’evento con l’ambasciatore all’apertura di un nuovo ristorante. Abbiamo deciso di non trattare di politica perché presupponiamo che i nostri lettori la seguano dai giornali italiani e da internet.

Escludendo la politica, con quali argomenti alimentate il legame a distanza con l’Italia?

Attraverso la cosa più importante, il turismo. La pagina del turismo è completamente dedicata alla nostra penisola. Capita spesso che molti stranieri comprino il giornale perché intendono programmare un soggiorno in Italia e trovano utili le informazioni e i percorsi che suggeriamo.

Che prospettive avete per il futuro?

La prospettiva principale in questo momento è resistere alla crisi, che è arrivata anche qui. Tra il 2010 e il 2011 abbiamo avuto difficoltà finanziarie e ultimamente stiamo cercando un editore. Maria Grazia Galati ed io siamo anche editrici di noi stesse e PassaParola è diventata una microimpresa che da sole non riusciamo più a gestire, essendo comunque delle professioniste che vogliono dedicarsi al giornalismo, alla scrittura. Esistono nel Granducato due importanti case editrici che finanziano altre testate. Sono state fatte versioni di giornali in diverse lingue e speriamo che qualcuno pensi ancora all’emigrazione italiana come a uno zoccolo duro che ha contribuito a costruire il Lussemburgo e che continua a dare una forte spinta all’economia.

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11 thoughts on “La stampa italiana all’estero: il caso PassaParola

  1. Certo che mi fanno ridere; Passaparola é composto al 95% di pubblicità, se tutto va bene ci saranno 3 articoli. Definirle giornaliste “professionali” poi…
    Detto con molta sincerità, spero che fallisca, perché un editore dovrebbe riprendere una rivista che non é per niente interessante? Boh

  2. Signor Marco,

    vorrei risponderle puntualmente anche se lei non merita risposta considerato il disprezzo che prova verso il nostro mensile.

    Innanzitutto Lei, signor Marco, probabilmente non è del mestiere se anzichè contare le percentuali di pubblicità non considera invece il mensile come un mezzo di informazione della e per la comunità italiana in Lussemburgo. Aperto a tutti. Ponte tra due culture (quella d’accoglienza e quella della Madrepatria) e anche punto di riferimento per gli italofili e gli italici (sempre che Lei sappia che concetti ci sono dietro queste due parole) che oltre alla stampa nazionale trovano idee e suggerimenti riguardanti l’Italia su PassaParola Magazine.

    Inoltre, secondo me, signor Marco, Lei è una persona molto materialistica, perchè il 95% di pubblicità di cui Lei parla non è esatto. La pubblicità (e se fosse del mestiere o avesse un po’ più di capacità di analisi lo comprenderebbe da solo senza scrivere un post tacciatamente minaccioso) varia di mese in mese ed è sempre in equilibrio con gli articoli ( e dunque i contenuti). Per farle comprendere cio’, la invito a sfogliare insieme uno o più numeri e contare esattamente quanta ce n’è. per fare questo sono anche disposta ad incontrarla di persona, sempre signor Marco, se Lei non fosse una di quelle persone che tirano il sasso e nascondono la mano…..

    Inoltre, signor Marco, se Lei avesse un po’ più di orgoglio patriottico, saprebbe che PassaParola Magazine è uno dei unici giornali( se si eccettua il giornale della Missione Cattolica e il portale italiani.lu) che racconta agli italiani espatriati (e la invito a leggere anche questo di termine sul vocabolario) approfonditamente – senza copiare dalle agenzie – come eravamo, ovvero come sono state le generazioni di italiani arrivati fin dalla fine del 1800 nel Granducato di Lussemburgo che con orgoglio, hanno fondato altri giornali (di partito e di associazioni) e hanno dato vita a trasmissioni radiofoniche e pure televisive (l’ultima era trasmessa su RTL la domenica mattina ed è esistita fino al 2000) che sono stati importanti per il riconoscimento e la formazione di un’identità italiana.

    Per quanto riguarda “Definirle giornaliste professionali” poi….non meriterebbe doppiamente una risposta (ma essendo molto generosa l’aiuto a capire) visto che Lei, signor Marco, svaluta sia il nostro titolo di studio universitario sia la nostra esperienza sul campo, oltre a non sapere che il Italia esiste un ALBO DEI GIORNALISTI diviso in professionisti, pubblicisti e fotoreporter e che entrambe apparteniamo a quello pubblicista (si legga sul sito come ci si diventa, pubblicisti in Italia anzichè denigrare senza ragione).

    Per quanto riguarda la sua speranza diun nostro fallimento, non trovo giusto che uno sconosciuto come Lei possa dire una cosa del genere ad un’associazione che da 7 anni edita un giornale che – nonostante i tagli dei fondi alla stampa italiana all’estero e nonostante gente superficiale come Lei che è sempre pronta a giudicare e mai a capire cosa si nasconde dietro una realtà come la nostra – che racconta quanto gli italiani del Lussemburgo siano gente seria, volenterosa e pronta a valorizzare la propria cultura e la propria lingua aldilà di pregiudizi e stereotipi di cui spesso siamo vittime.

    Non ho ancora finito, signor Marco, sempre che Lei sappia leggere fino in fondo questa mia risposta, e voglio dirle che per un suo “per niente interessante” bho….esistono altri 100 italiani che negli ultimi 6 mesi si sono abbonati fidelizzandosi e mostrando, invece, di apprezzare il nostro lavoro QUOTIDIANO (tra stampa , sito e trasmissione radiofonica), che svolgiamo su base volontaria anche grazie al nutrito gruppo di collaboratori che piuttosto che sfogliare superficialmente il nostro mensile, ha pensato bene di collaborare e supportarci con idee ed articoli (di turismo, musica, letteratura e molto altro).

    Non ho altro da dirle, signor Marco, a parte che persone come Lei prima di PARLARE SENZA SAPERE dovrebbero PENSARE O MEGLIO TACERE.

    In attesa di incontrarLa di persona, se lo riterrà opportuno, La invito a seguirci anche su FB o sul sito http://www.passaparola.info o sulle frequenze di RADIO ARA – il sabato mattina dalle 10 alle 11 30 – per capire davvero se gli argomenti di cui parliamo potrebbero essere interessanti per un eventuale editore. Cordiali saluti
    Paola Cairo,
    presidente PassaParola asbl
    co-direttrice PassaParola Magazine

  3. Oltre a essere completamente d’accordo con Paola ritengo che Lei Signor Marco abbia fornito una critica a dir poco superficiale.
    Mi vengono in mente quegli adolescenti che scrivono gli insulti nei blog (sempre che sappiano cosa siano) delle squadre di calcio.
    Quindi siamo pronti a dibattere le critiche che, negl’anni, ci sono piovute addosso
    Alcune, di certo non quelle superficiali come la sua, ci hanno consentito di crescere tra centinaia di difficoltà e a queste dobbiamo molto.
    Pertanto se è capace di formulare una critica che risponda a criteri di leggibilità, consistenza e argomentanzione si senta libero di farla.
    Se deve scrivere tre righe da asilo smetta prima. Andrà a suo favore.
    Distinti saluti.
    Paolo (quello che tenta di scrivere di musica ah dimenticavo magari è esperto anche di musica???? cosi magari ci facciamo due chiacchere!!!!

  4. Mi scusi ma io ho espresso solamente la mia opinione personale su passaparola, ho già avuto piu’ volte l’occasione di sfogliarlo, e come già detto é composto praticamente da pubblicità. Con questo non vedo perché il ministero degli affari esteri debba spendere soldi per finanziare una rivista del genere, soprattutto in momenti di crisi. Non le ho mai chiesto di rispondere al mio commento, ho solamente espresso una mia opinione personale, spero che si possa, visto che siamo nel 2011! Mi creda, conosco il Granducato meglio di lei, non ha bisogno di farmi una ramanzina per provarmi che lei é una giornalista informata. Senza contare che lei, chiaramente offesa dal mio commento, cerca di scambiarmi per un ignorante che non conosce la propria lingua? Andiamo bene…

    Per quanto riguarda Paolo, capisco che lei voglia proteggere Passaparola, ma sinceramente si mette solo nel ridicolo. Non vedo cosa ci sia di male a esprimere la propria opinione? Forse é vietato?
    Ora, sarebbe un bugia dire che su Passaparola non ci sia tanta pubblicità, mi scusi ma é assurdo negare l’evidenza!!! Non ho mai avuto l’occasione di leggere un suo articolo sulla musica, quindi su questo non posso esprimere un mio giudizio.

    1. Buongiorno Marco, Le scrivo anche io (sono la co-direttrice di PassaParola). Commento solo il (a mio avviso) TROPPO LIVORE nel giudicare la nostra rivista…(ma questo è un Suo problema)… Augurarci che fallisca mi sembra davvero troppo…Le rispondo io in merito alla pubblicità. Di sicuro, non essendo un “addetto ai lavori” Lei non sa che nell’editoria esiste una regola precisa che impone a tutti i giornali di mantenere un equilibrio di percentuale fra articoli ed inserzioni. Nessun giornale potrebbe esistere con il 95 per cento di pubblicità, compreso in nostro; oppure se esistesse non sarebbe un VERO giornale. Forse Lei non distingue, quando sfoglia PassaParola, gli articoli dalle inserzioni. Le assicuro che il rapporto (che Lei lo consideri, poi, non giusto per i “Suoi criteri”, che però non sono quelli della stampa) è sempre nella norma. Comunque Lei non è il primo a fare questa considerazione (purtroppo troppa gente come Lei si permette di muovere accuse senza conoscere i dettagli e le regole di un mestiere che purtroppo pochi sanno fare e ancora meno pochi apprezzano) e difatti ho spiegato mesi fa in un mio editoriale proprio ciò che sto scrivendo a Lei.
      Io non so che lavoro Lei faccia (di sicuro non il mio) e quindi non mi permetterei mai di giudicare scelte e azioni in un campo che non mi appartiene e del quale non conosco bene le regole. Ecco perché trovo scorretto che Lei lo faccia nel mio di campo. Chi ci permette di esistere e chi ci stanzia dei finanziamenti conosce bene invece le regole del nostro lavoro, altrimenti non ce le metterebbe a disposizione. Come ho scritto nel mio editoriale, aggiungo anche qui che PURE IO sarei felice di vedere meno pubblicità su PassaParola e dedicare la mia foliazione (sa quanto costa la carta?), ma dovrei avere MOLTI E MOLTI più abbonati (anche solo a 25 euro l’anno). Purtroppo la gente legge poco e non comprende il valore di una piccola spesa, che insieme a tante altre piccole spese (la cosidetta “goccia nel mare”) contribuirebbe non poco a sostenere chi si impegna con passione e professionalità per promuovere con orgoglio la nostra cultura all’estero.
      Concludo con una nota: per alcuni come Lei che criticano (ingiustamente) la troppa pubblicità su PP, Lei nn può nemmeno immaginare quanti mie colleghi (editori e giornalisti di grande caratura) “ammirano” invece la quantità ed livello delle mie inserzioni…come dice un vecchio proverbio milanese: “offalé fà el tò mesté” (a ciascuno la propria professione). Buone Feste

  5. Forse avrei dovuto esprimermi in un altro modo e non dire che fallisca ok.. Lei almeno lo ammette che c’é parecchia pubblicità su PP, mentre la sua collega nega vigorosamente cio’.
    Poi scusi, ma lei dice che la gente legge poco, allora mi dice lei a cosa serve spendere tutti questi soldi e questo tempo per una rivista che si trova soprattutto alle entrare dei ristoranti? Voglio dire, sarebbe meglio che vi concentraste sul sito web e magari sulla radio (che va benissimo) che su una rivista, non pensate? Ai giorni d’oggi, solo le vecchie generazioni leggono ancora le riviste in carta, fra qualche anno la stampa stampata scoparirà, perché non ci sarà praticamente piu’ nessuno a leggerla! Ed é normale, con le nuove tecnologie possiamo leggere le stesse cose, piu’ comodamente,,,senza l’utilizzo della carta, quindi meno deforestazione nelle foreste (che stanno scomparendo) del mondo. Con questo, ripeto, e solo una mia interpretazione e un consiglio che vi do, anche se sono sicuro che “mi manderete” a quel paese…ma pensateci! Buone feste anche a lei

    1. Io non ho detto che ce parecchia pub su PP, ma che c’è quella giusta e nella norma. Non La mando a quel Paese, ma magari “al Suo Paese” ci andrà Lei stesso volentieri per le feste. Ed in quel caso “non LA mando” ma “gLielo auguro”…La scelta di fare una rivista cartacea è una scelta di coerenza col nostro lavoro, una scelta di coraggio, di passione e di professionalità. E posso assicurarLe che molti dei miei lettori non sono abiutali “naviganti del web” ed apprezzano proprio il formato cartaceo (sono fra i miei abbonati più fedeli). Comunque da mesi la nostra rivista non è più in omaggio da nessuna parte, proprio perché chi ci tene ad averla DEVE ABBONARSI. Di nuovo auguri

  6. PassaParola: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
    Ci siamo abbonati appena arrivati in Lux e non abbiamo mai smesso, invitando sempre gli amici a fare altrettanto.
    Tra gli altri amiamo gli articoli di musica, i suggerimenti turistici, le interviste, gli articoli di Remo sui luoghi della memoria italiana. L’attenzione al femminile è molto apprezzata da mia moglie.
    Chi fa pubblicità su questa rivista dimostra un’attenzione particolare per la comunità italiana che è da premiare. Quando ho avuto la necessità di acquistare un auto mi sono rivolto con fiducia ad un vostro inserzionista, Intini, e mi sono trovato benissimo. Recarsi al ristorante Cherubino aiuta a ritrovare il calore dell’ospitalità che, forse, è difficile ormai ritrovare anche nella stessa Italia!

    Insomma PassaParola grazie di esistere!

    Riguardo i commenti stizziti, ricordate “chi disprezza compra” 🙂

  7. Spero che fallisca???????
    Ho letto bene signor Marco???
    E lei ne sarebbe felice???
    Ne ricaverebbe vantaggi???
    Che tristezza sperare nel fallimento altrui…
    Ogni volta che ho incontrato xsone che sminuivano o criticavano ferocemente il lavoro altrui, queste erano persone estremamente infelici o per lo piu’ arrabbiate, per non parlare degli invidiosi…..e io ho sempre pensato … Forse colpiscono gli altri xche’ non sanno fare altro…forse hanno fallito i loro obiettivi e attaccano perche’ quella e’ l’ unica modalita’ che conoscono…
    Buona vita a tutti …anche a Marco

  8. Scusi ma credo che il suo commento non centri proprio, io scrivo quello che penso, é inutile far finta di niente e dire che é interessante, bello ecc.. C’é troppa pubblicità, pochi articoli, punto e basta! io la penso cosi, ora non vedo perché dovete criticare le mie idee soltanto per fare bella figura e proteggere le vostre due amiche…cioé siate un po’ piu’ sinceri!

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