A lezione di giornalismo dai “signor nessuno” a Cinque Stelle

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di Pierfrancesco Demilito

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Parliamoci francamente, non è mai una bella giornata quella del giornalista che deve seguire un evento del Movimento 5 Stelle. Lo sa già che ad ogni domanda che porrà invece di una risposta riceverà un’ altra domanda (la maggior parte delle volte è: “Perché non lo chiedi al Pd?” – in realtà non lo sanno se tu al Pd hai chiesto qualcosa, ma sono pessimisti e nel dubbio scelgono l’ipotesi peggiore). Lo sa già che anche se scrive per un giornale indipendente che si autofinanzia senza ricevere fondi pubblici sarà trattato come il figlio di un sistema corrotto che mangia soldi e che è manovrato da un burattinaio nascosto. E non avete idea di quante volte dovrà sentire nominare Bruno Vespa, non importa se a distinguerlo da Vespa ci siano 40 anni di differenza e un sacco di zeri in meno nella cifra dello stipendio: lui è come Vespa (vedete che sono pessimisti?!?). Ma tant’è, questo è il lavoro e questo si fa.

E’ martedi 18 giugno, di fronte alla Camera si sono dati appuntamento gli attivisti del Movimento 5 Stelle. Sono andati lì per esprimere vicinanza a Beppe Grillo (dopo le dichiarazioni della senatrice-cittadina Adele Gambaro), sono quelli che la deputata-cittadina Pinna definirebbe i talebani. E questa è stata la mia giornata no.

In piazza sono circa un centinaio, il sole batte forte sulla Capitale, inizio a intervistare alcuni attivisti e nelle risposte, eccetto rare eccezioni, ritrovo il solito cliché e il solito Bruno Vespa, ma fin qui tutto bene. Riesco anche ad avere una piacevole chiacchierata (offline) con una simpatica e concreta attivista e inizio a convincermi che la giornata può filare liscia, nonostante la calura. Ma quando penso che più nulla possa andare storto incontro lui, l’ attivista dissidente, e la mia giornata cambia. Inizia a dirmi che le posizioni della Gambaro sono condivisibili, che i deputati del Movimento non devono essere insultati da Grillo e che il voto sull’espulsione della senatrice è inopportuno, frasi che non vengono accolte con particolare entusiasmo dagli altri attivisti che stanno ascoltando. Percepisco che il clima sta iniziando a innervosirsi e infatti, poco dopo, la nostra intervista viene interrotta da un uomo con la spilletta pentastellata. I modi sono quelli a cui ormai siamo abituati. Il mio intervistato è accusato di non aver sufficientemente precisato di parlare a titolo personale (a nome di chi avrebbe dovuto parlare non è ancora chiaro); io, invece, sono accusato di scarsa professionalità, perché intervisto proprio il dissidente anziché altri attivisti (che naturalmente mi avrebbe indicato lui).

A tutto c’è un limite. Non possiamo più permettere che questi signor nessuno continuino a impartirci lezioni di professionalità e deontologia, che ci ricoprano di insulti, che ci impediscano di lavorare. Come non è dignitoso spacciarsi per blogger o semplici cittadini (come mi ha consigliato un collega in piazza) per carpire dichiarazioni offline di deputati o anche solo di semplici attivisti. Non c’è vergogna nell’appartenere alla categoria che fu di Cosimo Cristina (ucciso dalla mafia nel 1960), di Mauro De Mauro (prelevato sotto la sua casa a Palermo nel 1970 e mai ritrovato), di Giovanni Spampinato (ucciso dalla mafia nel 1972 a soli ventidue anni), di Giancarlo Siani (ucciso dalla camorra nel 1985), di Walter Tobagi (ucciso nel 1980 dalla Brigata XXVIII Marzo), di Enzo Baldoni (il cui corpo è ancora disperso in chissà quale pezzo dell’Iraq), di Ilaria Alpi (morta in Somalia nel 1994), di persone con la schiena dritta come Enzo Biagi e Giorgio Bocca.

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