ORGOGLIO E PREGIUDIZIO: 19 ANNI DI “GAY PRIDE”. Intervista ad Andrea Maccarrone, presidente del Circolo “Mario Mieli” di Roma

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di Simone Lettieri

Anche quest’anno, il 15 giugno prossimo, le strade del centro storico di Roma saranno invase da un’esplosione di colori. Una bandiera arcobaleno, simbolo mondiale della comunità gay, sfilerà nella Città Eterna insieme alla consueta moltitudine di persone, di tutte le età e di tutti gli orientamenti sessuali, uniti fra di loro da una potente forza, che è quella della rivendicazione dei diritti.

E’ il Gay Pride, giunto quest’anno alla sua 19esima edizione. Ne parliamo con Andrea Maccarrone, Presidente del Circolo “Mario Mieli” di Roma.

Dottor Maccarrone, anche quest’anno il Gay Pride sfilerà lungo le strade della Città Eterna. Sono passati ormai 19 anni dalla prima edizione. Proviamo a tirare un bilancio: secondo Lei, cosa è cambiato nella nostra società grazie a questa manifestazione?

Intanto in 20 anni è cambiato il Pride, che da una manifestazione di pochi pionieri coraggiosi è entrato a far parte del costume e tra gli eventi più attesi della nostra città e non solo. Questo significa che è cambiato anche il modo in cui Roma vive i Pride, la sua capacità di accoglienza e di risposta a un modo di manifestare unico. Ma 20 anni hanno segnato anche un profondo cambiamento della società e del suo rapporto con la questione dei diritti per le persone lgbtq.

Nel 1994 nessuno pensava che le coppie dello stesso sesso potessero chiedere gli stessi diritti, sposarsi o avere figli. Oggi la maggioranza degli italiani pensa che sia giusto riconoscere pari diritti a tutte le coppie e le famiglie omogenitoriali sono una realtà sempre più visibile che chiede di essere riconosciuta.

Tutti ricordano cosa ha significato il World Pride del 2000, con lo scontro tra il Golia del Vaticano che voleva impedire in ogni modo che il pride avesse luogo e la mobilitazione straordinaria degli organizzatori e di tantissime cittadine e cittadini che sono scese in piazza per difendere la libertà stessa di manifestare. Forse va invece ricordata l’importanza del Pride nazionale del 2007 che riuscì a riempire piazza San Giovanni un mese esatto dopo quel family day chiamato a stoppare la legge sui DiCo. Oggi i romani e gli italiani sanno bene che il Pride è un grande appuntamento di civiltà, diritti, identità e gioia di vivere, baluardo della qualità dei nostri valori democratici (e i casi, come quello russo, dove i pride sono proibiti ce lo dimostrano chiaramente). Hanno capito che le modalità colorate, dissacranti e anticonformiste non consentono di ridurlo a un carnevale goliardico ed esibizionista ma sono parte integrante di un desiderio di spezzare quelle invisibili catene di rispettabilità che imprigionano i desideri e le identità di tutti (non solo di gay, lesbiche, bisessuali e trans) negandogli diritto di cittadinanza.

Lo slogan della precedente edizione era: “Vogliamo tutto”. Un concetto in netto contrasto con la posizione dell’attuale Ministro delle Pari Opportunità, Yosefa Idem, la quale sostiene che bisogna procedere a passi, una cosa alla volta. Bisogna davvero pretendere “tutto” e subito dalla politica, considerando il tanto tempo atteso invano dalla comunità gay, o è meglio procedere a step come sostiene il Ministro?

Lo slogan di quest’anno è “Roma città aperta”, chiaro riferimento al valore democratico che attribuiamo alla nostre richieste che ricolleghiamo idealmente alla lotta di liberazione dalla dittatura e assieme al desiderio di rendere la nostra città e il nostro paese luoghi di libertà, incontro delle diversità, rispetto e accoglienza.

Le nostre richieste rimangono chiare e invariate rispetto agli scorsi anni. Non spetta a noi stabilire la velocità di marcia ma abbiamo il diritto e il dovere di porre in maniera chiara e completa la nostra piattaforma di rivendicazioni. Per troppo tempo l’atteggiamento del movimento è stato timido e compromissorio è questo non ha dato buoni frutti, perché è stata evidentemente interpretata come una debolezza. Pretendiamo uguaglianza e pienezza dei diritti, non privilegi, e siccome sono in gioco le nostre vite (e ciascuno di noi di vita ne ha una sola), quelle delle persone che amiamo, dei nostri figli, della nostra felicità non possiamo permetterci di attendere o di mercanteggiare. Poi la politica potrà fare le sue valutazioni e trovare le soluzioni che reputa più adeguate ma a noi spetta il ruolo d’ indicare la strada delle nostre richieste e delle nostre aspettative con i massimo della chiarezza e dell’onestà intellettuale.

Invito tutti a leggere il documento politico del Roma Pride 2013 alla pagina www.romapride.it  in modo da rendersi conto della ricchezza e dell’importanza dei temi e delle rivendicazioni che portiamo avanti e che vanno ben oltre il matrimonio civile, per toccare questioni centrali per il Paese: dalla salute, al welfare, dall’informazione corretta, alle multi-discriminazioni. Un’agenda ambiziosa che renderebbe l’Italia un Paese migliore, più felice e più civile. Per tutti. Per questo noi chiediamo a tutti di scendere al nostro fianco in piazza il prossimo 15 giugno.

Restiamo nell’ambito della politica nazionale. Pensa sia positivo questo attuale governo di “larghe intese” in ambito di diritti civili? Porterà davvero all’emanazione di leggi sulle coppie gay o sarà l’ennesimo buco nell’acqua a cui abbiamo assistito rassegnati nelle scorse legislature?

Il premier Letta non ha speso una parola del suo discorso di insediamento sui diritti civili e la diversità di posizioni sul tema tra i partiti che compongono la maggioranza spiega pure il perché. L’impostazione del governo tra l’altro appare piuttosto democristiana e lo scivolone fatto sulla sottosegretario Biancofiore, indicata alle pari opportunità senza neanche guardare al suo curriculum, ma solo per riempire una casella di partito, la dice lunga sulla possibile sensibilità del governo su questi temi. D’altro canto l’impegno di ministre come Idem e Kyange potrebbe anche portare dei passi in avanti. Onestamente non sono molto ottimista su questo governo ma non voglio essere prevenuto. Direi che lo aspettiamo alla prova dei fatti

Allargando lo sguardo però possiamo anche segnalare un Parlamento in cui maggioranza laiche e trasversali sono possibili, come dimostra la presentazione con oltre 200 firme di deputati di 5 diversi partiti” del disegno di legge contro omofobia e transfobia. Meglio non farsi illusioni (troppo spesso siamo rimasti delusi) ma persino sorprese sul matrimonio egualitario, o perlomeno sulle unioni civili, sono possibili da inediti fronti parlamentari.

Roma ha assistito spesso a casi di violenza omofoba, verbale o fisica. Sono casi isolati, certo, ma testimoniano come ci siano latenti sentimenti di odio in città. Crede ci sia davvero un caso di “emergenza omofobia” strettamente legata a Roma?

Si parla di emergenze per fenomeni gravi e inattesi. Non credo sia il caso di Roma che sicuramente ha un problema ormai consolidato con l’omofobia legato a vari fattori, a cominciare da una comunità Lgbt più numerosa e visibile che altrove e che quindi può divenire più facile bersaglio degli omofobi. Roma conta anche numerose cellule di estremismo politico di destra e ultra cattolico che alimentano odio e violenza. Pensate ai manifesti anti omosessuali che ogni anno Militia Christi sparge sul percorso del Pride. Allo stesso tempo la presenza di diverse associazioni e la forza della comunità spinge più spesso che altrove le vittime a denunciare, o almeno a segnalare, i casi di omofobia e questo fa si che a Roma ci sia meno sommerso che altrove. La situazione più grave, e allo stesso tempo pesantemente sottostimata, riguarda invece le persone trans che godono di minori protezioni e che quando sono vittime anche di gravi azioni suscitano minore mobilitazione, solidarietà e attenzione dei media.

Il Circolo Mario Mieli è sempre stato sensibile al tema delle malattie sessuali. Ne parlate anche nel Documento Politico del Gay Pride 2013. Ultimamente si registra una recrudescenza inaspettata di malattie che si ritenevano scomparse, come ad esempio la gonorrea. Quali sono i motivi secondo Lei di tutto questo? In Italia non si fa abbastanza prevenzione?

In Italia non si è mai fatta abbastanza prevenzione, e quasi mai con le parole giuste. I falsi pudori della morale cattolica sessuofobica (di facciata) che ha guidato tante politiche pubbliche sul tema ha tarpato le ali a campagne serie di comunicazione e alla indispensabile educazione sessuale nelle scuole. L’approccio giudicante, il clima di tabù che circonda il sesso e le malattie sessualmente trasmesse ha reso e rende difficile anche la diagnosi precoce di tante patologie minori o più facilmente curabili, aggravandone le conseguenze e rendendole a loro volta vie di accesso più facile anche per l’HIV. A questi fattori strutturali si è aggiunto il calo di tensione e di attenzione sul tema dovuto alla possibilità di controllare (ma non debellare) il virus HIV con i farmaci antiretrovirali.

I giovani di oggi, non sono stati quasi per nulla sfiorati dalle campagne di prevenzione e hanno abbassato gravemente la guardia. Come associazione siamo molto preoccupati di questo e premiamo perché si avviino nuove campagne informative di prevenzione e di educazione sessuale nelle scuole. Insieme al coordinamento romano HIV abbiamo un progetto di questo tipo in diverse scuole medie e superiori e l’istituto superiore di sanità abbiamo avviato anche in Italia la sperimentazione del test gengivale rapido. Quest’anno in oltre, su pressione delle associazioni che si occupano di HIV e AIDS, lo spot istituzionale del ministero della salute cita esplicitamente, per la prima volta, il preservativo. Sono tutti segnali che qualcosa di più si può e si deve fare. Basta guardare a cosa si fa in tanti altri Paesi per capire quanto possiamo ancora migliorare. Noi abbiamo in corso o in procinto di avviarsi anche diversi altri progetti, ma mi preme soprattutto segnalare il nostro numero verde di ascolto 800110611 attraverso il quale poter accedere i nostri servizi e poter chiedere tutte le informazioni su HIV e altre malattie sessualmente trasmesse.

Cosa vede nel futuro del Circolo Mario Mieli?

Quest’anno il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli celebra i 30 anni dalla sua fondazione. Tre decenni di impegno per i diritti e di servizi, cultura e politica che vanno oltre la comunità LGBT. Il nostro obiettivo è proseguire su questo solco con lo stesso coraggio e la stessa libertà che ci hanno sempre caratterizzati. La nostra idea è (ed è sempre stata) quella di inserire l’associazione nel tessuto sociale della città, a 360 gradi. Non a caso, ad esempio, quest’anno abbiamo deciso di aderire all’associazione Libera contro le mafie e di partecipare a diverse iniziative che vanno oltre l’ambito dei diritti Lgbt. Nel nostro futuro vogliamo accrescere ancora il nostro impegno in ambito culturale e sociale per consolidare un ruolo di aggregazione e di punto di riferimento per una comunità che sa partire dai suoi vissuti per aprirsi e confrontarsi con altre realtà consapevole della sua storia e delle sue potenzialità. Possiamo essere certi che il Circolo Mario Mieli continuerà ad essere protagonista nell’impegno per la conquista dei diritti civili e per la costruzione di un paese più libero, più ricco di diversità e più democratico.

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