Nuova tegola per Saviano, nel silenzio dei media nazionali

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di Pierfrancesco Demilito

Se Giuliano Ferrara, invece di indossare parrucca rossa e occhiali leopardati, avesse millantato telefonate ricevute dalla mamma di Peppino Impastato per esprimergli il suo sostegno, avremmo fatto le barricate in piazza, avremmo richiesto la sua espulsione dall’ordine dei giornalisti e la notizia di una sua eventuale condanna avrebbe riempito pagine e pagine di giornali italiani. E se invece lo fa Saviano? Molti staranno pensando “vabbé, che domande. Saviano non è mica Ferrara, non farebbe mai una porcheria del genere”.

E invece, purtroppo, è successo. Nel suo libro La bellezza e l’inferno, infatti, l’autore di Gomorra scrive: “Inviavo a Felicia gli articoli sulla camorra che scrivevo, così, come per una sorta di filo che sentivo da lontano legarmi alla battaglia di Peppino Impastato. Un pomeriggio, in pieno agosto mi arrivò una telefonata: “Roberto? Sono la signora Impastato!” A stento risposi ero imbarazzatissimo, ma lei continuò: “Non dobbiamo dirci niente, dico solo due cose una da madre ed una da donna. Quella da madre è stai attento, quella da donna è stai attento e continua”.

Una circostanza strana, visto che Felicia Impastato è morta nel 2004 e la prima edizione di Gomorra è arrivata il libreria solo nel 2006. La stranezza non è sfuggita al giornalista di Liberazione, Paolo Persichetti, che in alcuni articoli ha smontato il racconto di Saviano, sostenendo che Felicia Saviano non aveva il telefono, che le sue telefonate passavano attraverso il figlio Giovanni e sua moglie Felicia Vitale ed evidenziando che, secondo i parenti di Peppino, quella telefonata raccontata da Saviano non è mai avvenuta.

Una nuova tegola per lo scrittore sotto scorta, già accusato più volte di inserire nei suoi libri poca farina del suo sacco. Ma questa volta Saviano non ci sta e decide di andare fino in fondo alla vicenda, querelando Persichetti e l’allora direttore del quotidiano, Dino Greco, sostenendo che l’attività del giornalista era tesa a svilire il suo stesso impegno sociale e civile. Una tesi che non ha convinto il Gip, Barbara Càllari, che gli ha dato torto ritenendo che “Persichetti si è limitato a riferire una diversa ricostruzione della vicenda fondata su fonti attendibili, ovvero le dichiarazioni rese dalla nuora di Felicia Impastato, anch’essa di nome Felicia, e da Giovanni Impastato, fratello di Peppino, documentate in atti”.

Ora, è evidente che questa notizia non merita le aperture dei quotidiani (cartacei e online), ma almeno un trafiletto poteva guadagnarlo e invece è passata inosservata. Cercando la parola “Saviano” sul sito di Repubblica non troviamo nessuna notizia relativa alla sentenza. Della querelle Pesichetti-Saviano non troviamo traccia neanche  sul sito del Corriere della Sera, su quello de La Stampa o su quello dell’Ansa.

E nella disinformazione generalizzata, si alimenta il mito di uno scrittore inattaccabile dalle cui labbra bisogna pendere, prendendo per buona ogni sua affermazione, ogni sua ricostruzione, ogni suo racconto. Svelare la fiction che si cela dietro alcune sue dichiarazioni o scritti è inutile, un mero esercizio di stile che non riuscirà a scalfire il muro costruito intorno a quest’uomo. Personalmente, ho deciso di tenermi in esercizio e continuare ad accendere (nel mio piccolissimo) i riflettori sui numerosi coni d’ombra che circondano la figura di Saviano, continuando a sperare che prima o poi questo Paese scelga con più oculatezza i suoi miti, tanto nella politica quanto nella letteratura.

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