Roma come Viareggio? “Non vogliamo che si ripeta” il Comitato3no contro la bretella merci

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di Lucia Varasano

Roma, quartiere Quadraro, al Parco intitolato al piccolo Nicolò Blois, al grido di “Non vogliamo che si ripeta né qui né altrove”, il Comitato3no ribadisce il proprio dissenso al raddoppio della bretella merci Roma – Formia, che partendo dalla Casilina e arrivando a Ciampino modificherebbe l’assetto di tutta la zona sud-est della capitale. Si sventrerebbero le aree verdi, mettendo a rischio la sicurezza dei cittadini in aree come quelle del VI, IX e X municipio che sono già densamente abitate. Stavolta lo fa incontrando coloro che hanno vissuto e continuano a vivere i postumi della strage di Viareggio, dove l’esplosione di un treno merci costò la vita a 32 persone nel 29 giugno 2009.

Tre anni, eppure quella strage non è così lontana e si mescola intimamente con la questione della sicurezza, delle nuove e vecchie politiche aziendali, del diritto di cronaca e d’informazione. “Quelle 32 persone sono state vittime di una strage annunciata e non di uno spiacevolissimo episodio, quella strage è figlia di una politica aziendale che taglia personale nella logica del profitto, tagliando di fatto sulla sicurezza. Nei quaranta giorni precedenti si erano verificati almeno quattro incidenti analoghi” racconta Riccardo Antonini, ferroviere licenziato dall’Amministratore Delegato di Fs Mauro Moretti, perché avrebbe pregiudicato il rapporto fiduciario (una tesi rafforzata poi dall’accusa di “offesa all’onore e al decoro di Moretti”, cui Antonini avrebbe impedito di parlare alla festa del Pd a Genova). In realtà dietro il provvedimento di licenziamento – denunciano Antonini, Assemblea 29 giugno e Associazione “Il mondo che vorrei” dei familiari delle vittime – ci sarebbe proprio il suo impegno nell’ incidente probatorio per la strage di Viareggio, di cui è stato consulente prima dei familiari delle vittime e poi del sindacato.

“Bastava applicare alcune misure, come quelle sui dispositivi antisvio e del rilevamento temperatura boccole, raccomandazioni del decreto legislativo 162/2007 che sarebbero bastate ad evitare la strage- dice Antonini a Mediapolitika- Aldilà del mio reintegro noi chiediamo che venga fuori la verità, che paghino le nove società coinvolte e che la strage non resti impunita”.

La battaglia che conduce questo brizzolato ferroviere è a tempo stesso una battaglia per la sicurezza e una battaglia contro un sistema che taglia fuori chi denuncia qualsiasi elemento a rischio che possa pregiudicare la sicurezza dei lavoratori. Una battaglia, che porta il nome- per fare un emblematico esempio- di Dante De Angelis simbolo di questa lotta, su cui scia è nata nel 2007 la “Cassa di solidarietà tra ferrovieri”, che richiama il modello delle casse di mutuo soccorso dell’ 800. “Qualche battaglia- ci saluta sorridente Antonini- è già stata vinta. Quel giorno il treno passò a 93 km/h, adesso i treni a Viareggio passano a 50 km/h”.

“È assurdo che si continui a pensare ad una penetrazione della ferrovia in aree urbanizzate” commenta la dottoressa Annalisa Cipriani, responsabile per il Territorio del Parco dell’Appia Antica per conto di Italia Nostra (associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione), che ha osteggiato il progetto di discarica vicino Villa Adriana, il sottopasso di Castel Sant’Angelo di Rutelli, il parcheggio al Pincio di Veltroni, ed è riuscita a fermare nel ’93 un progetto di quadruplicamento della linea ferroviaria Roma- Ciampino. Il nuovo e vecchio progetto taglierebbe un’area di grande interesse storico- archeologico oltre a dare spazio ad un ulteriore cementificazione su quelli che sono i piccoli polmoni di Roma già ridotti dall’ insediamento. Le perplessità sono molteplici, i pareri discordanti, non si capisce la logica dello scempio nonostante uno studio confermi il trend negativo per il traffico merci ferroviario nella Regione Lazio. Le ruspe inaspettate sono arrivate a maggio senza che i cittadini e i municipi ne sapessero qualcosa. Qui sono pronti a lottare come in Val di Susa.

foto di Lucia Varasano

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