L’infedele a Taranto per raccontare la rabbia della città

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di Pierfrancesco Demilito

Sono passati vent’anni da “Milano, Italia”, il programma condotto su Rai3 da Gad Lerner, ma il giornalista nato a Beirut appare ancora in ottima forma. Per una puntata trasferisce L’infedele a Taranto e  risulta perfettamente a suo agio. In una piazza decisamente nervosa, è riuscito, come nessun’altro fino ad ora, a raccontare la rabbia che si vive in questi mesi nel capoluogo jonico, mettendo in piedi una trasmissione davvero plurale che ha permesso di parlare a tutte le varie anime della città, anzi ha fatto di più: ha permesso a questi gruppi, spesso molto lontani tra loro, di incontrarsi e di confrontarsi.

Da premiare, dunque, la scelta di portare tutto il carrozzone giù in Puglia, non limitandosi a brevi collegamenti. Bisogna inoltre sottolineare come La7, più di qualsiasi altra emittente nazionale, abbia deciso di adottare la città di Taranto dedicando a questo capoluogo, dimenticato per anni dalla politica nazionale, la ribalta che giustamente merita.

Una critica a Lerner, però, la muoviamo. Durante la trasmissione, lo stesso giornalista ha precisato che tra i lavoratori dell’Ilva quelli sindacalizzati sono una minoranza, ma sul suo palco ieri sono saliti ben tre rappresentanti sindacali su un totale di nove ospiti. Forse avrebbe potuto variare maggiormente il parterre.

Anche se, in fondo, bisogna riconoscere che Lerner ha danzato in modo magistrale con la piazza, non ha temuto le urla e ha avvicinato i cittadini lontani dal palco, ha concesso la parola al pubblico in “platea”, a tratti ha aizzato e provocato la folla per rendere più evidente lo stato d’animo della cittadinanza e ha reso un servizio utile a Taranto. Ha fatto, insomma, quello che ci saremmo aspettati dal servizio pubblico, dalla Rai.

I sindacalisti sul palco hanno perso un’occasione per parlare francamente alla città, ma delude anche Rosella Balestra del “Comitato donne per Taranto”. La Balestra, candidata nelle liste ambientaliste alle scorse elezioni comunali, non ha ben compreso che la campagna elettorale ormai è finita, che le beghe personali con l’attuale sindaco, Ippazio Stefàno, lasciano il tempo che trovano e non a caso il tempo non lo hanno trovato e Lerner è stato costretto a ricordarle che si stava parlando al Paese intero e che non stava andando in scena una tribuna elettorale locale. Per il resto della trasmissione la Balestra si è limitata a urlare “bravo” oppure “no, ma cosa stai dicendo” divenendo fastidiosa in breve tempo.

Più interessante invece l’intervento di una donna del pubblico che in poche parole ha ben sintetizzato la realtà che Taranto sta vivendo: “la vicenda dell’Ilva – ha detto saggiamente – non si può risolvere con la pancia, bisogna ragionare, serve che la città si unisca”.

Più di pancia e meno attenti a unire la città sono apparsi i ragazzi di “Ammazzachepiazza”. Su questo giornale, in passato, abbiamo più volte lodato le iniziative di questo gruppo di ragazzi tarantini abituati a sporcarsi le mani, a darsi da fare in prima persona, ma ieri il loro atteggiamento non ci è piaciuto particolarmente e con grande franchezza lo scriviamo. Oltre gli slogan, i cori, i battimano a tempo, i fischi, le urla, insomma come direbbe quella signora “oltre la pancia”, serve altro: servono idee, contenuti, proposte, incontro e confronto e quello utilizzato da loro ieri non è certo il modo per venire fuori dalla situazione drammatica che vive Taranto.

Fortunatamente le idee e i contenuti sono arrivati dal “Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti”, puntuali e concisi sia dal palco con Cataldo Ranieri che con gli interventi giunti dalla platea.

Ora, spenti i riflettori de L’infedele, tocca alla città comprendere che si devono mettere da parte i protagonismi e le beghe personali, che incontrarsi tutti insieme è fondamentale, bisogna farlo sempre più spesso, bisogna farlo in piazza e non soltanto nelle librerie chic, bisogna parlare agli operai dell’Ilva e non solo ai giornalisti invitati alle conferenze stampa, bisogna farlo sempre anche quando, anzi, soprattutto quando, non ci sono le telecamere.

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