U.N.H.R.D.: il network degli aiuti umanitari. Intervista al capo della Base di Brindisi, Stefano Peveri

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di Laura Guadalupi

A Brindisi si trova l’unica Base in Europa di Pronto Intervento Umanitario delle Nazioni Unite, l’U.N.H.R.D. (United Nations Humanitarian Response Depot, ndr), amministrata dal P.A.M., il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU.

Come funziona questa macchina emergenziale? L’abbiamo chiesto al Capo dell’U.N.H.R.D. di Brindisi, Stefano Peveri.

La Base di Pronto Intervento di Brindisi fa parte di un network di cinque depositi localizzati in altrettante regioni geografiche. Le altre basi si trovano a Dubai, Panama, Accra in Ghana e Subang in Malesia.
A Brindisi c’è anche il Support Office, cioè la mente del network, dove si svolge tutta la parte amministrativa, finanziaria, delle risorse umane, degli acquisti. Abbiamo una cinquantina di clienti, o partner, tra cui governi, ad esempio quello italiano, tramite il Ministero degli Affari Esteri con l’Ufficio della Cooperazione Italiana, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Unione Europea, varie organizzazioni intergovernative e non governative.

L’UNHRD network è un tassello importante della macchina di risposta alle emergenze e ogni deposito ha un suo specifico settore di competenza e il relativo stock. C’è chi è specializzato nel campo del water and sanitation (fornitura di macchinari per la produzione di acqua potabile e per la sua distribuzione…), chi nello shelter (tende, coperte, sapone, utensili da cucina…).

Brindisi si occupa di quegli aiuti umanitari definiti in gergo non food items, cioè che riguardano tutto ciò che non è cibo, come tende, generatori, kit medici, purificatori di acqua, sistemi per il trasporto e lo stoccaggio dell’acqua. Possono essere inviati in supporto alla situazione emergenziale per rinforzare o ripristinare le infrastrutture logistiche del Paese in difficoltà, oppure, ed è il caso dei cosiddetti relief items (tende, coperte, set da cucina…) per essere distribuiti direttamente alle popolazioni colpite.
Gli unici food items di cui disponiamo sono i biscotti energetici e i plumpy, che sono una nuova formula per prevenire/curare la malnutrizione cronica. Il nostro quantitativo di tali prodotti è comunque una goccia infinitesima in confronto a quanto ne possiede il PAM.
Durante la stagione delle piogge in Ciad abbiamo mandato un aereo carico di plumpy perché non c’era modo di raggiungere il Paese e di utilizzare i corridoi logistici, paralizzati dalle piogge. Adesso siamo in partenza per il Congo. Durante la crisi in Libia abbiamo inviato stock di plumpy con la Cooperazione Italiana e con il supporto della Marina Militare.

L’UNHRD network non è soltanto una rete di depositi. È anche un insieme di basi complementari, che si prestano e si scambiano a vicenda i propri stock, a seconda delle esigenze e delle situazioni in cui si va ad operare. Ciò consente di ridurre i costi di risposta e soprattutto i tempi di risposta. Non dimentichiamo, poi, che la Base di Pronto Intervento non è l’unico strumento per fronteggiare le emergenze, ma è quello principale che agisce nella fase più critica, dei primi 2 – 3 mesi.
Nel caso del terremoto ad Haiti siamo arrivati a  rispondere con quattro differenti basi. Il primo deposito interessato è stato quello di Panama, che, però, rispetto agli altri non è molto grande, perché storicamente ha dovuto affrontare poche emergenze. L’abbiamo svuotato in un paio di giorni, dopo di che abbiamo inserito nella catena logistica Accra, Brindisi e poi addirittura Dubai.
In riferimento alla situazione in Siria, Italia e Turchia hanno stretto un accordo bilaterale ed è in partenza, da Brindisi, un volo diretto in Turchia per un’operazione a favore dei rifugiati siriani. Stiamo mandando dei kit medici per aiutare il governo turco, non perché questo non ne abbia la possibilità, ma perché abbiamo già pronti stock confezionati con gli standard dell’OMS che sul mercato non sarebbero facili da reperire.

In quali aree di crisi siete attualmente presenti?

Oltre alla Siria e alla Turchia, siamo anche in Africa Occidentale, quindi Niger, Burkina Faso, territori con dei picchi emergenziali legati alla stagionalità.

Oltre ad essere amministrati, siete anche finanziati dal PAM?

No. Utilizziamo i sistemi finanziari, amministrativi, di reporting del PAM, ma il Programma Alimentare Mondiale ha un suo budget e noi siamo un progetto extra-budgeting, cioè al di fuori del budget normale del PAM. I soldi, quindi, li raccogliamo da noi e per questo motivo uno degli obiettivi del network è anche quello di mantenere sempre i costi sotto controllo.
La Base di Brindisi è quasi esclusivamente finanziata dal Ministero degli Affari Esteri, quella del Ghana è sostenuta per il 70% dal governo irlandese, mentre la base di Subang è finanziata al 50-60% dal governo malese, che oltre a fornire le infrastrutture, mette anche i costi di gestione.

 

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