ILVA – Taranto come Bagnoli? Il punto sulle bonifiche della città fantasma

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di Lucia Varasano

In Puglia si discute sul futuro dell’Ilva e dell’intera città di Taranto. In Campania si tirano le somme dopo vent’anni dalla chiusura dell’acciaieria di Bagnoli, uno dei più importanti insediamenti industriali del mezzogiorno, ed è difficile non operare oggi un parallelismo con Taranto. Cosa accadde vent’anni fa quando a Bagnoli l’Ilva chiuse i battenti? In Campania alla fine di luglio, mentre il GIP di Taranto disponeva il sequestro dell’area a caldo pugliese, veniva inaugurata la Porta del Parco (per l’ennesima volta) una delle nove aree tematiche che rientra nel progetto di recupero e di riqualificazione dell’ex zona industriale, insieme all’Eternit, dal 1985, e all’altoforno della Cementir.

A Bagnoli siamo di fronte ad una superficie di quasi 10 milioni di metri quadrati: con siti industriali dismessi, basi militari e l’area urbana del quartiere. Si dice che attualmente sia in corso un intervento di bonifica: decontaminazione dei suoli e dei riporti dai composti organici presenti, riduzione dei metalli pesanti, trattamento dei focolai di inquinamento delle acque sotterranee, rimozione dei materiali contenenti amianto nell’area ex Eternit e ricostruzione della copertura pedologica.

Per il momento, però, siamo ancora in alto mare. La stazione zoologica Turtle Point probabilmente aprirà i battenti a settembre, il cantiere di Napoli Studios, aperto nel 2009 e sospeso nel 2011, è in attesa dell’erogazione da parte della Regione Campania, così come gli altri progetti finanziati: il Polo Tecnologico dell’Ambiente, il Parco dello Sport, il Parco Urbano. E quella che doveva essere una città delle meraviglie, tra smantellamenti, vendite ai privati, braccio di ferro politico, inchieste giudiziarie, guerre degli ambientalisti, sembra essere una città fantasma dove i giovani sono esasperati dal lavoro precario, gli anziani vivono l’emarginazione e vi è una totale crisi d’ identità.

Per l’opera di bonifica iniziale erano stati stanziati circa 340 miliardi, senza che ci fosse un piano dell’opera. Dopo i primi sei anni di lavoro la somma era stata spesa quasi completamente e la bonifica era appena al 30%. A vent’anni dalla chiusura del polo siderurgico, tra operazioni di bonifiche non compiute e bonifiche sospette, è difficile tirare le somme, anche perché la Commissione di Esperti nominata a supporto tecnico del Comitato di Alta Sorveglianza per la bonifica dei siti ex-industriali è stata eliminata nel 2001. Perciò per ora possiamo basarci solo sui dati di Bagnolifutura, la Società di Trasformazione Urbana che si occupa dal 2002 della bonifica dell’area. Ma Benedetto De Vivo, ex componente della commissione e professore ordinario di Geochimica ambientale dell’Università “Federico II”, denuncia la mancata attuazione della seconda fase (dimostrata dal fatto che sulle sabbie dell’arenile, a seguito di verifiche, l’Arpac registrava un abbattimento solo del 10% della quantità di inquinanti) e il grave problema del conflitto di interessi sui controlli analitici sulle attività di bonifica.

Poi c’è il comitato promotore “unaspiaggiapertutti” che in una lettera aperta chiede al Ministro dell’Ambiente Clini perché tra inchieste e condanne la colmata, la piattaforma artificiale di cemento realizzata tra i due pontili dell’ex Italsider che avrebbe dovuto ospitare le regate della Coppa America, e che già dal 2005 è stata definita come altamente inquinata, sia ancora lì.

Come se tutto ciò non bastasse, per i cittadini di Bagnoli è arrivata anche l’esclusione dalla lista dei risarcimenti per le vittime dell’amianto nella sentenza storica dell’Eternit. Un triste epilogo che condividono con i cittadini del comune emiliano di Rubiera.

 

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