Grillo inginocchia Il Fatto Quotidiano

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di Chiara Baldi

«Ci chiedono: quale sarà la vostra linea politica? Rispondiamo: la Costituzione della Repubblica. [] Ci dicono: che bisogno c’è di un altro giornale? Eppure questo bisogno lo sentiamo talmente da avervi investito il nostro mestiere e i nostri risparmi. Quando Montanelli fu costretto a lasciare il “suo” Giornale e fondò la Voce, spiegò di aver giurato se stesso: “mai più un padrone”. Ne aveva abbastanza dei trombettieri al servizio dell’uomo di Arcore. Anche noi possiamo dire che qui di padroni non ne abbiamo. [] Il Fatto sarà un giornale di opposizione. [] Lo abbiamo chiamato Il Fatto in memoria di Biagi che ci ha insegnato a distinguere i fatti dalle opinioni». Così scriveva, in un neanche troppo lontano 23 settembre 2009, Padellaro, direttore del Fatto Quotidiano, dalle colonne del suo quotidiano che proprio in quel giorno prendeva i natali. Nel 2010, poi, nella prefazione a 2009-2010, dacci oggi il nostro Fatto Quotidiano, ancora Padellaro scriveva: «avevamo detto: proviamo a fare un giornale che abbia una proprietà e non un padrone. Che non debba mai chiedere il permesso a nessuno». Il Fatto è in edicola da quasi tre anni, eppure a leggerlo oggi qualche dubbio sulla sua integrità viene. Eccome, se viene.

Ne ha parlato Telese giorni fa, quando, dopo l’ennesima lite con il vice (e punta di diamante del giornale) Travaglio, se ne era andato sbattendo la porta e portandosi dietro 7 collaboratori (tra cui Mello e Fucecchi). Causa della rottura è stato un titolo, “Parmacotti”, che apriva il giornale all’indomani della vittoria di Pizzarotti (M5S) a Parma. A Telese, racconta sul suo blog, quel titolo era sembrato «un rutto». Il giorno dopo se ne va annunciando di voler fondare un nuovo giornale, che partirà a settembre, e dal titolo inequivocabile: Pubblico. L’amarezza del giornalista è tanta, la si legge nelle interviste che rilascia e in quello che scrive. Dice: «la mission del Fatto si è esaurita. Non è passato dalla protesta alla proposta. Quando il Governo Berlusconi è caduto, ci siamo chiesti: ora cosa dobbiamo cambiare? Travaglio ha detto: nulla. Io ho risposto: tutto. Ecco perché vado via. Perché non puoi continuare, a guerra finita, a mozzare teste di cadaveri sul campi. Non puoi solo demolire. È il momento di costruire».

È davvero così? Sembrerebbe di sì, soprattutto considerando il rapporto tra Fatto Quotidiano e Grillo/Movimento 5 Stelle. Ancora Telese dice: «dopo il primo turno delle amministrative Grillo è diventato Gesù. Casaleggio un guru. Ma il povero Tavolazzi non lo si poteva intervistare». Ed è proprio su Grillo e sul suo Movimento che Il Fatto Quotidiano, con la sua integrità e il suo desiderio di “giornalismo watchdog del potere”, si sta sfracellando.

Esempio lampante ne è l’intervista del 13 giugno che Travaglio ha fatto a Grillo. O, meglio sarebbe dire, che Grillo ha rilasciato a Travaglio, vista la totale assenza di domande politiche. Due pagine di nulla assoluto, criticate dalla rete (che ha paragonato l’integerrimo Travaglio a un Vespa o un Sallusti qualunque) e anche da alcuni colleghi (Facci, in un articolo, ha scritto che «l’intervista fa schifo, ma non è per le domande che ci sono, è per quelle che non ci sono: lo stile Rebibbia di Travaglio è partito per Hammamet»). C’è poi chi ha anche riscritto l’intervista con le domande mancanti: Fabio Chiusi, alias Il Nichilista, sul suo blog ha stilato le «11 non-domande di Travaglio a Grillo (e quelle che gli avrei fatto io)». Il post ha avuto oltre 5mila condivisioni, segno che qualcosa nell’intervista originale davvero non andava.

Il giorno dopo, Travaglio dichiara, ad Un giorno da pecora, di votare M5S. Nessuno stupore, per la verità, da parte di chi negli ultimi mesi ha seguito l’involuzione del quotidiano di Padellaro: un giornale nato da una forte spinta libertaria e liberale ma che ora si trova avviluppato nei diktat editoriali del suo vice che sembra aver perso molta della sua lucidità professionale. Chissà cosa ne direbbero Biagi e Montanelli.

Fonte foto:

http://gdrimini.files.wordpress.com/2012/06/grillo-travaglio_abbraccio_lap.jpg

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5 thoughts on “Grillo inginocchia Il Fatto Quotidiano

  1. “Il giorno dopo se ne va annunciando di voler fondare un nuovo giornale, che partirà a settembre, e dal titolo inequivocabile: Pubblico”
    Immagino che rifiuterà i contributi Pubblici ! Se è vero , come è vero, che per fare giornalismo, non servono contributi dallo stato ma dai lettori, vada a vedere i commenti agli articoli di Telese…i lettori del fatto non lo volevano dall’inizio, Marco T. aveva detto che sarebbero stati i lettori ( contribuenti e azionisti) a decidere, il resto è noia.

  2. L’Italia sprofonderà per questo. Vediamo baci e abbracci tra Berlusconi, Dell’Utri, Andreotti, Degregorio, ecc…, ecc… e rientra nella normalità. Vediamo Grillo e Travaglio che si abbracciano ed è subito scandalo. Comunque l’autore dell’articolo non ha di che preoccuparsi. Dal 2013 si ricomincerà da un colpo al cerchio e uno alla botte (destra e sinistra, se così le possiamo definire ricominceranno ad alternarsi al governo continuando a demolire il paese) così sarete tutti felice e contenti. L’Italia (e l’Italiota) non vuole cambiare, vuole solo un personaggio ogni tanto da mettere in graticola… Avei io un paio di pensieri per tutti voi… Cordialità

    1. Invece votare il solito populista che si fa forte dicendo quello che la gente vuole sentire va bene, è cambiamento. Vent’anni di Berlusconi vedo che hanno insegnato parecchio all’Italia e agli italiani.
      Niente confronto con le altre parti, se dice una cazzata ovviamente è ‘stato frainteso’, ecc… ecc….
      Elogiare Grillo per alcune cose che dice, ignorando che di fatto controlla DA SOLO un partito politico con un potenziale elettorato del 20-25% e che ha potere di vita o di morte sui candidati (vedi caso Tavolazzi)…questo si che salverà l’italia.

      Siete ridicoli.

  3. Telese viene dal Giornale e conduce un programma tv con Porro non c’e bisogno di aggiungere molto altro. Tuttavia ebbi occasione di chiedere personalmente a T. Se non provava imbarazzo a fare un programma in un individuo che spostava i suoi mastini da Montecarlo a Mantova.. Ne ricevetti una espiata molto evasiva

  4. Magari senza arrivare a dichiarare esaurita la missione del Fatto, mi trovo concorde con l’autrice dell’articolo nel registrare una certa deferenza da parte del giornale nei confronti di Grillo e del M5S.
    Credo che tutti – anche chi il Fatto lo legge saltuariamente – sappiano che i progetti 5 stelle siano spesso e apertamente elogiati/appoggiati dagli articolisti del FQ.
    E se le critiche alla politica tradizionale sono puntuali e taglienti adesso come un tempo, le inchieste o i trafiletti sul Movimento 5 Stelle sono – paragonati ad essi – fiacchi e quasi accomodanti.
    Le stesse notizie riportate sono di diverso tipo. Non capita quasi mai che il Fatto riporti i (pochi) momenti alti della politica dei partiti: per ogni evento viene sempre evidenziato il potenziale di controversia della vicenda. Eppure le vittorie del Movimento – le maggiori, naturalmente, e qualcuna delle minori – sono riferite e, a me pare, talvolta quasi celebrate. Di certo i successi 5 stelle non sono analizzati con la causticità con cui vengono, legittimamente, scandagliati e sminuzzati gli scandali e le mosse dei politici nei partiti.

    Il che non credo equivalga a una sottomissione ideologica del Fatto – per me rimane una buona fonte d’informazione senza padroni – però, preso atto di una forse eccessiva indulgenza del giornale verso il Movimento, quando leggo alcune notizie lo faccio con la coscienza che le informazioni presentatemi possono non essere esaustive, possono oscillare tra il soggettivo e l’oggettivo (d’altronde il Fatto rientra, per me, nei media che contengono le cosiddette opinion news), e che potrebbe valere la pena tener conto delle critiche di altri giornalisti, forse peggiori di quelli che lavorano al Fatto, ma meno frenati nel dichiarare le eventuali gaffe e i passi falsi di Grillo e/o del Movimento.

    Quanto a Telese, non mi dispiace leggerlo e ascoltarlo. Non mi curo del suo curriculum né tantomeno delle persone con cui ha lavorato; anche se lo facessi arriverei a una conclusione banalissima: abbiamo opinioni politiche diverse, ma questo lo avevo già dedotto senza sapere i trascorsi della sua vita.
    Se invece il suo retaggio lavorativo diventa rilevante perché si suppone possa inficiare l’onestà e l’attendibilità con cui riporta le notizie, sinceramente non lo reputo capace di una tale malizia, per cui, nuovamente, non mi pongo il problema.

    (M’è molto piaciuto come è stato esposto l’articolo. Anche i vari chiarimenti dell’autrice nei commenti mi sembra denotino una buona loquela).

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