L’Italia e la politica internazionale nel 2012

0 0
Read Time2 Minute, 34 Second

di Emiliana De Santis

“Sosteneva Popper che nei momenti di crisi la tentazione dei cittadini è quella di rivolgersi all’autorità politica più prossima per ottenere aiuto e rassicurazione ma oggi questo non è più possibile, si tratta di un’illusione”. Esordisce così la vicepresidente del Senato, Emma Bonino, intervenendo alla presentazione del “Rapporto 2012: un’analisi dei rischi strategici” a cura dell’Osservatorio di politica internazionale. Un lavoro cospicuo e ben strutturato, frutto della collaborazione tra i maggiori centri di studio e ricerca di politica internazionale presenti nella penisola, Ce.S.I., CeSPI, IAI e ISPI.

Parole amare ma tristemente vere. “In Italia sono pochi gli appassionati di politica internazionale e questa è una grossa mancanza, soprattutto per le implicazioni che gli eventi mondiali hanno sul territorio nazionale” afferma la vicepresidente, che prosegue “la scala di misura è cambiata”. Le fa eco il discorso di Andrea Margelletti, a capo del CeSI: “In Italia siamo concettualmente vecchi, non è solo una questione di età. Non riusciamo a dare delle buone risposte perché non sappiamo porci le giuste domande.” Qual è allora il problema? Che nel nostro Paese sono ancora troppe le persone legate al passato glorioso, quello in cui tutto era stabile e prevedibile e in cui potevamo ancora sperare di contar qualcosa. Oggi, invece, l’Italia è parte di un insieme più grande e complesso e non può prescindere dall’appartenenza al sistema europeo prima ed internazionale poi. Ce lo hanno dimostrato il caso di Franco Lamolinara, ucciso in Nigeria, e la questione dei marò detenuti in India. Solo chi conosce, infatti, può a ben diritto sperare di entrare e, perché no, provare a trarre vantaggio, da un mondo che si sta allargando vistosamente e in cui gli attori si moltiplicano a vista d’occhio.

PETROLIO: IL MAGGIORE PROBLEMA ITALIANO. Dalla presentazione è emerso un fatto largamente condivisibile. Ci sono situazioni che, oltre a mettere a rischio l’ordine internazionale, potrebbero avere serie conseguenze per l’Italia. Tra queste, l’infinita serie di crisi politiche, economiche e sociali che può essere raggruppata alla voce “approvvigionamento energetico”. A cominciare dall’Iran le cui recenti elezioni hanno evidenziato il declino di Ahmadinejad e la lotta tutta intestina che potrebbe portare alla chiusura dello stretto di Hormutz. Correlate sono la questione siriana e il complesso equilibrio centro asiatico imperniato sul Kazakistan, cui va aggiunta la recente rielezione di Putin al Cremlino. Occhio vigile su Algeria e Libano, oltre che sul Venezuela di Chavez e sul Delta del Niger. Si tratta di focolai di instabilità a livello regionale e globale poiché è proprio da queste zone che si dipanano le linee di estrazione e trasporto dell’oro nero. Per un paese come l’Italia che non ha un approvvigionamento energetico diversificato e che è molto sensibile alla questione in virtù della scarsità di fonti energetiche, questi problemi rischiano di diventare veri e propri dilemmi.

Il Rapporto aiuta a capire e a focalizzare l’attenzione su tanti diversi scenari, spesso dimenticati, aiutando il lettore a districarsi in un mondo sì difficile ma troppo importante per essere ignorato.

Foto: Limes

Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleppy
Sleppy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *