Cinque mesi senza Scopelliti ma in Calabria ancora non si vota. E ora arriva il “Porcellissimum”

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di Fabio Grandinetti

In tanti nel lungo controesodo di ieri avranno superato lo svincolo dell’A3 di Laino Borgo in direzione nord ripensando più o meno malinconicamente alle vacanze calabresi appena terminate, alle giornate trascorse in una terra bella, a tratti bellissima, che la crisi mantiene appetibile nonostante la disorganizzazione, l’inquinamento, l’inefficienza. C’è ancora qualcuno disposto a sopportare i difetti sistemici di una terra affetta da assenza pressoché totale di regolazione politica pur di non compromettere le proprie finanze per pochi giorni di ferie. A loro è permesso ignorare chi guida oggi la Regione Calabria, la terra dell’inefficienza. E, a ben vedere, anche gli stessi calabresi, abituati alla terribile corrispondenza tra governo e non governo, dovrebbero essere giustificati se non hanno piena consapevolezza di chi li governa attualmente. Lo scorso 31 marzo avevamo affrontato la notizia della condanna del governatore Giuseppe Scopelliti a sei anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. Dopo “appena” un mese l’ex sindaco di Reggio Calabria aveva rassegnato le dimissioni, aprendo una lunga fase di transizione, ancora in corso.

Chi guida oggi la Calabria, dunque? Nessuno, o meglio Scopelliti, o meglio il presidente facente funzioni Antonella Stasi, o meglio tutte e tre le risposte insieme. In sostanza la giunta dell’ex governatore Scopelliti, che intanto ha fallito l’atterraggio d’emergenza a Bruxelles, assieme all’ex vice presidente Antonella Stasi stanno traghettando la Regione verso le nuove elezioni. Col benestare di un consiglio regionale tutt’altro che combattivo, la giunta regionale, chiamata al solo disbrigo degli affari correnti, sta facendo di tutto per ritardare l’arrivo delle consultazioni elettorali. Con l’abolizione del vitalizio e la riduzione da 50 a 30 membri del consiglio regionale, chi ancora siede su una poltrona non si affanna a liberarla.

In questi mesi, infatti, il consiglio ha modificato lo statuto e approvato una legge elettorale nuova di zecca con l’obiettivo di provocare un ingorgo legislativo. Il “Porcellissimum”, come qualcuno lo ha definito, prevede una soglia del 4% per i piccoli partiti in coalizione e una del 15% per qualsiasi lista regionale e reintroduce la figura del consigliere supplente. Una legge creata per essere incostituzionale e prontamente impugnata dal governo Renzi.

Per mettere mano allo statuto che accoglie la disposizione riguardante la riduzione del numero dei consiglieri, inoltre, l’attuale consiglio ha atteso più di un anno e dunque, dovendo decorrere novanta giorni dalla pubblicazione dello scorso 3 giugno, le elezioni non avrebbero potuto essere indette prima del 9 settembre.

A ciò si aggiungono le primarie di coalizione “istituzionali” introdotte lo scorso 7 agosto e indette per il 21 settembre. Primarie che, in realtà, non vuole nessuno. Il centrodestra per assenza di candidati credibili, il centrosinistra perché il favorito Mario Oliverio, già presidente della Provincia di Cosenza, ha il difetto di non essere renziano. Se neanche Renzi vuole le primarie il problema non si pone. E invece è arrivato il piccolo movimento Diritti Civili a presentare le proprie candidature per le primarie che, salvo dietrofront, si faranno per legge. Nonostante Antonella Stasi abbia annunciato candidamente con un tweet che i due milioni di euro necessari alla celebrazione delle consultazioni preliminari siano difficili da reperire nel bilancio regionale. Dovranno trascorrere 35 giorni tra le primarie e il voto regionale, e dunque l’election day potrebbe essere il 26 ottobre.

Inutile sottolineare quanto questo valzer di date, trucchetti e manovre di palazzo abbia appassionato i cittadini calabresi. Era marzo quando titolavamo “Scopelliti condannato si dimette. La parola torna ai calabresi”. Se verrà permesso loro, aggiungiamo oggi.

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