Minacce a Don Luigi Ciotti. Il prete di Libera nel mirino di Totò Riina

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di Marta Silvestre

“Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a Padre Puglisi. Ciotti, Ciotti, putissimo [potremmo] pure ammazzarlo”.

Sono queste le parole intercettate nel carcere di Opera a Milano, pronunciate da Totò Riina e indirizzate a don Luigi Ciotti – il fondatore di Libera, associazione che coordina la rete di associazioni che si occupano di antimafia sociale a tutti i livelli.

Accade ancora una volta durante l’ora d’aria che il capomafia di Corleone chiacchieri con il boss della Sacra Corona Unita, Alberto Lorusso, di minacce di morte.

Questa volta, il bersaglio prescelto è don Ciotti, il prete che ha raccolto il testimone di don Pino Puglisi – il sacerdote palermitano ucciso dalla mafia, nel 1993, per il suo impegno sociale nel quartiere di Brancaccio.

Secondo gli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Palermo, la ragione di questo avvertimento starebbe proprio nelle attività dell’associazione Libera, in quanto nella medesima conversazione intercettata, Riina ha detto al boss pugliese di essere “preoccupato. Sai, con tutti questi sequestri di beni…”.

In effetti, il colloquio citato risale al 14 settembre del 2013 ovvero è soltanto di qualche giorno dopo rispetto a quello in cui lo stesso Salvatore Riina aveva riferito sempre ad Alberto Lorusso le pesanti intimidazioni nei confronti del pm Antonino Di Matteo, pubblica accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia.

Avendo sentito praticamente in diretta le parole minacciose nei confronti di don Luigi Ciotti, la Dia aveva immediatamente rinforzato le misure di sicurezza intorno a lui, ma senza informarlo del contenuto di quella intercettazione – che è stata resa pubblica solo oggi da parte del quotidiano La Repubblica.

Venuto a conoscenza di quella conversazione fra i due boss detenuti, don Luigi ha detto: “Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi; al suo richiamarcia una ‘fame e sete di giustizia’ che va vissuta a partire da qui, da questo mondo”.

Neanche di un passo ha pensato di indietreggiare nella lotta comune alla mafia il fondatore di Libera di fronte a quelle dure frasi e, anzi, ha ribadito che “la politica deve sostenere di più questo cammino: la mafia non è solo un fatto criminale, ma l’effetto di un vuoto di democrazia, di giustizia sociale e di bene comune” e ha sottolineato che “ci sono provvedimenti urgenti da prendere e approvare senza troppe mediazioni e compromessi, ad esempio la confisca dei beni, che è un doppio affronto per la mafia, come anche le parole di Riina confermano. Quei beni restituiti a uso sociale – sostiene il prete – segnano un meno nei bilanci delle mafie e un più in quelli della cultura, del lavoro, della dignità che non si piega alle prepotenze e alla scorciatoie”.

Riguardo al parallelismo fatto dal capo dei capi con don Pino Puglisi, don Luigi ha detto “non oso paragonarmi perché sono un uomo piccolo e fragile” ma si riconosce in quella Chiesa che “interferisce con la mafia  e che non smette di ritornare, perché è lì che si rinnova la speranza, al Vangelo, alla sua essenzialità spirituale e alla sua intransigenza etica. Una Chiesa che accoglie, che tiene la porta aperta a tutti, anche a chi, criminale mafioso, è mosso da un sincero e profondo desiderio di cambiamento e di conversione”.

“Queste minacce sono la prova che l’impegno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi” così ha spiegato don Ciotti ribadendo che “siamo al fianco dei familiari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di chi, caduto nelle reti criminali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia , scegliere la via dell’onestà e della dignità”.

L’associazione Libera ha commentato quanto accaduto precisando che “le parole di Totò Riina dal carcere non sono rivolte solo a Luigi Ciotti, ma a tutte le persone che in vent’anni di Libera si sono impegnate per la giustizia e la dignità del nostro Paese, ai cittadini a tempo pieno e non a intermittenza”.

 

 

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